Lotus corniculatus L.

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Fabaceae - Lotus corniculatus L.; Pignatti 1982: n. 1908; Lotus corniculatus L.
Plant List: accettato
Lotus corniculatus L.
(a cura di Giuseppe Laino)

Etimologia: l’epiteto del genere deriva dal latino lotos o lotus -i, f. = “loto” [Virgilio et al.] (nome attribuito a varie piante e ai loro frutti, in particolare piante foraggere), ereditato dal greco lotos, termine con il quale Omero ricorda nell’Odissea il famoso e saporito Lotus edulis L. L’epiteto specifico deriva dal latino corniculum, -i, n. = “piccolo corno” [Plinio, Columella] (con allusione alla forma dei baccelli a forma di piccole corna).
Sinonimi:
Lotus ambiguus Besser ex Spreng., Lotus caucasicus Kuprian., Lotus balticus Miniaev, Lotus carpetanus Lacaita, Lotus olgae Klokov, Lotus corniculatus L. ssp corniculatus proles longipes Samp. pro parte, Lotus ruprechtii Miniaev, Lotus arvensis Pers., Lotus corniculatus var arvensis Pers., Lotus corniculatus var genuinus Pospichal, Lotus tauricus Juz., Lotus komarovii Miniaev, Lotus zhegulensis Klokov, Lotus ucrainicus Klokov.
Nomi volgari: Ginestrino, Loto comune (italiano). Piemonte: Erba coralina, Scarpette d' la Madonna. Lombardia: Scarpine de la Madona (Brescia). Veneto: Fiorume salvadego (Verona); Galuzz de prà (Belluno); Terfojo cavallin (Venezia). Friuli: Cosuluta, Gialutt, Pid di giat. Emilia-Romagna: Ariola, Ariuleina, Gatell, Oriola, Orioleina, Uriola, Urioleina (Reggio). Toscana: Ginestrina, Loto sottile, Trifoglina, Trifoglio giallo; Moscino giallo (Cerreto d'Empoli); Mullaghera, Veccia grigiolata (Scandicci). Basilicata: Denta (Potenza). Calabria: Trifogghiu gialinu. Sardegna: Trifoglieddu.
Forma biologica e di crescita: emicriptofita scaposa.
Tipo corologico:
paleotemperato, diffusa in gran parte dell’Europa e dell’Asia, divenuta cosmopolita.
Fenologia:
fiore: IV-IX, frutto: V-X, diaspora: VI-XI.
Limiti altitudinali: dal piano a 1800 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese è specie comunissima in tutto il territorio continentale e insulare.
Habitus: erbacea perenne, con radice legnosa che affonda nel terreno più o meno verticalmente; i numerosi fusti, striati, angolosi, pieni o più o meno fistolosi, poco ramificati, sono generalmente prostrati o ascendenti con i rametti terminali eretti, disposti a raggiera, lunghi fino a 40-50 cm; possono essere glabri o irsuti per peli lunghi e patenti.
Foglie:
imparipennate, divise in 5 segmenti oblanceolati o ellittici; i due segmenti basali sono generalmente più piccoli e a volte stipoliformi, i tre apicali sono più grandi, ovato oblanceolati, lunghi fino a 2 cm, 1-3 volte più lunghi che larghi. Presenza di peli sui margini e sulle nervature.
Fiore:
peduncoli fiorali assai più lunghi delle foglie e portanti i fiori raccolti in un’infiorescenza di 2-7. Calice lungo 6-7 mm, conico campanulato, con denti triangolari o lanceolato lineari, lunghi quanto il tubo; corolla papilionacea, lunga 1-1,5 cm, gialla, con le ali a volte sfumate di rosso, libere, a lembi conniventi in alto anteriormente ed unghia ed orecchiette pronunciate, vessillo libero, ripiegato all’insù, obovato e che assume un colore verde cupo con il disseccamento; carena rostrata, a lembi falcati, aderenti fra di loro superiormente lungo il rostro; stami diadelfi, con filamenti alternativamente lunghi, un po’ dilatati sotto le antere ellittiche; ovario sessile, multiovulato, con stilo cilindroide che si erge quasi ad angolo retto, stimma a bottone.
Frutto:
il frutto è un legume cilindrico, diritto, di colore bruno, lungo 1,5-3 cm, che a maturità si apre in due valve.
Semi:
10-20 semi tondi, di colore bruno rossastri, lucidi.
Polline:
granuli pollinici monadi, di piccole dimensioni (10-25 mµ), sferoidali; perimetro equatoriale: circolari; tricolporati; esina: psilata-perforata, eutectata. L’impollinazione è entomofila ed è garantita da varie specie di imenotteri. I bruchi di alcune farfalle si nutrono di questa pianta. Le farfalle visitano i fiori per il nettare, ma è improbabile che effettuino l’impollinazione. Il mezzo di impollinazione è lo stesso che per le altre Papilionacee e richiede che un insetto, come un’ape o una vespa, forzi i petali della carena toccando il tubo degli stami e lo stimma. Nonostante si verifichi normalmente la fecondazione incrociata ed esista un meccanismo di autoincompatibilità, l’autofecondazione è tuttavia possibile.
Numero cromosomico: 2n = 24.
Sottospecie e/o varietà: pianta molto variabile quanto a pelosità, altezza, numero dei fiori, dimensioni del tubo e dei denti calicini. Particolarmente evidenti sono le differenze fra individui glabri e pelosi, nei quali si distinguono piante a diversi livelli di pelosità: piante solamente cigliate sui fusti e sui bordi delle foglie e dei calici, piante sparsamente villose, piante densamente lanose. Secondo l’attuale classificazione sistematica Lotus corniculatus L. appartiene al gruppo omonimo, che riunisce altre 5 specie con caratteri morfologici simili e talvolta piuttosto difficili da determinare con esattezza.
Flora helvetica
(II edizione) riporta la sottospecie Lotus corniculatus L. ssp hirsutus (W. D. J. Koch) (= Lotus pilosus Jordan), con altezza di 5-15 cm, fusto coricato ascendente. Fusto e foglie vellutate, con peli espansi. Foglioline che possono essere più lunghe di 1 cm, 1,5-2,5 volte più lunghe che larghe. Infiorescenza a 2-5 fiori. Calice lungo 5-7 mm. Punta della carena pallida, gialla o rossastra. Cresce in prati secchi, pinete, pascoli; pianta termofila di ambienti collinare-montano (-subalpino).
Habitat ed ecologia: prati, pascoli, luoghi aridi e sassosi, incolti. Pianta calcofila; vive in terreni argillosi, sciolti; frequente. In luoghi aridi questa pianta sviluppa in profondità le radici, che possono raggiungere 1 m di lunghezza.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Festuco-Brometea.
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress tolleranti (S).
IUCN: N.A.
Farmacopea:
i principi attivi del Ginestrino sono insufficientemente noti, quantunque sia stata ripetutamente accertata in essa la presenza di composti cianogenetici; fino a tempi recenti è passata inosservata sotto il punto di vista farmacologico. Recentemente sono state fatte da Leclerc osservazioni sulla capacità dei fiori a calmare l’eretismo nervoso (angoscia, insonnia, senso di depressione generale, tachicardia). Si può usare un infuso concentrato oppure l’estratto fluido.
Fu il dottor Ledere a scoprire le proprietà terapeutiche della pianta dopo che una sua paziente la utilizzò al posto del Meliloto: «Consultato da una contadina di Chars-en-Vexin che presentava congiuntivite e che soffriva inoltre di turbe nervose che si traducevano in insonnia e palpitazioni, le consigliai di raccogliere del Meliloto e di preparane un'infusione con cui lavare gli occhi: tanto ignorante in fitologia quanto distratta raccolse del Lotus e ne fece una tisana che bevve al posto di utilizzarla come collirio. Se le sue congiuntive non trassero beneficio da questa medicazione, ottenne però un miglioramento marcato del suo nervosismo, perché in meno di 8 giorni recuperò il sonno e sentì il suo cuore acquietarsi. Questo risultato inatteso mi spinse a provare lo stesso rimedio in svariati casi simili ed ebbi a verificare di come non si trattasse di una coincidenza come spesso accade nella pratica medica».
Coltivazione come pianta foraggera:
notizie sul valore foraggero del Ginestrino si hanno fin dal 1700, ma è soltanto tra la fine del 1800 e i primi del 1900 che esso inizia ad essere coltivato in modo intensivo, dapprima in Inghilterra e poi, gradualmente, nel resto d’Europa temperata, in Asia, nelle Americhe, in Australia e Nuova Zelanda, dove attualmente è considerata specie infestante, che si diffonde particolarmente lungo i greti fluviali. Nell’ambito della specie coltivata si individuano tipi diversi: tipo nano o da pascolo, tipo eretto a foglia stretta, tipo eretto a foglia larga (forma tipica).
La pianta si adatta bene a condizioni di clima e di terreno anche molto diverse. È nota la sua migliore resistenza agli eccessi di umidità del terreno rispetto all’Erba medica (
Medicago sativa L.) e nello stesso tempo è dotata di una notevole resistenza alla siccità, tanto da essere in grado di fornire, anche in condizioni non ottimali, una buona produzione estiva. I limiti termici del Ginestrino sono all’incirca quelli dell’Erba medica alla quale è del tutto paragonabile in quanto a resistenza al freddo. Questa caratteristica e la sua nota tolleranza nei confronti di una certa acidità del terreno (i valori ottimali di pH si aggirano intorno a 6,5), rendono il Ginestrino adatto ad essere coltivato in terreni organici anche di montagna.
Pianta raramente impiegata per l’impianto di prati monoliti, più spesso la si trova come componente di miscugli per prati poliliti. La durata del prato in purezza è solitamente di 2-4 anni, ma essa può variare a seconda delle esigenze di avvicendamento.
Il Ginestrino ha uno sviluppo molto lento ed è sensibile alla competizione. La modalità di semina più corretta è su terreno nudo, finemente preparato, rassodato, interrando il seme appena sotto la superficie. Considerando l’elevata percentuale di semi duri che il Ginestrino di solito presenta, i quantitativi di seme vanno opportunamente regolati: 10-20 kg/ha a seconda delle condizioni in cui si opera. In coltura pura nel primo anno sono possibili un taglio (in asciutto) o due (in irriguo) con resa media in sostanza secca per taglio di 2-3 t/ha. Negli anni successivi sono possibili 3-4 sfalci con produzioni complessive di 6-7 t/ha negli ambienti di montagna e 10-11 t/ha in ambienti irrigui di pianura.
L’utilizzazione del Ginestrino può essere l’affienamento, l’insilamento o il pascolo. Per il suo impiego come pascolo è da annotare che, diversamente dall’Erba medica, esso non dà luogo a fenomeni di meteorismo. È anche da tener presente che nel Ginestrino sono presenti individui, in percentuale variabile a seconda delle popolazioni, in grado di liberare HCN, Non si conoscono tuttavia fenomeni di avvelenamento di bestiame in seguito a pascolo anche intenso su seminati di Ginestrino. Il fieno, fine e aromatico, è di norma molto appetito se ottenuto con foraggio falciato appena prima della fioritura.
In Italia sono iscritte nel Registro delle Varietà 9 tipologie di Ginestrino da fieno, di cui 8 di recente introduzione. Quella già iscritta nel 1970 come “Franco”, costituita dall’Istituto sperimentale per le Colture Foraggere di Lodi, è dotata di buona resistenza al secco.
Come obiettivi del miglioramento genetico si possono indicare, in via primaria, l’aumento della capacità produttiva, l’indeiscenza del baccello, il vigore del seme e la capacità di affrancamento delle plantule.

Curiosità: in Inghilterra i nomi comuni del Ginestrino sono ben settanta. In questo Paese tanta popolarità è forse dovuta al suo uso foraggero e alla specializzazione delle colture in questo senso. Il fatto poi che sui fiori gialli si notino spesso striature rosse è valso alla pianta da parte degli Inglesi il nome comune di “Uova al bacon”.
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G. Laino, Peghera, Val Taleggio, Bergamo, 20-06-2006
G. Laino, Peghera, Val Taleggio, Bergamo, 20-06-2006

Distribuzione


■ autoctona ■ alloctona ■ incerta ■ scomparsa ■ assente

Caratteristiche

Relazioni con l'uomo
[ C ] C: specie di interesse alimentare e/o aromatico
[ O ] O: specie di interesse farmaceutico-officinale
[ P ] P: specie velenose - tossiche - stupefacenti - psicotrope - irritanti - fotosensibilizzanti
Biologia riproduttiva

ER (ermafrodita): specie con organi maschili e femminili riuniti nel medesimo fiore.

[ EP - BC ] EP (entomofilia): Il polline è trasportato da insetti, che vengono indotti a visitare il fiore con svariate strategie di richiamo, con o senza ricompensa; BC (barocoria): I semi relativamente pesanti, da soli o dentro i frutti, cadono per gravità a maturità o dopo un periodo di postmaturazione.

Indici di Ellenberg

Salinità: 0

L: 7; T: n.d.; C: 5; U: 4; R: 7; N: 2;

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