Isatis tinctoria L.
(a cura di Giuseppe Laino)
Etimologia: l’epiteto del genere, Isatis, di origine greca, è di etimologia incerta. L’epiteto specifico è l’aggettivo latino tinctorius, -a, -um = “tintorio”, con riferimento al pigmento azzurro che si otteneva dalle foglie seccate.
Sinonimi: Isatis canescens DC., Isatis alpina Vill., Isatis taurica M. Bieb.
Nomi volgari: Glasto canuto, Glasto, Guado, Isatide canuta, Isatide tintoria (italiano). Piemonte: Guad, Guald, Pastel, Vaud (Tortona). Lombardia: Erba mora, Guaa, Ogna de gatt (Milano). Toscana: Erba guado, Glasto, Glastro, Guado, Guadone, Lutea, Tinta guada, Vado. Puglia: Cavolo fiore (Barletta); Maggio (Lecce). Sicilia: Guadu, Vadu; Caulu carammu (Etna).
Forma biologica e di crescita: emicriptofita bienne.
Tipo corologico: di origine asiatica, fu quasi certamente introdotta nell’area europea fin dal Neolitico.
Fenologia: fiore: V-VII, frutto: VIII, diaspora: IX.
Limiti altitudinali: dal piano a 2100 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese potrebbe essere stata importata dalla popolazione dei Catari stabiliti nella zona del Piemonte corrispondente all'attuale città di Chieri. È diffusa particolarmente sulle Alpi Occidentali e sulle Alpi Marittime (Valle d'Aosta, Piemonte e Liguria) e in alcune regioni del centro-nord (Toscana, Umbria e Marche) e del centro-sud (Abruzzo e Lazio). È presente anche nelle isole maggiori Sicilia e Sardegna ed è rintracciabile anche in Veneto, sia pure limitatamente alla zona della provincia di Treviso.
Habitus: erbacea biennale, con una robusta radice fittonante e fusti eretti, molto ramificati nella parte superiore, alti 40-120 cm. Nel suo primo anno di vita la pianta rimane in una fase vegetativa nella quale forma tra fine marzo e fine aprile una rosetta di foglie, ovvero un cespo basale fogliare; nel secondo anno si ha la nascita dello stelo fiorale che porta alla successiva fruttificazione. Pianta glauca, ispida nella parte inferiore, glabra in quella superiore
Foglie: le foglie basali, secche all’antesi, riunite in dense rosette, lunghe 1,5-5 cm, sono picciolate, oblungo lanceolate, intere o leggermente crenate al margine. Le cauline sono sessili, amplessicauli (abbraccianti il fusto con due orecchiette appuntite), e progressivamente più strette. Tutte le foglie sono glauche e cerose.
Fiore: l’infiorescenza è un denso racemo apicale, con numerosi fiori. Il calice è composto da 4 sepali gialli, lunghi circa 2 mm; la corolla è formata da 4 petali gialli, lunghi 3-4 mm.
Frutto: il frutto è una siliqua picciolata oblungo ellittica, pendula, arrotondata alla base, lunga circa 2 cm, 3-5 volte più lunga che larga, glauca, nera a maturità.
Semi: un solo seme per siliqua, lungo, di color nero
Polline: granuli pollinici monadi, di piccole dimensioni (10-25 mµ), sferoidali; perimetro in vista equatoriale: circolare; tricolpati; esina: reticolata, semitectata. L’impollinazione è entomofila.
Numero cromosomico: 2n = 28.
Sottospecie e/o varietà: nessuna.
Habitat ed ecologia: luoghi rocciosi e aridi, rupi, vigneti, strade, più rara nei prati poco umidi; di solito in luoghi caldi e terreni ricchi di azoto, calcarei e sciolti; è pianta rara, soltanto inselvatichita; presente con numerosi esemplari nel suo habitat.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: -
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress tolleranti (S) + Ruderali (R).
IUCN: N.A.
Farmacopea: la droga è costituita dalle foglie che si raccolgono nella tarda primavera o in estate, si essiccano all’ombra e si conservano in sacchetti di tela; esse contengono indacano, ferro, iodio, vitamine A e C, fosfati di calcio e magnesio; hanno proprietà anabolizzanti, antiscorbutiche, astringenti; sono utilizzate in infuso, succo e decotto nelle anemie con carenza di ferro, nelle gravi debilitazioni fisiche e come stimolante della crescita. Inoltre nei casi di eccessiva secrezione gastrica, nella diatesi emorragica, nell’iperuremia, nell’eccesso di succhi biliari, nelle nevrosi gastrointestinali e esternamente nelle dermatosi, sulle piaghe, sulle ferite e le ulcere torpide.
Cenni storici: il Glasto è nativo delle regioni steppiche e desertiche del Caucaso, dell’Asia Centrale, Siberia Orientale e Asia Occidentale, oggi diffuso nelle zone sudorientali e centrali dell’Europa. È stato coltivato da tempi remoti in Europa, specialmente nelle regioni occidentale e meridionale, per ricavarne l’unico colorante azzurro disponibile, e questo fino alla fine del XVI secolo quando le vie del commercio consentirono l’ingresso dell’indaco dal lontano Oriente.
Il Guado fa parte delle cosiddette piante da blu insieme al Guado cinese (Isatis indigotica F.) e Persicaria dei tintori (Polygonum tinctorium Ait.). Pianta di notevole importanza economica in passato, la cui coltivazione fu largamente praticata dall’età preistorica fino al secolo scorso (in Italia almeno dal XIII secolo fino alla seconda metà del XVIII quando la concorrenza dell'indaco asiatico e americano ne ridusse drasticamente la produzione), costituendo la più importante fonte di materia colorante azzurra. Il principio colorante, l’indacano, si estraeva dalle foglie raccolte durante il primo anno di vita, facendole seccare e quindi macerare e fermentare in acqua ottenendo una soluzione giallo verde che agitata e ossidata produce un precipitato (indigotina) e aggiungendo all’estratto acquoso del latte di calce o altri alcali. Per ossidazione dell’aria si formava il pigmento blu in tutto simile all’indaco indiano, molto stabile, utilizzato per colorare i tessuti (lana, seta, lino e juta), ma utilizzato anche in cosmetica e nella fabbricazione dei colori pittorici.
I primi ritrovamenti archeologici di semi di Glasto risalgono al Neolitico e sono stati scoperti negli scavi francesi dell’Audoste, Bocche del Rodano. Resti di semi sono stati trovati nel vasellame dell’insediamento dell’età del ferro ad Heuneburg (Germania), e sempre in Germania, nelle tombe dell’Halstatt di Hochdorf e Hohmichele sono stati rinvenuti tessuti tinti con il Glasto.
La solidità del colore è provata dagli arazzi medioevali giunti fino a noi: i verdi dell'Arazzo di Bayeux sono stati tinti con Guado sormontato sul giallo della Ginestra minore (Genista tinctoria L.) e i blu dell'Arazzo dell'Apocalisse hanno superato i secoli. Ma nel Medioevo il Glasto non veniva utilizzato soltanto per tingere i tessuti. Trovava impiego anche nelle miniature dei libri.
Il principio colorante estratto dal Glasto, l’indacano, è lo stesso che si estrae dal “vero indaco” (Indigofera tinctoria), ma ad una concentrazione più bassa. Con la scoperta europea della via della seta verso l’India, furono importati grandi quantità di indaco, creando turbolenze sociali. Furono emanate leggi in alcune parti d’Europa per proteggere l’industria del Guado dalla concorrenza commerciale dell’indaco, ritenuto perfino responsabile di far marcire i filati. Nel 1577 il governo germanico proibì ufficialmente l’uso dell’indaco, denunciandolo come sostanza perniciosa, falsa e corrosiva, “la tintura del demonio”, e una sessione della Dieta dello stesso anno proibì l’uso della “nuova tintura, chiamata tintura del diavolo”. La proibizione fu rinnovata nel 1594 e ancora nel 1603. Nei primi anni del XX secolo, con lo sviluppo di un processo chimico per sintetizzare il pigmento, sia le industrie del Glasto che quelle dell’Indaco collassarono.
L’ultima raccolta a scopo commerciale che si è avuta nel continente europeo risale al 1932, nel Lincolnshire, in Inghilterra. Il Glasto è oggi coltivato in piccole quantità nel Regno Unito e in Francia per rifornire i tintori artigianali. In Germania sono in corso tentativi di utilizzo del Glasto per prevenire la decomposizione del legno da utilizzare nei manufatti allo scopo di evitare pericolosi prodotti chimici. La produzione è in incremento nel Regno Unito per la fabbricazione di inchiostri, particolarmente per quelli destinati alle stampanti a getto di inchiostro e per la tintura dei tessuti dato che il Glasto è biodegradabile e non dannoso per l’ambiente, diversamente da molti inchiostri sintetici.
Curiosità: Giulio Cesare, nel De bello gallico, racconta che i Britanni usavano decorare i loro corpi con vitrum, parola che, che oltre a “vetro” significa anche “guado” (pianta le cui foglie macerate servono a tingere in turchino) [G. Cesare, Vitruvio Pollione et al.]. Mentre in molti assumono che vitrum o vitro (in latino anche glastum, = “guado” (pianta) [Plinio, 22, 2]) è riferito al Glasto, e questo fraintendimento è stato ripetuto probabilmente per ragioni politiche, è probabile che Giulio Cesare descrivesse un pigmento a base di rame o ferro. Gli abitanti della parte più settentrionale della Britannia erano conosciuti come Picti, che in latino significa “pitturati”, per il fatto che essi usavano dipingere o tatuare i loro corpi di blu.
L’espressione “paese della cuccagna” allude alla grande prosperità che aveva portato la coltivazione di Guado in alcune zone della Francia meridionale nel Medioevo. Le coques erano le terraglie o tazze nelle quali la tintura azzurra in forma di pasta veniva venduta. In Italia la pianta veniva soprattutto coltivata presso Nocera Umbra, nella zona intorno a Gualdo, da cui il nome volgare Guado.
Il Guado era tra i coloranti indaco utilizzati, un tempo, per la tintura della stoffa con cui venivano confezionati i pantaloni “blue-jeans”.
Bibliografia:
AICHELE D., GOLTE-BECHTLE M., Che fiore è questo? Edizione Club degli Editori, Milano.
DELLA BEFFA M.T., Fiori di campo (Conoscere, riconoscere e osservare tutte le specie di fiori selvatici più noti), Istituto Geografico De Agostini SpA, Novara, 1999.
FARAH K.O., TANAKA A. F., WEST N.E. Autecology and Population Biology of Dyers Woad (Isatis tinctoria). Weed Science, 36, 2, 186-193, 1988
FERRARI C., Guida pratica ai fiori spontanei in Italia, Edizione italiana, VI ristampa febbraio 2001, Camuzzi Editoriale SpA Milano, licenziataria di The Reader’s Digest Association, Inc.
GUARINO C., CASORIA P., MENALE B. Cultivation and use of isatis tinctoria L. (Brassicaceae) in Southern Italy Economic Botany, 54, 3, 395-400, 2000
HALBRITTER H., Isatis tinctoria. In: BUCHNER R. & WEBER M. (2000 onwards). PalDat - a palynological database: Descriptions, illustrations, identification, and information retrieval.
LAUBER K., WAGNER G., Flora Helvetica (Flore illustrée de Suisse), 2ème édition, Editions Paul Haupt, 2001.
ORSINI R., SEDDAIU G., PERUGINI M., IEZZI G., BIANCHELLI M., SERRANI L., SANTILOCCHI R. Gestione della fertilizzazione e produttività del guado (Isatis tinctoria L.) nella collina marchigiana. In: 39. Convegno della Società italiana di agronomia: atti, 20-22 settembre 2010, Roma, Italia. [S.l.], Società italiana di agronomia.
www.dryades.eu
http://www-1.unipv.it/orto1773/officinali/isatis.htm
www.paldat.org
Sinonimi: Isatis canescens DC., Isatis alpina Vill., Isatis taurica M. Bieb.
Nomi volgari: Glasto canuto, Glasto, Guado, Isatide canuta, Isatide tintoria (italiano). Piemonte: Guad, Guald, Pastel, Vaud (Tortona). Lombardia: Erba mora, Guaa, Ogna de gatt (Milano). Toscana: Erba guado, Glasto, Glastro, Guado, Guadone, Lutea, Tinta guada, Vado. Puglia: Cavolo fiore (Barletta); Maggio (Lecce). Sicilia: Guadu, Vadu; Caulu carammu (Etna).
Forma biologica e di crescita: emicriptofita bienne.
Tipo corologico: di origine asiatica, fu quasi certamente introdotta nell’area europea fin dal Neolitico.
Fenologia: fiore: V-VII, frutto: VIII, diaspora: IX.
Limiti altitudinali: dal piano a 2100 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese potrebbe essere stata importata dalla popolazione dei Catari stabiliti nella zona del Piemonte corrispondente all'attuale città di Chieri. È diffusa particolarmente sulle Alpi Occidentali e sulle Alpi Marittime (Valle d'Aosta, Piemonte e Liguria) e in alcune regioni del centro-nord (Toscana, Umbria e Marche) e del centro-sud (Abruzzo e Lazio). È presente anche nelle isole maggiori Sicilia e Sardegna ed è rintracciabile anche in Veneto, sia pure limitatamente alla zona della provincia di Treviso.
Habitus: erbacea biennale, con una robusta radice fittonante e fusti eretti, molto ramificati nella parte superiore, alti 40-120 cm. Nel suo primo anno di vita la pianta rimane in una fase vegetativa nella quale forma tra fine marzo e fine aprile una rosetta di foglie, ovvero un cespo basale fogliare; nel secondo anno si ha la nascita dello stelo fiorale che porta alla successiva fruttificazione. Pianta glauca, ispida nella parte inferiore, glabra in quella superiore
Foglie: le foglie basali, secche all’antesi, riunite in dense rosette, lunghe 1,5-5 cm, sono picciolate, oblungo lanceolate, intere o leggermente crenate al margine. Le cauline sono sessili, amplessicauli (abbraccianti il fusto con due orecchiette appuntite), e progressivamente più strette. Tutte le foglie sono glauche e cerose.
Fiore: l’infiorescenza è un denso racemo apicale, con numerosi fiori. Il calice è composto da 4 sepali gialli, lunghi circa 2 mm; la corolla è formata da 4 petali gialli, lunghi 3-4 mm.
Frutto: il frutto è una siliqua picciolata oblungo ellittica, pendula, arrotondata alla base, lunga circa 2 cm, 3-5 volte più lunga che larga, glauca, nera a maturità.
Semi: un solo seme per siliqua, lungo, di color nero
Polline: granuli pollinici monadi, di piccole dimensioni (10-25 mµ), sferoidali; perimetro in vista equatoriale: circolare; tricolpati; esina: reticolata, semitectata. L’impollinazione è entomofila.
Numero cromosomico: 2n = 28.
Sottospecie e/o varietà: nessuna.
Habitat ed ecologia: luoghi rocciosi e aridi, rupi, vigneti, strade, più rara nei prati poco umidi; di solito in luoghi caldi e terreni ricchi di azoto, calcarei e sciolti; è pianta rara, soltanto inselvatichita; presente con numerosi esemplari nel suo habitat.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: -
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress tolleranti (S) + Ruderali (R).
IUCN: N.A.
Farmacopea: la droga è costituita dalle foglie che si raccolgono nella tarda primavera o in estate, si essiccano all’ombra e si conservano in sacchetti di tela; esse contengono indacano, ferro, iodio, vitamine A e C, fosfati di calcio e magnesio; hanno proprietà anabolizzanti, antiscorbutiche, astringenti; sono utilizzate in infuso, succo e decotto nelle anemie con carenza di ferro, nelle gravi debilitazioni fisiche e come stimolante della crescita. Inoltre nei casi di eccessiva secrezione gastrica, nella diatesi emorragica, nell’iperuremia, nell’eccesso di succhi biliari, nelle nevrosi gastrointestinali e esternamente nelle dermatosi, sulle piaghe, sulle ferite e le ulcere torpide.
Cenni storici: il Glasto è nativo delle regioni steppiche e desertiche del Caucaso, dell’Asia Centrale, Siberia Orientale e Asia Occidentale, oggi diffuso nelle zone sudorientali e centrali dell’Europa. È stato coltivato da tempi remoti in Europa, specialmente nelle regioni occidentale e meridionale, per ricavarne l’unico colorante azzurro disponibile, e questo fino alla fine del XVI secolo quando le vie del commercio consentirono l’ingresso dell’indaco dal lontano Oriente.
Il Guado fa parte delle cosiddette piante da blu insieme al Guado cinese (Isatis indigotica F.) e Persicaria dei tintori (Polygonum tinctorium Ait.). Pianta di notevole importanza economica in passato, la cui coltivazione fu largamente praticata dall’età preistorica fino al secolo scorso (in Italia almeno dal XIII secolo fino alla seconda metà del XVIII quando la concorrenza dell'indaco asiatico e americano ne ridusse drasticamente la produzione), costituendo la più importante fonte di materia colorante azzurra. Il principio colorante, l’indacano, si estraeva dalle foglie raccolte durante il primo anno di vita, facendole seccare e quindi macerare e fermentare in acqua ottenendo una soluzione giallo verde che agitata e ossidata produce un precipitato (indigotina) e aggiungendo all’estratto acquoso del latte di calce o altri alcali. Per ossidazione dell’aria si formava il pigmento blu in tutto simile all’indaco indiano, molto stabile, utilizzato per colorare i tessuti (lana, seta, lino e juta), ma utilizzato anche in cosmetica e nella fabbricazione dei colori pittorici.
I primi ritrovamenti archeologici di semi di Glasto risalgono al Neolitico e sono stati scoperti negli scavi francesi dell’Audoste, Bocche del Rodano. Resti di semi sono stati trovati nel vasellame dell’insediamento dell’età del ferro ad Heuneburg (Germania), e sempre in Germania, nelle tombe dell’Halstatt di Hochdorf e Hohmichele sono stati rinvenuti tessuti tinti con il Glasto.
La solidità del colore è provata dagli arazzi medioevali giunti fino a noi: i verdi dell'Arazzo di Bayeux sono stati tinti con Guado sormontato sul giallo della Ginestra minore (Genista tinctoria L.) e i blu dell'Arazzo dell'Apocalisse hanno superato i secoli. Ma nel Medioevo il Glasto non veniva utilizzato soltanto per tingere i tessuti. Trovava impiego anche nelle miniature dei libri.
Il principio colorante estratto dal Glasto, l’indacano, è lo stesso che si estrae dal “vero indaco” (Indigofera tinctoria), ma ad una concentrazione più bassa. Con la scoperta europea della via della seta verso l’India, furono importati grandi quantità di indaco, creando turbolenze sociali. Furono emanate leggi in alcune parti d’Europa per proteggere l’industria del Guado dalla concorrenza commerciale dell’indaco, ritenuto perfino responsabile di far marcire i filati. Nel 1577 il governo germanico proibì ufficialmente l’uso dell’indaco, denunciandolo come sostanza perniciosa, falsa e corrosiva, “la tintura del demonio”, e una sessione della Dieta dello stesso anno proibì l’uso della “nuova tintura, chiamata tintura del diavolo”. La proibizione fu rinnovata nel 1594 e ancora nel 1603. Nei primi anni del XX secolo, con lo sviluppo di un processo chimico per sintetizzare il pigmento, sia le industrie del Glasto che quelle dell’Indaco collassarono.
L’ultima raccolta a scopo commerciale che si è avuta nel continente europeo risale al 1932, nel Lincolnshire, in Inghilterra. Il Glasto è oggi coltivato in piccole quantità nel Regno Unito e in Francia per rifornire i tintori artigianali. In Germania sono in corso tentativi di utilizzo del Glasto per prevenire la decomposizione del legno da utilizzare nei manufatti allo scopo di evitare pericolosi prodotti chimici. La produzione è in incremento nel Regno Unito per la fabbricazione di inchiostri, particolarmente per quelli destinati alle stampanti a getto di inchiostro e per la tintura dei tessuti dato che il Glasto è biodegradabile e non dannoso per l’ambiente, diversamente da molti inchiostri sintetici.
Curiosità: Giulio Cesare, nel De bello gallico, racconta che i Britanni usavano decorare i loro corpi con vitrum, parola che, che oltre a “vetro” significa anche “guado” (pianta le cui foglie macerate servono a tingere in turchino) [G. Cesare, Vitruvio Pollione et al.]. Mentre in molti assumono che vitrum o vitro (in latino anche glastum, = “guado” (pianta) [Plinio, 22, 2]) è riferito al Glasto, e questo fraintendimento è stato ripetuto probabilmente per ragioni politiche, è probabile che Giulio Cesare descrivesse un pigmento a base di rame o ferro. Gli abitanti della parte più settentrionale della Britannia erano conosciuti come Picti, che in latino significa “pitturati”, per il fatto che essi usavano dipingere o tatuare i loro corpi di blu.
L’espressione “paese della cuccagna” allude alla grande prosperità che aveva portato la coltivazione di Guado in alcune zone della Francia meridionale nel Medioevo. Le coques erano le terraglie o tazze nelle quali la tintura azzurra in forma di pasta veniva venduta. In Italia la pianta veniva soprattutto coltivata presso Nocera Umbra, nella zona intorno a Gualdo, da cui il nome volgare Guado.
Il Guado era tra i coloranti indaco utilizzati, un tempo, per la tintura della stoffa con cui venivano confezionati i pantaloni “blue-jeans”.
Bibliografia:
AICHELE D., GOLTE-BECHTLE M., Che fiore è questo? Edizione Club degli Editori, Milano.
DELLA BEFFA M.T., Fiori di campo (Conoscere, riconoscere e osservare tutte le specie di fiori selvatici più noti), Istituto Geografico De Agostini SpA, Novara, 1999.
FARAH K.O., TANAKA A. F., WEST N.E. Autecology and Population Biology of Dyers Woad (Isatis tinctoria). Weed Science, 36, 2, 186-193, 1988
FERRARI C., Guida pratica ai fiori spontanei in Italia, Edizione italiana, VI ristampa febbraio 2001, Camuzzi Editoriale SpA Milano, licenziataria di The Reader’s Digest Association, Inc.
GUARINO C., CASORIA P., MENALE B. Cultivation and use of isatis tinctoria L. (Brassicaceae) in Southern Italy Economic Botany, 54, 3, 395-400, 2000
HALBRITTER H., Isatis tinctoria. In: BUCHNER R. & WEBER M. (2000 onwards). PalDat - a palynological database: Descriptions, illustrations, identification, and information retrieval.
LAUBER K., WAGNER G., Flora Helvetica (Flore illustrée de Suisse), 2ème édition, Editions Paul Haupt, 2001.
ORSINI R., SEDDAIU G., PERUGINI M., IEZZI G., BIANCHELLI M., SERRANI L., SANTILOCCHI R. Gestione della fertilizzazione e produttività del guado (Isatis tinctoria L.) nella collina marchigiana. In: 39. Convegno della Società italiana di agronomia: atti, 20-22 settembre 2010, Roma, Italia. [S.l.], Società italiana di agronomia.
www.dryades.eu
http://www-1.unipv.it/orto1773/officinali/isatis.htm
www.paldat.org