Tamus communis L.

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Dioscoreaceae - Tamus communis L.; Pignatti 1982: n. 4735; Tamus communis L.
Plant List: Dioscorea communis (L.) Caddick et Wilkin
Famiglia, nome latino per esteso Tamus communis L.
(a cura di Giuseppe Laino)

Etimologia: l’epiteto del genere deriva dal latino thamnum, thannum, thamnus = “”tanno” (arboscello non identificato) [Columella], termine con il quale i latini indicavano un vitigno selvatico; l’epiteto specifico è l’aggettivo latino communis = “comune, che appartiene a parecchi, ordinario, volgare” ad indicare la sua frequenza.
Sinonimi: Dioscorea communis (L.) Caddick & Wilkin, Tamus edulis Lowe.
Nomi volgari: Cerasiola, Tamaro, Tamo, Uva tamina, Vite nera (con riferimento al colore della radice), Viticella (italiano). Liguria: Erba de biscia, Tanno (Genova); Velugon, Velugoa mascia (Pegli). Piemonte: Macciocan, Pan d' la serp. Lombardia: Fasoei de bosch, Tossegh (Brescia); Succa salvadega (Valle Camonica); Tamno (Pavia). Veneto: Dameni, Dami; Ligabosco (Verona); Tambar (Treviso). Friuli: Tanon; Tossi, Urtizzon salvadi (Carnia). Emilia-Romagna: Curaj d' la volp, Curaj ed bessa, Vida salvadga, Zocca salvadga (Reggio). Toscana: Tamaro, Tamarro, Uva tamina, Vite nera; Smilace liscia (Poggibonsi). Campania: Vitarella, Viticella (Ischia). Sicilia: Pedi di liufanti, Sparaci di cannitu, Sparaci di donna, Sparaci niuri, Viticedda. Sardegna: Asparagi de cannittu, Ligadolza, Reti.
Forma biologica e di crescita: geofita volubile.
Tipo corologico: euromediterraneo: specie con areale centrato sulle coste mediterranee, ma con prolungamenti verso nord e verso est (area della Vite).
Fenologia: fiore: IV-V, frutto: VIII.
Limiti altitudinali: dal mare a 900 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese è presente su tutto il territorio continentale e insulare..
Habitus: erbacea perenne, lianosa, con robusta radice allungata, carnosa, tuberosa da cui in primavera si originano i fusti erbacei, glabri, eretti, simili ai turioni degli Asparagi, ma con l’apice incurvato verso il basso; quando si sviluppano, i fusti sono cilindrici, striati, di colore rossiccio, striscianti o attorcigliantisi ai frutici ed agli alberi vicini, volubili con movimento destrorso, lunghi fino a 3-4 m.
Foglie: alterne, portate da piccioli lunghi 2-5 cm solcati superiormente, un po’ contorti alla base, hanno la lamina profondamente cordata, lunga 5-10 cm, acuminata all’apice; il margine è intero, la superficie delle foglie giovani è lucente e diviene poi opaca; le nervature principali, in numero di 3-5, partono tutte dalla base e spesso si riuniscono all’apice.
Fiore:
dioici, disposti in racemi ascellari. Infiorescenze maschili multiflore, lunghe 5-15 cm, lasse, con fiori in gruppetti di 2 o 3 ciascuno, all’ascella di una brattea lineare acuminata, mentre un’altra brattea analoga accompagna ogni ramo del racemo; perigonio di 6 tepali lineari, quasi uguali, giallognoli e saldati assieme alla base in un tubo corto, verdognolo scuro, con 6 stami a filamenti liberi inseriti sul tubo perigoniale, antere dorsifisse, biloculari e polline giallo. Infiorescenze femminili più povere e più corte di quelle maschili, con perigonio simile a quello maschile, però a tubo meno sviluppato, con ovario unico, ovoide, verde, triloculare, sormontato da tre stili saldati fra di loro e terminati da tre stimmi distinti, giallognoli, rovesciati in fuori, scanalati superiormente e quasi bifidi all’apice.
Frutto:
bacca globosa ovoide o quasi rotonda, prima verde, rosso lucente a maturità, del diametro di 1 cm.
Semi:
tre-sei semi globosi, color rosso scuro.
Polline: granuli pollinici monadi, radiosimmetrici, subisopolari; perimetro in visione polare: subovali, bilobati, in visione equatoriale: subcircolari 10%, ovali 40%, ellittici 50%; forma: prolato sferoidali 10%, subprolati 40%, prolati 50%; dizonocolpati; aperture: colpi lunghi, a bordi paralleli; esina: subtectata, medio reticolata, psilata; dimensioni: asse polare 38 (32) 28 mµ; asse equatoriale 28 (24) 20 mµ. L’impollinazione è entomofila.
Numero cromosomico: 2n = 48.
Sottospecie e/o varietà: Tamus communis L. var. cretica L., con foglie trilobate a lobi laterali arrotondati e lobo mediano più o meno allungato.
Habitat ed ecologia: cresce nei boschi, nelle macchie, nelle siepi, su terreni ben drenati.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Quercetea ilicis.
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress-tolleranti (S) + Commensali (C).
IUCN: N.A..
Farmacopea:
la fama che ha avuto la pianta nella medicina popolare non è scevra da ombre poiché, come avviene per talune altre piante, un suo uso improprio non è esente da rischi, che nel caso del Tamaro, possono essere molto gravi. La radice allungata, carnoso-tuberosa, contiene un principio attivo del gruppo delle saponine al quale deve una spiccata azione emetica e purgante. Una reputazione tradizionale nella medicina popolare, giustificata del resto anche dall’esperienza, ha l’uso degli impacchi con una mescolanza in parti uguali di estratto fluido e di acqua per la medicazione delle contusioni che, grazie a questo trattamento, riparerebbero con eccezionale rapidità, anche se aggravate da effusioni ecchimotiche.
Contiene piccole quantità di istamina, pectine, ossalati, sostanze non ancora studiate. Anche l’uso esterno di questa pianta deve essere considerato con una certa cautela. Il Tamaro viene anche sfruttato, applicato sulla pelle in corrispondenza delle zone dolenti, in caso di reumatismi, gotta e geloni. Il potere rubefacente e riattivante della circolazione superficiale dipende dalla presenza nella droga, nel caso particolare la radice, di una sostanza simile all’istamina; questa sostanza, oltre al benefico effetto stimolante, può dare, su pelli sensibili o per il trattamento troppo intenso e prolungato, delle serie irritazioni. Le virtù tonificanti del Tamaro sono state anche sfruttate per stimolare il cuoio capelluto e rallentare la caduta dei capelli, tuttavia anche questo uso cosmetico può dare inconvenienti.
Anche i frutti del Tamaro, come già la radice, sono emetici e irritanti delle mucose intestinali; ne viene fatto un uso esterno per far regredire i geloni, a condizione che la zona di pelle interessata sia ancora integra.
Oggi solo la radice, ricca di ossalato di potassio, viene impiegata per facilitare il riassorbimento delle ecchimosi.
Uso alimentare: si consumano le porzioni apicali dei nuovi getti (turioni), emessi in primavera. Essi sono costoluti, di colore verde scuro tendente al marrone e rivestiti dagli abbozzi delle foglie; sono preferibili quelli prodotti dalle piante maschili perché sono più grossi. Durante la raccolta i turioni del Tamaro possono essere confusi con i getti di un’altra pianta, non alimentare, il Vilucchio maggiore (Calystegia sylvatica (Kit.) Griseb.), poiché i tralci delle due piante, nello stadio giovanile sono molto simili, anche se il Tamaro ha attorcigliamento destrorso mentre il Vilucchio perlopiù sinistrorso; a maturità le piante sono chiaramente dissimili. Il Tamaro contiene numerosi principi tossici presenti abbondantemente soprattutto nelle bacche. Nella parte edule della pianta, ovvero nei turioni, queste sostanze si rinvengono in quantità non rilevanti; esse per di più sono termolabili. I turioni del Tamaro hanno un sapore amaro-saligno e si cucinano allo stesso modo dei turioni dell’Asparago o del Pungitopo, previa sbollentata in abbondante acqua per attenuare il loro gusto acre. Tuttavia questo impiego alimentare non deve giustificare leggerezza nell’impiego di tutta la pianta.
Mentre in Sicilia, soprattutto nel territorio etneo, l`uso alimentare dei turioni del Tamaro è frequente, non è così nelle altri parti d’Italia dove quest`erbaggio, salvo qualche eccezione, è sconosciuto o non considerato commestibile. Ad esempio, in Lombardia (Bernini et al., 1983) scrive che “se ne sconsiglia l`uso onde non incorrere in spiacevoli conseguenze”. In Toscana (Chiej-Gamacchio, 1990) avverte che il loro “uso deve essere contenuto e la commestibilità è posteriore ad una lunga cottura che riduce il principio tossico”. In Romagna (Corbetta, 1991) suggerisce che “i principi, se non proprio velenosi quanto meno acri, contenuti nel Tamaro, costituiscono un buon motivo per consigliarne l`esclusione dalle raccolte di erbe ad uso commestibile”. In Puglia (Riccardo, 1921) dice che i turioni del Tamaro “contengono un principio acre e caustico sicché debbono essere cotti in varie acque per non produrre inconvenienti nell`apparato digerente”. Anche in Francia (Fournier, 1961) scrive: “devono essere consumati dopo sufficiente cottura e dopo aver cambiato l`acqua di bollitura, ma anche così facendo restano vomitivi e purgativi, almeno per certi individui”. Pomini, 1956, riporta, invece, che i giovani virgulti vengono mangiati cotti come gli asparagi. Anche Marinoni, 1985, afferma che nel Veneto “si mangiano tranquillamente i germogli del Tamaro, lessati ed insaporiti in padella o in frittata”.
Curiosità: in Francia il Tamaro è noto come "Herbe aux femmes battues", cioè "erba per le donne picchiate". Tale denominazione nasce dall'uso terapeutico della polpa grattugiata della radice applicata come impacco su contusioni, ematomi e distorsioni.
Bibliografia:
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www.dryades.eu
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G. Pallavicini, Valle Stura, Roccasparvera, 09-1997
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G. Laino, Albissola Superiore, Savona, 03-08-2008
G. Laino, Pallanza, 10-06-2008

Distribuzione


■ autoctona ■ alloctona ■ incerta ■ scomparsa ■ assente

Caratteristiche

Relazioni con l'uomo
[ C ] C: specie di interesse alimentare e/o aromatico
[ O ] O: specie di interesse farmaceutico-officinale
[ P ] P: specie velenose - tossiche - stupefacenti - psicotrope - irritanti - fotosensibilizzanti
Biologia riproduttiva

DI (dioica): specie con individui maschili ed individui femminili.

[ AP+EP - ZC2 ] AP (anemofilia): Il polline è disperso dalle correnti aeree e può avere un volo breve (piante erbacee) o lungo (alberi); EP (entomofilia): Il polline è trasportato da insetti, che vengono indotti a visitare il fiore con svariate strategie di richiamo, con o senza ricompensa; ZC2 (endozoocoria): Semi che vengono ingeriti, come tali o all’interno di un frutto, e successivamente espulsi con le feci.

Indici di Ellenberg

Salinità: 0

L: 5; T: 7; C: 5; U: 5; R: 8; N: 6;

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