Ranunculus bulbosus L.
(a cura di Giuseppe Laino)
Etimologia: l’epiteto del genere deriva dal latino ranunculus, -i, m., con il doppio significato di “ranocchio” [Cicerone] e “ranuncolo” (pianta) [Plinio], nome che i Latini davano al genere in quanto alcune sue specie prediligono i luoghi umidi e paludosi, habitat naturale degli anfibi. Il nome è così citato dallo scrittore latino Gaio Plinio Secondo (23-79 d.C.), in Naturalis historia, libro XXV, paragrafo 109: “Ranunculum vocamus quam Graeci batrachium [vocant]”, cioè «Noi chiamiamo ranunculus [l’erba che] i Greci chiamano bátracos (rana, ranocchio)». Nome che è stato poi adottato da Linneo nel 1735 (Systema naturae), in quanto molte specie di questo genere sono acquatiche o vivono in luoghi umidi abitati da “ranocchi “ (il latino ranunculus, diminutivo di rana, è inoltre un vocabolo usato per scherzo da Cicerone per denominare gli abitanti di Ulubre, paese allora situato vicino alle Paludi Pontine). P. Antonio Mattioli (1500-1577) conferma che i due termini latino e greco (“Ranuncolo ovvero Batrachio”) erano sinonimi, anche se “trovasene in Italia più specie” (cfr. Commentarii in Pedacii Dioscoridis Anazarbei de Materia medica, libro II, cap. CLXVI, n. 341); in tale opera Mattioli conferma anche la velenosità di tali erbe, come documentata anche dal medico greco Claudio Galeno (129-200 d.C.) in De simplicium medicamentorum facultatibus, liber VI.
L’epiteto specifico è l’aggettivo latino bulbosus, -a, -um = “bulboso” [Plinio], con riferimento alla base del fusto ingrossata (sua caratteristica distintiva) che richiama l’aspetto di un bulbo. Il binomio scientifico è stato creato da Linneo nel 1753 (Species plantarum, 554).
Sinonimi: Ranunculus bulbosus L. ssp bulbifer.
Nomi volgari: Ranuncolo bulboso, Ranuncolo bulboso comune (italiano). Liguria: Erba da cavalli (Mele); Erba da foegu, Pumin d’ou, Ranunculu saravegu (Savona); Erba draguna (Genova); Pomidoro sarvaigo (Bordighera); Pomo d'oro, Sciura velenusa (Porto Maurizio); Pulidoru (Sarzana); Pummu d'ou (Chiavari); Rumeu (Ponti di Nava); Sciù du bambin (Cicagna). Piemonte: Buton d'or, Pantofle d' Madona, Pè d'och, Ranuncul servaj (Asti). Lombardia: Ravagnon; Cortescia (Brianza); Pè de nibbi (Como). Veneto: Piè d'oca, Pè d'oco; Anzolin (Valle di Mezzane); Erba tossegosa, Pè de gal (Verona). Friuli: Pì curvin di prad (Carnia). Emilia-Romagna: Spell d'or (Romagna); Pessalaet (Bologna); Pè d'esen, Pè d'esen salvadegh (Reggio); Silron (Piacenza). Toscana: Capo di turco, Ranuncolo salvatico, Senero salvatico, Spilli d'oro, Stelle d'oro; Faugello (Figline); Lappio, Sedano salvatico (Montespertoli). Abruzzi: Rapangule. Sicilia: Ranunculu lusitanu, Tora gualdese. Sardegna: Apiu burdu.
Forma biologica e di crescita: emicriptofita scaposa.
Tipo corologico: euroasiatico in senso stretto: diffuso dall’Europa al Giappone.
Fenologia: fiore: III-X, frutto: IV-XI, diaspora: V-XII.
Limiti altitudinali: dal piano a 2000 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese la specie è presente su tutto il territorio continentale e insulare.
Habitus: erbacea perenne, alta 20-50(-60) cm, con la base del fusto tipicamente rigonfia e ingrossata, di colore bianco. I fusti, ramificati, sono eretti e leggermente pubescenti, soprattutto alla base. Pianta di aspetto assai variabile nella pubescenza delle foglie e del fusto.
Foglie: le foglie radicali, lungamente picciolate, hanno la lamina pubescente, a contorno ovale o esagonale, completamente divisa in 3 segmenti, a loro volta profondamente partiti e lobati. Il segmento mediano è generalmente picciolato. Le foglie superiori sono sessili e progressivamente più piccole fino a ridursi a sottili lacinie.
Fiore: i fiori, larghi 1,5-2(-3) cm, di colore giallo dorato, sbocciano solitari o riuniti in lasse cime. Il calice è formato da 5 sepali giallo verdognoli, membranosi e villosi esternamente, ripiegati all’indietro e addossati al peduncolo fiorale (che è solcato) all’epoca della fioritura; il ricettacolo è pubescente e la corolla è formata da 5 petali obovati, lucidi, lunghi circa un centimetro, con una piccola cavità nettarifera alla base.
Frutto: l’infruttescenza è un aggregato globoso di acheni.
Semi: acheni numerosi, compressi, lisci, terminati da un corto becco leggermente ricurvo.
Polline: granuli pollinici monadi, di dimensioni medie (26-50 mµ), sferoidali; perimetro in vista equatoriale: circolari; tricolpati; esina: verrucata-microechinata, eutectata; footlayer: continuo; esina: compatta; cellule n. 2. L’impollinazione è entomofila.
Numero cromosomico: 2n = 16.
Sottospecie e/o varietà: nessuna.
Habitat ed ecologia: prati poco umidi o asciutti, pascoli, incolti, margini stradali; in terreni caldi indifferentemente calcarei o calcareo silicei; pianta frequente.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Mesobromion.
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress tolleranti (S).
IUCN: N.A..
Farmacopea: tutta la pianta è velenosa per la presenza di canfora di ranuncolo (ranunculolo), acre, vescicatoria, ma volatile, tanto che con l’essiccazione scompare. Allo stato fresco le sue parti verdi venivano usate per la preparazione di cataplasmi revulsivi molto energici, i quali danno luogo alla formazione di flictene ed anche di estese ulcerazioni accompagnate da violenti fenomeni infiammatori di tutta la parte del corpo corrispondente. Quantunque di uso piuttosto crudele, queste applicazioni esterne sono state tuttavia la base della cura empirica di ischialgie ribelli. Il trattamento delle nevralgie ostinate del nervo sciatico noto come “cura della donna di Cassano”, si riduce all’applicazione a tutto il calcagno dell’arto sofferente, di un cataplasma delle parti basali rigonfie del fusto contuse fino a formare una poltiglia omogenea. Dopo qualche ora si forma sulla parte una voluminosa vescica e lo spasimo raggiunge un grado molto alto; a questo punto, incidendo la grossa bolla e svuotandola dell’abbondante raccolta sierosa, si provoca la cessazione del fenomeno doloroso locale ed anche il dolore ischialgico scompare spesso in modo durevole (Scotti).
Di uso interno della pianta non è il caso di parlare. Si citano del resto casi (Kosch) di avvelenamento mortale, dovuto all’ingestione di parti verdi per un equivoco alimentare. Esso è caratterizzato da una violenta gastroenterite con vomito, coliche, diarrea, nefrite acuta con ematuria e, da parte dei centri, vertigine, perdita di coscienza, crampi, alterazione del ritmo respiratorio e cardiaco. La prognosi è molto grave, la morte può intervenire dopo 1-2 giorni.
Il fatto che il principio attivo si distrugge con l’essiccazione della pianta, fa sì che, quantunque parecchie di esse siano molto comuni nei prati e nei pascoli, esse possano venire consumate impunemente, allo stato di fieno, dagli erbivori, mentre allo stato fresco sono rifiutate dagli stessi animali.
La medicina popolare sin dal XVI secolo ne consigliava l'uso nella prevenzione e cura dell'herpes labiale; considerato tutt’oggi un eccellente rimedio omeopatico per la cicatrizzazione delle lesioni.
Curiosità: pare che nel passato i mendicanti, scoperte le proprietà vescicatorie della pianta, usassero strofinarne le parti verdi sulla pelle al fine di produrre ferite aperte e quindi suscitare la simpatia di passanti e possibili benefattori.
Bibliografia:
AESCHIMAN D., LAUBER K., MOSER D. M., THEURILLAT J.-P., Flora alpina, atlante delle 4500 piante vascolari delle Alpi, I vol., p. 164, Zanichelli, Bologna.
AICHELE D., GOLTE-BECHTLE M., Che fiore è questo? Edizione Club degli Editori, Milano.
AUER A., Ranunculus bulbosus. In: BUCHNER R. & WEBER M. (2000 onwards). PalDat - a palynological database: Descriptions, illustrations, identification, and information retrieval.
COLES S.M. Ranunculus bulbosus L in Europe. Watsonia, 1973
DELLA BEFFA M.T., Fiori di campo (Conoscere, riconoscere e osservare tutte le specie di fiori selvatici più noti), Istituto Geografico De Agostini SpA, Novara, 1999.
GINZO H.D., LOVELL P. H., Aspects of the Comparative Physiology of Ranunculus bulbosus L. and Ranunculus repens L. I. Response to Nitrogen. Ann Bot, 37, 4, 753-764, 1973.
LAUBER K., WAGNER G., Flora Helvetica (Flore illustrée de Suisse), 2ème édition, Editions Paul Haupt, 2001.
NEGRI G., Nuovo erbario figurato (Descrizione e proprietà delle piante medicinali e velenose della flora italiana), V edizione, Ulrico Hoepli, Milano1991.
SARUKHAN J., HARPER J.L. Studies on Plant Demography: Ranunculus Repens L., R. Bulbosus L. and R. Acris L.: I. Population Flux and Survivorship. Journal of Ecology, 61, 3, 675-716, 1973.
http://www.floralpinabergamasca.net/pagina_351.html
www.dryades.eu
www.paldat.org
L’epiteto specifico è l’aggettivo latino bulbosus, -a, -um = “bulboso” [Plinio], con riferimento alla base del fusto ingrossata (sua caratteristica distintiva) che richiama l’aspetto di un bulbo. Il binomio scientifico è stato creato da Linneo nel 1753 (Species plantarum, 554).
Sinonimi: Ranunculus bulbosus L. ssp bulbifer.
Nomi volgari: Ranuncolo bulboso, Ranuncolo bulboso comune (italiano). Liguria: Erba da cavalli (Mele); Erba da foegu, Pumin d’ou, Ranunculu saravegu (Savona); Erba draguna (Genova); Pomidoro sarvaigo (Bordighera); Pomo d'oro, Sciura velenusa (Porto Maurizio); Pulidoru (Sarzana); Pummu d'ou (Chiavari); Rumeu (Ponti di Nava); Sciù du bambin (Cicagna). Piemonte: Buton d'or, Pantofle d' Madona, Pè d'och, Ranuncul servaj (Asti). Lombardia: Ravagnon; Cortescia (Brianza); Pè de nibbi (Como). Veneto: Piè d'oca, Pè d'oco; Anzolin (Valle di Mezzane); Erba tossegosa, Pè de gal (Verona). Friuli: Pì curvin di prad (Carnia). Emilia-Romagna: Spell d'or (Romagna); Pessalaet (Bologna); Pè d'esen, Pè d'esen salvadegh (Reggio); Silron (Piacenza). Toscana: Capo di turco, Ranuncolo salvatico, Senero salvatico, Spilli d'oro, Stelle d'oro; Faugello (Figline); Lappio, Sedano salvatico (Montespertoli). Abruzzi: Rapangule. Sicilia: Ranunculu lusitanu, Tora gualdese. Sardegna: Apiu burdu.
Forma biologica e di crescita: emicriptofita scaposa.
Tipo corologico: euroasiatico in senso stretto: diffuso dall’Europa al Giappone.
Fenologia: fiore: III-X, frutto: IV-XI, diaspora: V-XII.
Limiti altitudinali: dal piano a 2000 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese la specie è presente su tutto il territorio continentale e insulare.
Habitus: erbacea perenne, alta 20-50(-60) cm, con la base del fusto tipicamente rigonfia e ingrossata, di colore bianco. I fusti, ramificati, sono eretti e leggermente pubescenti, soprattutto alla base. Pianta di aspetto assai variabile nella pubescenza delle foglie e del fusto.
Foglie: le foglie radicali, lungamente picciolate, hanno la lamina pubescente, a contorno ovale o esagonale, completamente divisa in 3 segmenti, a loro volta profondamente partiti e lobati. Il segmento mediano è generalmente picciolato. Le foglie superiori sono sessili e progressivamente più piccole fino a ridursi a sottili lacinie.
Fiore: i fiori, larghi 1,5-2(-3) cm, di colore giallo dorato, sbocciano solitari o riuniti in lasse cime. Il calice è formato da 5 sepali giallo verdognoli, membranosi e villosi esternamente, ripiegati all’indietro e addossati al peduncolo fiorale (che è solcato) all’epoca della fioritura; il ricettacolo è pubescente e la corolla è formata da 5 petali obovati, lucidi, lunghi circa un centimetro, con una piccola cavità nettarifera alla base.
Frutto: l’infruttescenza è un aggregato globoso di acheni.
Semi: acheni numerosi, compressi, lisci, terminati da un corto becco leggermente ricurvo.
Polline: granuli pollinici monadi, di dimensioni medie (26-50 mµ), sferoidali; perimetro in vista equatoriale: circolari; tricolpati; esina: verrucata-microechinata, eutectata; footlayer: continuo; esina: compatta; cellule n. 2. L’impollinazione è entomofila.
Numero cromosomico: 2n = 16.
Sottospecie e/o varietà: nessuna.
Habitat ed ecologia: prati poco umidi o asciutti, pascoli, incolti, margini stradali; in terreni caldi indifferentemente calcarei o calcareo silicei; pianta frequente.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Mesobromion.
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress tolleranti (S).
IUCN: N.A..
Farmacopea: tutta la pianta è velenosa per la presenza di canfora di ranuncolo (ranunculolo), acre, vescicatoria, ma volatile, tanto che con l’essiccazione scompare. Allo stato fresco le sue parti verdi venivano usate per la preparazione di cataplasmi revulsivi molto energici, i quali danno luogo alla formazione di flictene ed anche di estese ulcerazioni accompagnate da violenti fenomeni infiammatori di tutta la parte del corpo corrispondente. Quantunque di uso piuttosto crudele, queste applicazioni esterne sono state tuttavia la base della cura empirica di ischialgie ribelli. Il trattamento delle nevralgie ostinate del nervo sciatico noto come “cura della donna di Cassano”, si riduce all’applicazione a tutto il calcagno dell’arto sofferente, di un cataplasma delle parti basali rigonfie del fusto contuse fino a formare una poltiglia omogenea. Dopo qualche ora si forma sulla parte una voluminosa vescica e lo spasimo raggiunge un grado molto alto; a questo punto, incidendo la grossa bolla e svuotandola dell’abbondante raccolta sierosa, si provoca la cessazione del fenomeno doloroso locale ed anche il dolore ischialgico scompare spesso in modo durevole (Scotti).
Di uso interno della pianta non è il caso di parlare. Si citano del resto casi (Kosch) di avvelenamento mortale, dovuto all’ingestione di parti verdi per un equivoco alimentare. Esso è caratterizzato da una violenta gastroenterite con vomito, coliche, diarrea, nefrite acuta con ematuria e, da parte dei centri, vertigine, perdita di coscienza, crampi, alterazione del ritmo respiratorio e cardiaco. La prognosi è molto grave, la morte può intervenire dopo 1-2 giorni.
Il fatto che il principio attivo si distrugge con l’essiccazione della pianta, fa sì che, quantunque parecchie di esse siano molto comuni nei prati e nei pascoli, esse possano venire consumate impunemente, allo stato di fieno, dagli erbivori, mentre allo stato fresco sono rifiutate dagli stessi animali.
La medicina popolare sin dal XVI secolo ne consigliava l'uso nella prevenzione e cura dell'herpes labiale; considerato tutt’oggi un eccellente rimedio omeopatico per la cicatrizzazione delle lesioni.
Curiosità: pare che nel passato i mendicanti, scoperte le proprietà vescicatorie della pianta, usassero strofinarne le parti verdi sulla pelle al fine di produrre ferite aperte e quindi suscitare la simpatia di passanti e possibili benefattori.
Bibliografia:
AESCHIMAN D., LAUBER K., MOSER D. M., THEURILLAT J.-P., Flora alpina, atlante delle 4500 piante vascolari delle Alpi, I vol., p. 164, Zanichelli, Bologna.
AICHELE D., GOLTE-BECHTLE M., Che fiore è questo? Edizione Club degli Editori, Milano.
AUER A., Ranunculus bulbosus. In: BUCHNER R. & WEBER M. (2000 onwards). PalDat - a palynological database: Descriptions, illustrations, identification, and information retrieval.
COLES S.M. Ranunculus bulbosus L in Europe. Watsonia, 1973
DELLA BEFFA M.T., Fiori di campo (Conoscere, riconoscere e osservare tutte le specie di fiori selvatici più noti), Istituto Geografico De Agostini SpA, Novara, 1999.
GINZO H.D., LOVELL P. H., Aspects of the Comparative Physiology of Ranunculus bulbosus L. and Ranunculus repens L. I. Response to Nitrogen. Ann Bot, 37, 4, 753-764, 1973.
LAUBER K., WAGNER G., Flora Helvetica (Flore illustrée de Suisse), 2ème édition, Editions Paul Haupt, 2001.
NEGRI G., Nuovo erbario figurato (Descrizione e proprietà delle piante medicinali e velenose della flora italiana), V edizione, Ulrico Hoepli, Milano1991.
SARUKHAN J., HARPER J.L. Studies on Plant Demography: Ranunculus Repens L., R. Bulbosus L. and R. Acris L.: I. Population Flux and Survivorship. Journal of Ecology, 61, 3, 675-716, 1973.
http://www.floralpinabergamasca.net/pagina_351.html
www.dryades.eu
www.paldat.org