Equisetum arvense L.
(a cura di Giuseppe Laino)
Etimologia: equisetum (da equus = cavallo + saeta = setola, crine, pelo) = coda cavallina (in riferimento all’aspetto del fusto sterile della pianta); arvum = campo (allusione all’ambiente di crescita.).
Sinonimi: nessuno.
Nomi volgari: Equiseto, Coda cavallina campestre, Setolone (italiano). Rasparella, Pinetta (Liguria), Saurin, Cua d’caval (Piemonte), Erba spiela, Sprela (Lombardia), Seola (Veneto), Co d’caval, Sedla (Emilia-Romagna), Brusca, Setolini (Toscana), Codine, Codle (Marche), Code de sorge (Abruzzo), Cavighivolo (Basilicata), Cuda di cavaddu, Mulinara (Sicilia), Coa de gattu (Sardegna).
Forma biologica e di crescita: geofita rizomatosa.
Tipo corologico: eurasiatica, nordamericana.
Fenologia: spora: III-V, diaspora: IV-VI
Limiti altitudinali: dal piano 2000 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese è diffusa in tutto il territorio, dalla regione mediterranea fino a quella subalpina..
Habitus: erbacea perenne dotata di un rizoma sottile, nero, intercalato di tubercoli anch’essi neri, con due tipi di fusti: fertili e sterili. I fusti fertili fanno la loro comparsa in primavera, sono semplici, privi di clorofilla, alti 10-20 cm e più, di 3-6 mm di diametro, cilindrici, biancastri, striati per il lungo, formati da parecchi articoli. Gli internodi sono chiusi, in corrispondenza dei nodi, da un diaframma, e per il resto cavi. I fusti sterili si sviluppano durante l’estate, sono alti da 30 cm a 1 m, gracili, scabri, verdi, articolati, segnati longitudinalmente da coste, ma portanti ai nodi, oltre alla guaina membranosa munita di denti brevi e numerosi, un verticillo di rami articolari come il fusto, col primo internodio più lungo della guaina del fusto da cui partono e percorsi in tutta la loro lunghezza da 3 o 4 spigoli scabri.
Guaine: in questo genere le foglie sono sostituite, su entrambi i tipi di fusti, in corrispondenza dei nodi, di una larga guaina membranosa, bruna, dall’orlo superiore diviso da 6-8(-12) denti lanceolati;.
Sporangi: ogni fusto fertile termina alla sommità con una sorta di spiga (strobilo) lunga 2-5 cm, larga 5-10 mm, di colore giallo grigiastro; l’asse della spiga porta numerosi scudetti verticillati, ciascuno dei quali ha la figura di un chiodo a capocchia larga, inserito sull’asse e sulla faccia inferiore del quale stanno 6-9 sporangi
Spore: le spore, cenerine, globose, sono munite di 4 appendici membranose spatolate, formate a spese dell’episporio, molto igroscopiche e che, quando il tempo è secco, si distendono bruscamente facendo scattare la spora fuori dello sporangio, mentre, d’altra parte, ne facilitano poi il trasporto aereo, aumentando sensibilmente la superficie portante.
Numero cromosomico: 2n = 216.
Sottospecie e/o varietà: nessuna.
Habitat ed ecologia: preferisce i luoghi freschi e umidi; è facile trovarla sulle sponde dei fiumi, nei greti dei torrenti e in tutti i luoghi erbosi ricchi di acqua..
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Salici purpureae-Populetea nigrae
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Competitive (C).
IUCN: N.A.
Farmacopea: l’analisi chimica ha evidenziato in tutte le parti dell’equiseto, tannino, sostanze coloranti, un alcaloide (equisetina) ed un acido speciale (equisetico) al quale sarebbe dovuta l’azione diuretica posseduta da questa pianta, già menzionata da Agricola nel secolo XV, ma verificata autorevolmente anche da clinici moderni, i quali avrebbero constatato in seguito alla sua somministrazione aumenti della secrezione renale anche del 30%. All’equiseto sono state poi attribuite anche proprietà emostatiche utilizzabili nei casi di epistassi gravi, di emottisi, di emorragie uterine ed emorroidali, in quanto l’esperienza avrebbe dimostrato che il succo fresco della pianta esercita una notevole influenza sulla coagulazione del sangue, oltre a stimolare l’attività ematopoietica con aumento nella produzione delle emazie ed un innalzamento non insignificante del tasso emoglobinico. Leclerc avrebbe riconosciuto utile l’applicazione di cataplasmi della pianta, pestata, sulle ulcere varicose. Grazie alla sua ricchezza in silice, la coda di cavallo si è dimostrata un valido remineralizzante nella cura della tubercolosi. Si usano a tale scopo il succo della pianta, fresco o concentrato, la decozione e l’estratto fluido. La polvere è prescritta come remineralizzante.
Curiosità: In passato, presso le famiglie contadine, i germogli venivano occasionalmente impanati e fritti o conditi con aceto. Può essere aggiunto a zuppe o minestroni come integratore di sali minerali. L'elevato contenuto in silice e sali solforici la rende utile per la difesa delle piante da malattie fungine (rinforza la cuticola fogliare). Allo scopo si usano macerato e decotto diluiti.
Bibliografia:
BIONDI E. et al., Manuale italiano di interpretazione degli habitat della Direttiva 92/43/CEE.
BONI U,, PATRI G.Scoprire, riconoscere, usare le erbe, Edizione Mondolibri SpA, Milano, 2000.
LAUBER K., WAGNER G., Flora Helvetica (Flore illustrée de Suisse), 2ème édition, Editions Paul Haupt, 2001.
NEGRI G., Nuovo erbario figurato (Descrizione e proprietà delle piante medicinali e velenose della flora italiana), V edizione, Ulrico Hoepli, Milano1991.
http://vnr.unipg.it/habitat/index.jsp
Sinonimi: nessuno.
Nomi volgari: Equiseto, Coda cavallina campestre, Setolone (italiano). Rasparella, Pinetta (Liguria), Saurin, Cua d’caval (Piemonte), Erba spiela, Sprela (Lombardia), Seola (Veneto), Co d’caval, Sedla (Emilia-Romagna), Brusca, Setolini (Toscana), Codine, Codle (Marche), Code de sorge (Abruzzo), Cavighivolo (Basilicata), Cuda di cavaddu, Mulinara (Sicilia), Coa de gattu (Sardegna).
Forma biologica e di crescita: geofita rizomatosa.
Tipo corologico: eurasiatica, nordamericana.
Fenologia: spora: III-V, diaspora: IV-VI
Limiti altitudinali: dal piano 2000 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese è diffusa in tutto il territorio, dalla regione mediterranea fino a quella subalpina..
Habitus: erbacea perenne dotata di un rizoma sottile, nero, intercalato di tubercoli anch’essi neri, con due tipi di fusti: fertili e sterili. I fusti fertili fanno la loro comparsa in primavera, sono semplici, privi di clorofilla, alti 10-20 cm e più, di 3-6 mm di diametro, cilindrici, biancastri, striati per il lungo, formati da parecchi articoli. Gli internodi sono chiusi, in corrispondenza dei nodi, da un diaframma, e per il resto cavi. I fusti sterili si sviluppano durante l’estate, sono alti da 30 cm a 1 m, gracili, scabri, verdi, articolati, segnati longitudinalmente da coste, ma portanti ai nodi, oltre alla guaina membranosa munita di denti brevi e numerosi, un verticillo di rami articolari come il fusto, col primo internodio più lungo della guaina del fusto da cui partono e percorsi in tutta la loro lunghezza da 3 o 4 spigoli scabri.
Guaine: in questo genere le foglie sono sostituite, su entrambi i tipi di fusti, in corrispondenza dei nodi, di una larga guaina membranosa, bruna, dall’orlo superiore diviso da 6-8(-12) denti lanceolati;.
Sporangi: ogni fusto fertile termina alla sommità con una sorta di spiga (strobilo) lunga 2-5 cm, larga 5-10 mm, di colore giallo grigiastro; l’asse della spiga porta numerosi scudetti verticillati, ciascuno dei quali ha la figura di un chiodo a capocchia larga, inserito sull’asse e sulla faccia inferiore del quale stanno 6-9 sporangi
Spore: le spore, cenerine, globose, sono munite di 4 appendici membranose spatolate, formate a spese dell’episporio, molto igroscopiche e che, quando il tempo è secco, si distendono bruscamente facendo scattare la spora fuori dello sporangio, mentre, d’altra parte, ne facilitano poi il trasporto aereo, aumentando sensibilmente la superficie portante.
Numero cromosomico: 2n = 216.
Sottospecie e/o varietà: nessuna.
Habitat ed ecologia: preferisce i luoghi freschi e umidi; è facile trovarla sulle sponde dei fiumi, nei greti dei torrenti e in tutti i luoghi erbosi ricchi di acqua..
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Salici purpureae-Populetea nigrae
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Competitive (C).
IUCN: N.A.
Farmacopea: l’analisi chimica ha evidenziato in tutte le parti dell’equiseto, tannino, sostanze coloranti, un alcaloide (equisetina) ed un acido speciale (equisetico) al quale sarebbe dovuta l’azione diuretica posseduta da questa pianta, già menzionata da Agricola nel secolo XV, ma verificata autorevolmente anche da clinici moderni, i quali avrebbero constatato in seguito alla sua somministrazione aumenti della secrezione renale anche del 30%. All’equiseto sono state poi attribuite anche proprietà emostatiche utilizzabili nei casi di epistassi gravi, di emottisi, di emorragie uterine ed emorroidali, in quanto l’esperienza avrebbe dimostrato che il succo fresco della pianta esercita una notevole influenza sulla coagulazione del sangue, oltre a stimolare l’attività ematopoietica con aumento nella produzione delle emazie ed un innalzamento non insignificante del tasso emoglobinico. Leclerc avrebbe riconosciuto utile l’applicazione di cataplasmi della pianta, pestata, sulle ulcere varicose. Grazie alla sua ricchezza in silice, la coda di cavallo si è dimostrata un valido remineralizzante nella cura della tubercolosi. Si usano a tale scopo il succo della pianta, fresco o concentrato, la decozione e l’estratto fluido. La polvere è prescritta come remineralizzante.
Curiosità: In passato, presso le famiglie contadine, i germogli venivano occasionalmente impanati e fritti o conditi con aceto. Può essere aggiunto a zuppe o minestroni come integratore di sali minerali. L'elevato contenuto in silice e sali solforici la rende utile per la difesa delle piante da malattie fungine (rinforza la cuticola fogliare). Allo scopo si usano macerato e decotto diluiti.
Bibliografia:
BIONDI E. et al., Manuale italiano di interpretazione degli habitat della Direttiva 92/43/CEE.
BONI U,, PATRI G.Scoprire, riconoscere, usare le erbe, Edizione Mondolibri SpA, Milano, 2000.
LAUBER K., WAGNER G., Flora Helvetica (Flore illustrée de Suisse), 2ème édition, Editions Paul Haupt, 2001.
NEGRI G., Nuovo erbario figurato (Descrizione e proprietà delle piante medicinali e velenose della flora italiana), V edizione, Ulrico Hoepli, Milano1991.
http://vnr.unipg.it/habitat/index.jsp