Robinia pseudoacacia L.
(a cura di Giuseppe Laino)
Etimologia: chiamata Acacia americana robinii dal botanico francese prelinneano Cornut, le fu conferito nel 1753 il binomio attuale da Linneo il quale volle ricordare nell’epiteto del genere Jean e Vespasien Robin (padre e figlio), erborista il primo, giardinieri entrambi del re di Francia al Jardin du Roi a Parigi. Al padre Jean (1550-1629) è attribuito il primo riferimento a questa specie, ma fu il figlio Vespasien (1579-1662) che impiantò nel succitato giardino, nel 1601, il primo esemplare su suolo europeo, ancora vegeto (la data è incerta perché vi è chi sostiene che questo evento si sia verificato più tardi, nel 1635). L’epiteto del genere deriva dai termini greci pseudés = “falso” e akis = “spina” (acacia) = “falsa acacia” con riferimento alle spine di cui è dotata e al cambiamento di nome della specie fatto da Linneo.
Sinonimi: nessuno.
Sinonimi: nessuno.
Nomi volgari: Robinia, Acacia, Falsa acacia, Gaggia (italiano). Liguria: Cacia (Sarzana); Ciantagalletto, Gagia sarvaega (Savona); Gazia (Ponti di Nava); Gazzia (Genova); Legnu caccia (Rapallo); Rubin (Valle di Polcevera). Piemonte: Cacia, Gasia, Parasol, Spina Christi, Spina di Noussignor; Acassià (Val S. Martino). Lombardia: Roebina (Bergamo); Rubina, Rubì (Brescia). Veneto: Acassia, Cassia, Gazia (Belluno); Acazia, Gadia (Treviso); Carobola salvatica (Venezia); Falsacazia (Verona). Friuli: Acacie, Agace, Agaz. Emilia-Romagna: Acacia, Marugon, Ruben; Garzia, Garzia salvadga, Marugun, Robenia, Rubein, Rubeina, Rubenia (Reggio); Rubinia (Piacenza). Toscana: Acacia, Cascia, Falsa gaggia, Robinia. Marche: Maruca (Pesaro). Campania: Grace (Avellino). Basilicata: Cacia, Caggena (Potenza). Sardegna: Acassia.
Forma biologica e di crescita: fanerofita cespitosa.
Tipo corologico: Stati Uniti centrorientali, regione dei Monti Allegheny; il suo areale si estende dalla Pennsylvania al nord della Georgia e verso ovest dall’Arkansas all’Oklahoma. È l’unica specie del genere del tutto naturalizzata in Europa. Diffusa anche nel Nordafrica.
Fenologia: fiore: V-VI, frutto: IX-X, diaspora: III-IV.
Limiti altitudinali: dal piano a 1000 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: dopo l’introduzione in Francia, è stata impiantata in Italia nel 1662 per la prima volta nell'Orto Botanico di Padova. Da allora è rimasta una curiosità da giardino e da collezionisti (era l’albero preferito di Alessandro Manzoni) fino all’ultimo ventennio dell’Ottocento, quando, iniziata la costruzione dei primi tratti di ferrovia, la pianta venne impiegata con successo per consolidare gli argini franosi. La Robinia è attualmente naturalizzata in tutto il territorio italiano, nei luoghi abbandonati, e lungo il margine delle strade, pur mantenendosi sinantropica. Nella regione padana, nelle valli prealpine ed appenniniche, la Robinia ha assunto il carattere di infestante, poiché, diffondendosi a scapito delle specie spontanee, forma dense boscaglie spinose, quasi impenetrabili, povere di flora nemorale e di funghi.
Habitus: albero di terza grandezza, che può avere portamento anche arbustivo, longevo (può vivere fino a 500 anni), alto fino a 25-30 m, dalla chioma slanciata ed espansa, densa, verde opaco, spesso irregolare per la notevole ramificazione contorta, con rami che si dipartono dal tronco con angoli molto aperti. Il fusto cilindrico, diritto, spesso biforcato, presenta una spessa scorza grigiastra che si fende in solchi verticali sinuosi e profondi e dei rilievi longitudinali che possono intersecarsi. La parte alta del fusto e i rami sono provvisti di robuste spine simili a quelle delle rose, derivate da una trasformazione delle stipole, utili come difesa dai predatori.
Foglie: le foglie, decidue, alterne, lunghe fino a 30 cm, sono portate da un picciolo leggermente peloso lungo qualche centimetro le cui stipole si sono metamorfosate in spine, su rametti grigio rossastri, lisci e lenticellati. Sono composte, imparipennate, formate da 13-15 segmenti ellittici, picciolati, arrotondati all’apice, lunghi fino a 4 cm, opachi, glabri, verde scuro e un po’ glaucescenti sulla pagina superiore, chiari sulla pagina inferiore. Margine intero e nervatura penninervia. Di giorno sono aperte, la notte tendono a sovrapporsi. Il rachide fogliare presenta 5 caratteristiche creste longitudinali e un avvallamento che lo percorre lungo la faccia superiore. Le gemme sono nascoste dalla base rigonfia del picciolo e si rendono visibili, alla sua caduta, tra due grosse spine. La fogliazione inizia piuttosto tardi (pieno aprile).
Fiore: i fiori compaiono dopo la foliazione, sono ermafroditi, riuniti in numero di 10-30(-35) in infiorescenze ascellari a grappolo, pendule e lunghe fino a 20 cm; sono papilionacei, lunghi circa 2,5 cm, profumati, nettariferi, portati da peduncoli sottili lunghi poco più di 1 cm, rosso scuro o verde rossastri. Il calice è campanulato, peloso, più o meno bilabiato, a 5 denti, verde scuro macchiato di rosso specialmente sul bordo dei denti. Corolla con petali inseriti su un disco tubulare, di colore generalmente bianca con macchie giallo pallido; ali bianche, oblungo falcate; petali formanti la carena incurvati, ottusi, uniti alla base. Androceo di 10 stami, inseriti, con i petali, diadelfi, di cui nove inferiori uniti in un tubo diviso nella parte superiore, il decimo (superiore) è libero alla base. Antere biloculari, deiscenti longitudinalmente. Gineceo con ovario supero, lineare oblungo, stipitato, unicellulare; stilo inflesso, lungo, sottile, peloso, multiovulato; stimma capitato.
Frutto: legume sessile, pendulo, coriaceo, liscio, lungo fino a 20 cm e largo 1-2 cm, compresso, prima verde poi bruno a maturità; costituito da due valve a sutura superiore, strettamente alate; a maturità si fende per liberare i semi; permane sull’albero per tutto l’inverno.
Semi: semi in numero di 4-10, reniformi, bruno scuro, con macchiettature più scure, piccoli, con cotiledoni ovali e carnosi.
Tipo corologico: Stati Uniti centrorientali, regione dei Monti Allegheny; il suo areale si estende dalla Pennsylvania al nord della Georgia e verso ovest dall’Arkansas all’Oklahoma. È l’unica specie del genere del tutto naturalizzata in Europa. Diffusa anche nel Nordafrica.
Fenologia: fiore: V-VI, frutto: IX-X, diaspora: III-IV.
Limiti altitudinali: dal piano a 1000 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: dopo l’introduzione in Francia, è stata impiantata in Italia nel 1662 per la prima volta nell'Orto Botanico di Padova. Da allora è rimasta una curiosità da giardino e da collezionisti (era l’albero preferito di Alessandro Manzoni) fino all’ultimo ventennio dell’Ottocento, quando, iniziata la costruzione dei primi tratti di ferrovia, la pianta venne impiegata con successo per consolidare gli argini franosi. La Robinia è attualmente naturalizzata in tutto il territorio italiano, nei luoghi abbandonati, e lungo il margine delle strade, pur mantenendosi sinantropica. Nella regione padana, nelle valli prealpine ed appenniniche, la Robinia ha assunto il carattere di infestante, poiché, diffondendosi a scapito delle specie spontanee, forma dense boscaglie spinose, quasi impenetrabili, povere di flora nemorale e di funghi.
Habitus: albero di terza grandezza, che può avere portamento anche arbustivo, longevo (può vivere fino a 500 anni), alto fino a 25-30 m, dalla chioma slanciata ed espansa, densa, verde opaco, spesso irregolare per la notevole ramificazione contorta, con rami che si dipartono dal tronco con angoli molto aperti. Il fusto cilindrico, diritto, spesso biforcato, presenta una spessa scorza grigiastra che si fende in solchi verticali sinuosi e profondi e dei rilievi longitudinali che possono intersecarsi. La parte alta del fusto e i rami sono provvisti di robuste spine simili a quelle delle rose, derivate da una trasformazione delle stipole, utili come difesa dai predatori.
Foglie: le foglie, decidue, alterne, lunghe fino a 30 cm, sono portate da un picciolo leggermente peloso lungo qualche centimetro le cui stipole si sono metamorfosate in spine, su rametti grigio rossastri, lisci e lenticellati. Sono composte, imparipennate, formate da 13-15 segmenti ellittici, picciolati, arrotondati all’apice, lunghi fino a 4 cm, opachi, glabri, verde scuro e un po’ glaucescenti sulla pagina superiore, chiari sulla pagina inferiore. Margine intero e nervatura penninervia. Di giorno sono aperte, la notte tendono a sovrapporsi. Il rachide fogliare presenta 5 caratteristiche creste longitudinali e un avvallamento che lo percorre lungo la faccia superiore. Le gemme sono nascoste dalla base rigonfia del picciolo e si rendono visibili, alla sua caduta, tra due grosse spine. La fogliazione inizia piuttosto tardi (pieno aprile).
Fiore: i fiori compaiono dopo la foliazione, sono ermafroditi, riuniti in numero di 10-30(-35) in infiorescenze ascellari a grappolo, pendule e lunghe fino a 20 cm; sono papilionacei, lunghi circa 2,5 cm, profumati, nettariferi, portati da peduncoli sottili lunghi poco più di 1 cm, rosso scuro o verde rossastri. Il calice è campanulato, peloso, più o meno bilabiato, a 5 denti, verde scuro macchiato di rosso specialmente sul bordo dei denti. Corolla con petali inseriti su un disco tubulare, di colore generalmente bianca con macchie giallo pallido; ali bianche, oblungo falcate; petali formanti la carena incurvati, ottusi, uniti alla base. Androceo di 10 stami, inseriti, con i petali, diadelfi, di cui nove inferiori uniti in un tubo diviso nella parte superiore, il decimo (superiore) è libero alla base. Antere biloculari, deiscenti longitudinalmente. Gineceo con ovario supero, lineare oblungo, stipitato, unicellulare; stilo inflesso, lungo, sottile, peloso, multiovulato; stimma capitato.
Frutto: legume sessile, pendulo, coriaceo, liscio, lungo fino a 20 cm e largo 1-2 cm, compresso, prima verde poi bruno a maturità; costituito da due valve a sutura superiore, strettamente alate; a maturità si fende per liberare i semi; permane sull’albero per tutto l’inverno.
Semi: semi in numero di 4-10, reniformi, bruno scuro, con macchiettature più scure, piccoli, con cotiledoni ovali e carnosi.
Polline: granuli pollinici in visione polare arrotondato triangolari, da circolari ad ovati in visione equatoriale; dimensioni: asse polare 29,2 (28-30) mµ, asse equatoriale 31 (29-32) mµ; aperture: tricolpati con colpi corti, stretti, non distintamente demarcati, pori quasi invisibili alla risoluzione abituale della luce al microscopio; esina: sottile, psilata, nella maggioranza dei casi debolmente macchiata; intina: nettamente più spessa (approssimativamente 1,5-2 mµ); citoplasma spesso sporgente alle aperture, che curva la sottile, ridotta esina verso l’esterno al margine dei colpi. L’impollinazione è entomofila.
Numero cromosomico: 2n = 20.
Sottospecie e/o varietà: per l’utilizzo ornamentale come elementi per parchi e giardini, sono state selezionate alcune varietà caratterizzate da peculiari aspetti: Robinia pseudoacacia L. var umbraculifera: albero a chioma ombrelliforme arrotondata e molto fitta adatta per i viali e per il verde urbano in quanto è a portamento regolare ed i suoi rami sono prive di spine; fiorisce raramente. Robinia pseudoacacia L. var bessoniana; albero a chioma fitta e arrotondata con rami quasi privi di spine; adatta per alberature. Robinia pseudoacacia L. var frisia: fogliame color giallastro, giallo verdastro in primavera-estate, mentre diventa giallo in autunno. Robinia pseudoacacia L. var semperflorens: rifiorente in primavera-estate. Robinia pseudoacacia var rosea: con fiori rosa o biancorosati.
Habitat ed ecologia: entità originariamente propria di boschi mesofili misti di latifoglie, che dopo l’introduzione in Europa ha dato origine a ecotipi differenti in grado di colonizzare dagli ambienti fresco umidi di clima oceanico a quelli caldo aridi di clima mediterraneo. Preferisce suoli ricchi e profondi, tendenzialmente acidi, che arricchisce in humus (mull) con il degrado della sua lettiera, e posizioni esposte al sole; soffre la carenza idrica, mentre resiste bene ai rigori invernali. Tollera egregiamente interventi di potatura e capitozzatura ricacciando abbondantemente. È un’essenza ad alta competitività, di rapido accrescimento e che possiede una forte attività riproduttiva agamica, i polloni spuntano sia dal colletto sia dalle radici. Si diffonde con la disseminazione sia occupando aree disboscate, sia in aree dove nessuna specie arborea vivrebbe.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Specie aliena che può colonizzare le comunità dell’ Erythronio-Carpinion, Rubio peregrinae-Fraxinetum oxycarpae ecc.
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress tolleranti (S) + competitive (C).
IUCN: non a rischio (LC).
Farmacopea: le foglie della Robinia erano utilizzate nel passato in infuso per sfruttarne l’azione purgativa accoppiata, secondo Leclerc, ad un’azione colagoga. La corteccia è stata usata come succedaneo di quella di China e del chinino contro il paludismo, con molta prudenza però, perché contiene una tossialbumina (robina) analoga ad altre fitotossine delle Papilionacee (Fagiolo, Soja), delle Euforbiacee (Ricino) e delle Agaricinee (Amanita) e come queste dotata di potere agglutinante per le emazie. Vi si trovano inoltre albumine e globuline, un glucoside labile indeterminato, emulsina, ureasi, acido glicosiringico, grassi, fitosterine, una sostanza colorante e tannini (Wehmer, Kosch). I fiori, che debbono il caratteristico profumo ad un olio essenziale vengono popolarmente usati in infuso come antispasmodici.
Gli indiani Cherokee usavano la pianta come emetico e per il mal di denti. Tutte le parti della pianta, ad eccezione dei fiori e dei semi, devono essere considerate più o meno tossiche e, benché molte delle tossine vengano distrutte dal calore, questa specie risulta poco adatta ad essere usata nell’automedicazione e va assunta sotto controllo medico. Inoltre la pianta rientra nella lista del Ministero della Salute fra le specie non ammesse per l'impiego nel settore degli integratori alimentari.
La ricerca in campo fitochimico ha dimostrato che alcuni dei componenti della pianta sono in grado di esercitare attività antibatterica ed attività citotossica ed antineoplasica nei confronti di diverse forme di tumori.
Avversità: le avversità cui è soggetta la Robinia sono costituite da parassiti animali: infestazioni da Eulecanium corni su rametti; danni da rodilegno rosso (Cossus cossus) sugli organi legnosi; larve da lepidotteri e ditteri minatori fogliari, che scavano gallerie nelle foglie provocando filloptosi (Parectopa robiniella e Phyllonorycter sp); afidi fogliari e sui germogli (A. craccivora); infestazioni fogliari di ragnetto rosso (T. urticae).
Gli agenti di malattia (funghi, batteri ed entità infettive) che provocano: cancri rameali fungini da Nectria cinnabarina; mal bianco determinato dal fungo Erysiphe polygoni; carie fungine del legno da Fomes sp, Polyporus sp e Ganoderma sp; marciumi radicali fungini da Armillaria mellea; tracheomicosi e degenerazioni degli organi legnosi dovuti a Verticillium alboatrum; maculature necrotiche fogliari a eziologia fungina (Phyllosticta robiniae, ecc.); ruggine fogliare da Uromyces sp.
Da ricordare infine le clorosi e gli stati di sofferenza di tipo fisiologico, dovuti a condizioni pedologiche inidonee ed ai ristagni idrici prolungati.
Impatto ambientale: la Robinia in Europa è considerata una specie infestante a causa della sua velocità di crescita e del suo imponente apparato radicale che soffoca piante di specie autoctone, come la Quercia e il Castagno. La sua estrema adattabilità la fa trovare a proprio agio dai litorali ai 1000 metri delle ombrose valli submontane. Essendo inoltre dotata di elevata capacità pollonifera, la sua diffusione viene favorita dal taglio a cui la sottopongono gli agricoltori per ricavarne legname. La conseguenza è una progressiva uniformazione degli orizzonti vegetali e la perdita delle differenziazioni ambientali, oggetto di tutela soprattutto nell'Europa meridionale. La rapida diffusione di questa specie non è stata contrastata, ma sono stati apprezzati vantaggi quali la capacità di consolidare terreni vulnerabili e la sua resistenza agli incendi.
Sottospecie e/o varietà: per l’utilizzo ornamentale come elementi per parchi e giardini, sono state selezionate alcune varietà caratterizzate da peculiari aspetti: Robinia pseudoacacia L. var umbraculifera: albero a chioma ombrelliforme arrotondata e molto fitta adatta per i viali e per il verde urbano in quanto è a portamento regolare ed i suoi rami sono prive di spine; fiorisce raramente. Robinia pseudoacacia L. var bessoniana; albero a chioma fitta e arrotondata con rami quasi privi di spine; adatta per alberature. Robinia pseudoacacia L. var frisia: fogliame color giallastro, giallo verdastro in primavera-estate, mentre diventa giallo in autunno. Robinia pseudoacacia L. var semperflorens: rifiorente in primavera-estate. Robinia pseudoacacia var rosea: con fiori rosa o biancorosati.
Habitat ed ecologia: entità originariamente propria di boschi mesofili misti di latifoglie, che dopo l’introduzione in Europa ha dato origine a ecotipi differenti in grado di colonizzare dagli ambienti fresco umidi di clima oceanico a quelli caldo aridi di clima mediterraneo. Preferisce suoli ricchi e profondi, tendenzialmente acidi, che arricchisce in humus (mull) con il degrado della sua lettiera, e posizioni esposte al sole; soffre la carenza idrica, mentre resiste bene ai rigori invernali. Tollera egregiamente interventi di potatura e capitozzatura ricacciando abbondantemente. È un’essenza ad alta competitività, di rapido accrescimento e che possiede una forte attività riproduttiva agamica, i polloni spuntano sia dal colletto sia dalle radici. Si diffonde con la disseminazione sia occupando aree disboscate, sia in aree dove nessuna specie arborea vivrebbe.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Specie aliena che può colonizzare le comunità dell’ Erythronio-Carpinion, Rubio peregrinae-Fraxinetum oxycarpae ecc.
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress tolleranti (S) + competitive (C).
IUCN: non a rischio (LC).
Farmacopea: le foglie della Robinia erano utilizzate nel passato in infuso per sfruttarne l’azione purgativa accoppiata, secondo Leclerc, ad un’azione colagoga. La corteccia è stata usata come succedaneo di quella di China e del chinino contro il paludismo, con molta prudenza però, perché contiene una tossialbumina (robina) analoga ad altre fitotossine delle Papilionacee (Fagiolo, Soja), delle Euforbiacee (Ricino) e delle Agaricinee (Amanita) e come queste dotata di potere agglutinante per le emazie. Vi si trovano inoltre albumine e globuline, un glucoside labile indeterminato, emulsina, ureasi, acido glicosiringico, grassi, fitosterine, una sostanza colorante e tannini (Wehmer, Kosch). I fiori, che debbono il caratteristico profumo ad un olio essenziale vengono popolarmente usati in infuso come antispasmodici.
Gli indiani Cherokee usavano la pianta come emetico e per il mal di denti. Tutte le parti della pianta, ad eccezione dei fiori e dei semi, devono essere considerate più o meno tossiche e, benché molte delle tossine vengano distrutte dal calore, questa specie risulta poco adatta ad essere usata nell’automedicazione e va assunta sotto controllo medico. Inoltre la pianta rientra nella lista del Ministero della Salute fra le specie non ammesse per l'impiego nel settore degli integratori alimentari.
La ricerca in campo fitochimico ha dimostrato che alcuni dei componenti della pianta sono in grado di esercitare attività antibatterica ed attività citotossica ed antineoplasica nei confronti di diverse forme di tumori.
Avversità: le avversità cui è soggetta la Robinia sono costituite da parassiti animali: infestazioni da Eulecanium corni su rametti; danni da rodilegno rosso (Cossus cossus) sugli organi legnosi; larve da lepidotteri e ditteri minatori fogliari, che scavano gallerie nelle foglie provocando filloptosi (Parectopa robiniella e Phyllonorycter sp); afidi fogliari e sui germogli (A. craccivora); infestazioni fogliari di ragnetto rosso (T. urticae).
Gli agenti di malattia (funghi, batteri ed entità infettive) che provocano: cancri rameali fungini da Nectria cinnabarina; mal bianco determinato dal fungo Erysiphe polygoni; carie fungine del legno da Fomes sp, Polyporus sp e Ganoderma sp; marciumi radicali fungini da Armillaria mellea; tracheomicosi e degenerazioni degli organi legnosi dovuti a Verticillium alboatrum; maculature necrotiche fogliari a eziologia fungina (Phyllosticta robiniae, ecc.); ruggine fogliare da Uromyces sp.
Da ricordare infine le clorosi e gli stati di sofferenza di tipo fisiologico, dovuti a condizioni pedologiche inidonee ed ai ristagni idrici prolungati.
Impatto ambientale: la Robinia in Europa è considerata una specie infestante a causa della sua velocità di crescita e del suo imponente apparato radicale che soffoca piante di specie autoctone, come la Quercia e il Castagno. La sua estrema adattabilità la fa trovare a proprio agio dai litorali ai 1000 metri delle ombrose valli submontane. Essendo inoltre dotata di elevata capacità pollonifera, la sua diffusione viene favorita dal taglio a cui la sottopongono gli agricoltori per ricavarne legname. La conseguenza è una progressiva uniformazione degli orizzonti vegetali e la perdita delle differenziazioni ambientali, oggetto di tutela soprattutto nell'Europa meridionale. La rapida diffusione di questa specie non è stata contrastata, ma sono stati apprezzati vantaggi quali la capacità di consolidare terreni vulnerabili e la sua resistenza agli incendi.
Usi: i fiori della Robinia sono apprezzati dagli insetti melliferi, soprattutto dalle api, e sono importanti per la produzione di un miele monofloro di ottima qualità, chiamato “miele di acacia”, in quanto si mantiene fluido nel tempo senza cristallizzare. I fiori sono commestibili. In particolare nella campagne del Veneto vengono consumati fritti in pastella dolce e conferiscono alla frittella un profumo soave e un sapore particolarmente squisito. Sono anche impiegati per produrre liquori e marmellate. Essiccati e mischiati ad altre essenze, vengono usati come tisana rilassante. Se ne estrae il “piperonal”, un aroma, che può essere usato come un sostituto della vaniglia. Infine, il loro olio essenziale viene usato in profumeria.
Il legno, di colore giallo verdognolo o bruno olivaceo, ad anelli ben distinti, con grana grossa, si spacca facilmente, è duro e pesante (peso specifico 0,75), ed è il legname europeo più duraturo in ambiente esterno; è inoltre un ottimo combustibile (brucia anche “verde”) con alto grado calorifero anche se ha il difetto di scoppiettare mentre brucia; viene usato per lavori di falegnameria pesante, per puntoni da miniera, per paleria (i tronchi lasciati in acqua per alcuni mesi in autunno e inverno acquisiscono una particolare tenacia), per mobili da esterno e per parquet; per la sua resistenza, è adatto alla costruzione di parti soggette a forte usura .
Corteccia e foglie, tossiche per l’uomo, sono appetite da alcuni animali che se ne cibano. Le capre ne sono ghiotte e ne consumano in quantità senza alcuna conseguenza negativa. Ha radici molto resistenti: nell'entroterra ligure e in Val Bormida, in passato le più sottili venivano utilizzate come lacci per gli scarponi. La corteccia è stata impiegata per la fabbricazione della carta e può essere utilizzata come sostituto di seta e lana. Ci si estrae anche un colorante giallo.
I semi sono molto duri e si usano per collane. Sono commestibili e, previa cottura, sono stati usati come fonti di apporto calorico nei tempi di crisi alimentare grazie al loro buon contenuto in sostanze nutrienti. Da essi si ottiene anche un olio essiccante.
Il legno, di colore giallo verdognolo o bruno olivaceo, ad anelli ben distinti, con grana grossa, si spacca facilmente, è duro e pesante (peso specifico 0,75), ed è il legname europeo più duraturo in ambiente esterno; è inoltre un ottimo combustibile (brucia anche “verde”) con alto grado calorifero anche se ha il difetto di scoppiettare mentre brucia; viene usato per lavori di falegnameria pesante, per puntoni da miniera, per paleria (i tronchi lasciati in acqua per alcuni mesi in autunno e inverno acquisiscono una particolare tenacia), per mobili da esterno e per parquet; per la sua resistenza, è adatto alla costruzione di parti soggette a forte usura .
Corteccia e foglie, tossiche per l’uomo, sono appetite da alcuni animali che se ne cibano. Le capre ne sono ghiotte e ne consumano in quantità senza alcuna conseguenza negativa. Ha radici molto resistenti: nell'entroterra ligure e in Val Bormida, in passato le più sottili venivano utilizzate come lacci per gli scarponi. La corteccia è stata impiegata per la fabbricazione della carta e può essere utilizzata come sostituto di seta e lana. Ci si estrae anche un colorante giallo.
I semi sono molto duri e si usano per collane. Sono commestibili e, previa cottura, sono stati usati come fonti di apporto calorico nei tempi di crisi alimentare grazie al loro buon contenuto in sostanze nutrienti. Da essi si ottiene anche un olio essiccante.
Bibliografia:
BANFI E., FRANCESCA CONSOLINO, Alberi (Conoscere e risconoscere tutte le specie più diffuse di alberi spontanei e ornamentali), Istituto Geografico De Agostini SpA, Novara, 2001.
BIONDI E. et al., Manuale italiano di interpretazione degli habitat della Direttiva 92/43/CEE.
BONI U., PATRI G., Scoprire, riconoscere, usare le erbe, Edizione Mondolibri SpA, Milano, 2000.
CELESTI GRAPOW L., BLASI C., ANDREIS C., BIONDI E., RAIMONDO F. M., MOSSA L. Studio comparativo sulla flora urbana in Italia. Giornale botanico italiano, 130, 4-6, 1996
FERRARI M., MEDICI D., Alberi e arbusti in Italia (Manuale di riconoscimento), Edagricole, Bologna 2001.
LAUBER K., WAGNER G., Flora Helvetica (Flore illustrée de Suisse), 2ème édition, Editions Paul Haupt, 2001.
NEGRI G., Nuovo erbario figurato (Descrizione e proprietà delle piante medicinali e velenose della flora italiana), V edizione, Ulrico Hoepli, Milano1991.
LANZARA P., PIZZETTI M., Alberi, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1977.
PIVIDORI M., GRIECO C. Evoluzione strutturale di popolamenti cedui di robinia (Robinia pseudoacacia L.) nel Canavese (Torino - Italia). Schweiz. Z.Forstwes., 154, 1, 1-7, 2003.
SALVATI R., CHIRICI G., CORONA P.Modello di valutazione dell'attitudine fisica del territorio per la realizzazione di impianti cedui da biomassa in Italia. L'Italia forestale e montana, 2007
TANI A. et al. La gestione della robinia in Toscana : la gestione dei popolamenti, l’impiego in impianti specializzati, il controllo della diffusione. DEISTAF - Università di Firenze, 2012.
TICLI B., Enciclopedia degli alberi d’Italia e d’Europa, De Vecchi Editore, Milano 2007.
VIDANO C. Insetti nemici attuali e potenziali di Robinia pseudoacacia. Apicoltore Moderno, 1983
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www.polleninfo.org
www.dryades.eu
http://vnr.unipg.it/habitat/index.jsp
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