(a cura di Giuseppe Laino e Riccardo Guarino)
Etimologia: l’epiteto del genere deriva dal latino fumus = “fumo” (per la credenza popolare – vedi oltre per altre credenze - di provocare lacrimazione qualora il succo, irritante come il fumo, fosse venuto a contatto con gli occhi. L'epiteto è di uso antichissimo, attestato dal nome volgare "fumosterno", che deriva da "fumus terrae", in uso presso gli speziali del Medioevo. Questo, a sua volta, è calco del gr. καπνός τῆς γῆς (letteralm. "fumo della terra"), per la capacità di indurre lacrimazione, proprio come il fumo.
L’epiteto specifico officinalis (dal latino opificina, opifex) = “laboratorio, fabbrica, officina” (allusione al trattamento che viene eseguito in laboratorio per estrarre componenti e principi attivi dalla pianta per uso utilitaristico o medicinale).
Sinonimi: Fumaria pulchella Salisb., Fumaria tenuiflora (Fries) Fries, Fumaria media Loisel, Fumaria floribunda (Hammar) Schmalhausen, Fumaria viciosoi Pau.
Nomi volgari: Fumaria comune, Fumosterno, Feccia, Erba acetina. Liguria: Cuncanin (San Remo); Erba fummajoea, Fummisterno, Scimisternu (Genova); Pittagalletti (Porto Maurizio). Piemonte: Erba calderuggia, Pej d' galina, Siringa salvaja; Erba serena (Vignale); Fumentero, Simentero (Val S. Martino). Lombardia: Foem, Foemeria, Foensteren (Brescia). Veneto: Carabinazzi (Verona). Friuli: Fumarie; Fenoglat (Carnia). Emilia-Romagna: Erba fumereina, Fumaria (Reggio); Fumeria (Romagna). Toscana: Erba acetina, Erba calderugia, Feccia, Fiele della terra, Fumo di terra, Piè di gallina, Piè di gallo; Fumosterre (Scandicci); Erba da purghe (Val di Chiana). Abruzzi: Fumijieira. Campania: Fumosa; Fumaria rosa. Puglia: Sangue di Cristo (Lecce). Sicilia: Erva acitina, Fumu di terra; Fumu sarvaggiu, Pitrusinu sarvaggiu (Isola di Ustica); Fumusternu (Etna). Sardegna: Cambirugia, Cambiruja, Casucottu, Fumadigu, Fumaria arrubia, Fumaria ruja, Fumaticu, Fumisterra arrubia, Fumusterre ruju, Gimisterra mascu, Poddineddu arrubiu; Giuniverti bort (Alghero); Zaccarra fronti (Terralba).
Forma biologica e di crescita: terofita scaposa.
Tipo corologico: specie euroasiatica, è diffusa in quasi tutte le regioni del mondo.
Fenologia: fiore: V-IX, frutto: VI-X.
Limiti altitudinali: dal piano fino a 1600 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese è diffusa, molto comune, su tutto il territorio continentale ed insulare.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese è diffusa, molto comune, su tutto il territorio continentale ed insulare.
Habitus: pianta erbacea annua, con radice fittonante bianco giallastra e fusti angolosi, eretti o diffusi, prostrati ascendenti, lunghi a volte fino a 50-60 cm, ma altre volte anche molto meno, molto ramificati.
Foglie: le foglie inferiori, di colore verde bluastro, esili e sottili, sono lungamente picciolate. La lamina fogliare a contorno triangolare, lunga 3-4 cm, è profondamente divisa in segmenti lineari generalmente 3-4 volte più lunghi che larghi..
Fiore: ermafroditi, portati da peduncoli bratteati ed ingrossati all’apice, raccolti in un racemo eretto alto 5-8 cm (composto da 15-25 fiori, lunghi 10-14 mm), nella parte terminale dei fusti o alle ascelle fogliari. Calice di due sepali membranosi, precocemente caduchi, lunghi 4-5 mm; corolla di 4 petali conniventi, roseo porporini, a colorazione più intensa verso l’apice; di essi il superiore è il più grande, ricorda per la forma il vessillo delle Leguminose e si prolunga, alla base, in uno sperone corto e nettarifero; il petalo inferiore è concavo e carenato all’apice; i due laterali sono posti più internamente dei due precedenti, hanno dimensioni minori, sono stretti, allungati ed aderenti fra di loro all’apice. Androceo di 6 stami, saldati per quasi tutta la lunghezza dei filamenti in due falangi di 3 ciascuna, disposte una inferiormente e l’altra superiormente, la superiore delle quali si prolunga alla base in una appendice che si insinua nello sperone; antera centrale del gruppo biloculare, le altre uniloculari: gineceo con ovario composto di due carpelli, uniloculare ed uniovulato, sormontato da uno stilo filiforme e caduco, con stimma bilobo.
Frutto: costituito da una capsula globosa, liscia, del diametro di 2-3 mm (più larga che lunga), smarginata alla sommità.
Semi: un seme finemente punteggiato.
Polline: granuli pollinici monadi, di medie dimensioni (26-50 µm); perimetro in visione equatoriale: quadrangolare, 6-porati; esina: verrucata psilata, eutectata, rivestimento discontinuo; intina discontinua; cellule 2. Una delle caratteristiche di questa pianta è quello di produrre il nettare nel corto sperone di ciascun fiore per gli insetti in grado di perforarlo; però è un nettare che non sembra attrarre molto i “consumatori”. Infatti l’impollinazione è prevalentemente autogama.
Foglie: le foglie inferiori, di colore verde bluastro, esili e sottili, sono lungamente picciolate. La lamina fogliare a contorno triangolare, lunga 3-4 cm, è profondamente divisa in segmenti lineari generalmente 3-4 volte più lunghi che larghi..
Fiore: ermafroditi, portati da peduncoli bratteati ed ingrossati all’apice, raccolti in un racemo eretto alto 5-8 cm (composto da 15-25 fiori, lunghi 10-14 mm), nella parte terminale dei fusti o alle ascelle fogliari. Calice di due sepali membranosi, precocemente caduchi, lunghi 4-5 mm; corolla di 4 petali conniventi, roseo porporini, a colorazione più intensa verso l’apice; di essi il superiore è il più grande, ricorda per la forma il vessillo delle Leguminose e si prolunga, alla base, in uno sperone corto e nettarifero; il petalo inferiore è concavo e carenato all’apice; i due laterali sono posti più internamente dei due precedenti, hanno dimensioni minori, sono stretti, allungati ed aderenti fra di loro all’apice. Androceo di 6 stami, saldati per quasi tutta la lunghezza dei filamenti in due falangi di 3 ciascuna, disposte una inferiormente e l’altra superiormente, la superiore delle quali si prolunga alla base in una appendice che si insinua nello sperone; antera centrale del gruppo biloculare, le altre uniloculari: gineceo con ovario composto di due carpelli, uniloculare ed uniovulato, sormontato da uno stilo filiforme e caduco, con stimma bilobo.
Frutto: costituito da una capsula globosa, liscia, del diametro di 2-3 mm (più larga che lunga), smarginata alla sommità.
Semi: un seme finemente punteggiato.
Polline: granuli pollinici monadi, di medie dimensioni (26-50 µm); perimetro in visione equatoriale: quadrangolare, 6-porati; esina: verrucata psilata, eutectata, rivestimento discontinuo; intina discontinua; cellule 2. Una delle caratteristiche di questa pianta è quello di produrre il nettare nel corto sperone di ciascun fiore per gli insetti in grado di perforarlo; però è un nettare che non sembra attrarre molto i “consumatori”. Infatti l’impollinazione è prevalentemente autogama.
Numero cromosomico: 2n = 28, 32, 42.
Sottospecie e/o varietà: Fumaria officinalis ssp. wirtgenii (Koch) Arcangeli, numero cromosomico 2n = 48; è più rara della sottospecie officinalis, si distingue dall’infiorescenza che porta un minor numero di fiori (10-20), lunghi 5-6 mm e dal frutto subsferico, un po’ troncato, ma non smarginato.
Habitat ed ecologia: cresce ovunque: prati, ambienti ruderali, margini di strade, vigne, campi coltivati dove è considerata infestante; di solito preferisce zone di suolo smosso e fertile.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Polygono-Chenopodietalia
Life-strategy (sensu Grime & Co.): stress-tollerante.
IUCN: non a rischio (LC).
Farmacopea: la droga è rappresentata dall’intera pianta raccolta al momento della fioritura. Contiene un succo dal gusto sgradevole, salso ed amaro e dal quale sono stati estratti un alcaloide (fumarina), acido fumarico nei suoi sali calcico, sodico e potassico, un principio amaro, resina e mucillagine. Alla pianta sono state attribuite, fin dall’antichità, proprietà toniche e depurative. Noto come mezzo popolare per farne assorbire le sostanze caratteristiche è l’uso del latte di mucche alle quali è stata fatta ingerire preventivamente una quantità notevole di fumaria. Ricerche recenti hanno evidenziato che l’azione della fumarina varia anche quantitativamente con la durata e con l’intensità del suo uso; all’azione inizialmente tonica si contrappone, in un secondo tempo, un’azione ipostenizzante, all’iniziale innalzamento della pressione sanguigna, una successiva caduta della medesima, al rapido aumento delle emazie nella prima settimana, una consecutiva diminuzione. La fumaria conserva inoltre nella medicina popolare anche l’impiego tradizionale di stimolante delle secrezioni dello stomaco, dell’intestino, del pancreas, della pelle ed è ritenuto rimedio efficace contro le manifestazioni cutanee eczematose e scrofolose.
Uno studio effettuato presso un reparto di gastroenterologia da Balmes e Dubois (1973) su un gruppo di venti pazienti, ha dimostrato che la somministrazione di fumaria associata ad un riposo stretto e ad un regime atossico, ha portato ad un miglioramento dello stato generale, diminuzione dell'astenia in caso di epatite, regressione e scomparsa dell'anoressia nei cirrotici, miglioramento delle sindromi emicraniche ed una tolleranza ottimale.
Nell’antica Grecia la pianta era chiamata kapnión che vuol dire fumo. Galeno e Dioscoride la prescrivevano per le malattie del fegato, per l’itterizia e per la dermatosi. Presso le popolazioni arabe, i medici la utilizzavano per dare al corpo un aspetto fiorente ed insieme all’Angelica e al Frassino aiutava a diventare centenari.
Mesuè, medico arabo dell'VIII-ÌX secolo, come riportato dal Mattioli, annoverava la fumaria tra “le medicine solutive benedette”.
Durante suggerisce un ulteriore impiego del succo che, preparato sotto forma di sciroppo, è atto a purgare efficacemente l’umore melanconico.
Curiosità e credenze popolari: il calendario repubblicano francese (Calendrier de la République universelle et indivisibile) dedicava a questo fiore un giorno: il 13 di Ventose, corrispondente al 3 di marzo, era chiamato Fumeterre (nome comune francese della fumaria).
Nel 1500 la pianta era chiamata Fumus terrae perché si credeva fosse generata dalle emanazioni di vapore emesse dal terreno che, dopo la pioggia, consolidandosi, assumevano aspetto di piante.
Per capire il motivo del nome generico che le è stato dato basterebbe strappare una di queste piante dal suolo, giacché le radici emanano un lezzo acido e gassoso che ricorda i fumi dell’acido nitrico.
Nell’America settentrionale il nome popolare Fume root descrive il modo con cui il fogliame verde bluastro si allarga sul terreno simile ad una nuvola di fumo.
Un’altra causa di tale appellativo è forse dovuto all’impiego che si faceva del succo di fumaria come collirio per gli occhi che, sebbene renda chiara la vista e la migliori, provoca bruciori e lacrime, come avviene con l’esposizione al fumo.
Simbologia: il famoso medico inglese del Seicento, Culperer, trova un rapporto originale tra le piante e gli astri che le influenzano. Fumaria, dice, appartiene a Saturno e quindi risolve i disturbi nelle parti del corpo governate dal pianeta Signore del Tempo. Anche Velnet, citando i pregi della fumaria, ne mette in evidenza le virtù longevizzanti consigliando di berne un bicchiere d’infuso a cena. Grippa descrive le immagini dei segni zodiacali che gli indiani, gli egiziani ed i caldei hanno creato e disegnato osservando i corpi celesti. In una delle immagini dedicate a Saturno, si osserva un uomo dal muso di cervo e dalle zampe di cammello seduto su un trono portato da un drago, con una falce impugnata nella destra e una freccia nella sinistra. Questo simbolo si considerava atto a prolungare la vita. Ancora, secondo Agrippa, a Saturno si attribuiscono i gesti languidi e tristi quali il piangere, l’abbassare la testa e lo sguardo.
Bibliografia:
MARIA TERESA DELLA BEFFA, Fiori di campo (Conoscere, riconoscere e osservare tutte le specie di fiori selvatici più noti), Istituto Geografico De Agostini SpA, Novara, 1999.
KONRAD LAUBER, GERHART WAGNER, Flora Helvetica (Flore illustrée de Suisse), 2ème édition, Editions Paul Haupt, 2001.
GIOVANNI NEGRI, Nuovo erbario figurato (Descrizione e proprietà delle piante medicinali e velenose della flora italiana), V edizione, Ulrico Hoepli, Milano1991.
HALBRITTER H., OBERSCHNEIDER W., Fumaria officinalis. In: BUCHNER R. & WEBER M. (2000 onwards). PalDat - a palynological database: Descriptions, illustrations, identification, and information retrieval. http://www.paldat.org/
UMBERTO BONI, GIANFRANCO PATRI, Scoprire, riconoscere, usare le erbe, Edizione Mondolibri SpA, Milano, 2000.
CARLO FERRARI, Guida pratica ai fiori spontanei in Italia, Edizione italiana, VI ristampa febbraio 2001, Camuzzi Editoriale SpA Milano, licenziataria di The Reader’s Digest Association, Inc.
www.dryades.eu
Life-strategy (sensu Grime & Co.): stress-tollerante.
IUCN: non a rischio (LC).
Farmacopea: la droga è rappresentata dall’intera pianta raccolta al momento della fioritura. Contiene un succo dal gusto sgradevole, salso ed amaro e dal quale sono stati estratti un alcaloide (fumarina), acido fumarico nei suoi sali calcico, sodico e potassico, un principio amaro, resina e mucillagine. Alla pianta sono state attribuite, fin dall’antichità, proprietà toniche e depurative. Noto come mezzo popolare per farne assorbire le sostanze caratteristiche è l’uso del latte di mucche alle quali è stata fatta ingerire preventivamente una quantità notevole di fumaria. Ricerche recenti hanno evidenziato che l’azione della fumarina varia anche quantitativamente con la durata e con l’intensità del suo uso; all’azione inizialmente tonica si contrappone, in un secondo tempo, un’azione ipostenizzante, all’iniziale innalzamento della pressione sanguigna, una successiva caduta della medesima, al rapido aumento delle emazie nella prima settimana, una consecutiva diminuzione. La fumaria conserva inoltre nella medicina popolare anche l’impiego tradizionale di stimolante delle secrezioni dello stomaco, dell’intestino, del pancreas, della pelle ed è ritenuto rimedio efficace contro le manifestazioni cutanee eczematose e scrofolose.
Uno studio effettuato presso un reparto di gastroenterologia da Balmes e Dubois (1973) su un gruppo di venti pazienti, ha dimostrato che la somministrazione di fumaria associata ad un riposo stretto e ad un regime atossico, ha portato ad un miglioramento dello stato generale, diminuzione dell'astenia in caso di epatite, regressione e scomparsa dell'anoressia nei cirrotici, miglioramento delle sindromi emicraniche ed una tolleranza ottimale.
Nell’antica Grecia la pianta era chiamata kapnión che vuol dire fumo. Galeno e Dioscoride la prescrivevano per le malattie del fegato, per l’itterizia e per la dermatosi. Presso le popolazioni arabe, i medici la utilizzavano per dare al corpo un aspetto fiorente ed insieme all’Angelica e al Frassino aiutava a diventare centenari.
Mesuè, medico arabo dell'VIII-ÌX secolo, come riportato dal Mattioli, annoverava la fumaria tra “le medicine solutive benedette”.
Durante suggerisce un ulteriore impiego del succo che, preparato sotto forma di sciroppo, è atto a purgare efficacemente l’umore melanconico.
Curiosità e credenze popolari: il calendario repubblicano francese (Calendrier de la République universelle et indivisibile) dedicava a questo fiore un giorno: il 13 di Ventose, corrispondente al 3 di marzo, era chiamato Fumeterre (nome comune francese della fumaria).
Nel 1500 la pianta era chiamata Fumus terrae perché si credeva fosse generata dalle emanazioni di vapore emesse dal terreno che, dopo la pioggia, consolidandosi, assumevano aspetto di piante.
Per capire il motivo del nome generico che le è stato dato basterebbe strappare una di queste piante dal suolo, giacché le radici emanano un lezzo acido e gassoso che ricorda i fumi dell’acido nitrico.
Nell’America settentrionale il nome popolare Fume root descrive il modo con cui il fogliame verde bluastro si allarga sul terreno simile ad una nuvola di fumo.
Un’altra causa di tale appellativo è forse dovuto all’impiego che si faceva del succo di fumaria come collirio per gli occhi che, sebbene renda chiara la vista e la migliori, provoca bruciori e lacrime, come avviene con l’esposizione al fumo.
Simbologia: il famoso medico inglese del Seicento, Culperer, trova un rapporto originale tra le piante e gli astri che le influenzano. Fumaria, dice, appartiene a Saturno e quindi risolve i disturbi nelle parti del corpo governate dal pianeta Signore del Tempo. Anche Velnet, citando i pregi della fumaria, ne mette in evidenza le virtù longevizzanti consigliando di berne un bicchiere d’infuso a cena. Grippa descrive le immagini dei segni zodiacali che gli indiani, gli egiziani ed i caldei hanno creato e disegnato osservando i corpi celesti. In una delle immagini dedicate a Saturno, si osserva un uomo dal muso di cervo e dalle zampe di cammello seduto su un trono portato da un drago, con una falce impugnata nella destra e una freccia nella sinistra. Questo simbolo si considerava atto a prolungare la vita. Ancora, secondo Agrippa, a Saturno si attribuiscono i gesti languidi e tristi quali il piangere, l’abbassare la testa e lo sguardo.
Bibliografia:
MARIA TERESA DELLA BEFFA, Fiori di campo (Conoscere, riconoscere e osservare tutte le specie di fiori selvatici più noti), Istituto Geografico De Agostini SpA, Novara, 1999.
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GIOVANNI NEGRI, Nuovo erbario figurato (Descrizione e proprietà delle piante medicinali e velenose della flora italiana), V edizione, Ulrico Hoepli, Milano1991.
HALBRITTER H., OBERSCHNEIDER W., Fumaria officinalis. In: BUCHNER R. & WEBER M. (2000 onwards). PalDat - a palynological database: Descriptions, illustrations, identification, and information retrieval. http://www.paldat.org/
UMBERTO BONI, GIANFRANCO PATRI, Scoprire, riconoscere, usare le erbe, Edizione Mondolibri SpA, Milano, 2000.
CARLO FERRARI, Guida pratica ai fiori spontanei in Italia, Edizione italiana, VI ristampa febbraio 2001, Camuzzi Editoriale SpA Milano, licenziataria di The Reader’s Digest Association, Inc.
www.dryades.eu