Ruta graveolens L.
(a cura di Giuseppe Laino)
Etimologia: l’epiteto del genere è il nome con il quale i latini chiamavano la pianta [Cic. et al.], ma che, in senso figurato, significa anche “amarezza, acredine” [Cic., Fam., 16, 23, 2] (con allusione al sapore delle foglie); l’epiteto specifico graveolens è aggettivo latino e significa “di odore acuto, di odore cattivo” [Virgilio] (con riferimento all’odore che emana la pianta).
Sinonimi: Ruta divaricata Ten., Ruta hortensis Mill.
Nomi volgari: Ruta (italiano). Liguria: Rua, Ria. Piemonte: Aruga amera, Ridda. Lombardia: Erba roda, Midigù. Veneto: Ruga, Ruda. Emilia-Romagna: Ricola, Ruda. Marche: Rugola. Abruzzzi: Ratapuzza. Campania: Aruta. Basilicata: Rita. Puglia: Rucula. Sicilia: Aruta fetusa. Sardegna: Arruda, Orruda.
Forma biologica e di crescita: camefita suffruticosa.
Tipo corologico: Europa sudorientale
Fenologia: fiore: V-VIII, frutto: VI-IX.
Limiti altitudinali: dal piano a 1000 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese è presente, un po’ su tutto il territorio, frequente dalla Liguria e dall’alto Adriatico a tutto il Sud e alle isole; abbondantemente e facilmente coltivata negli orti da dove, qualche volta, si diffonde inselvatichendosi nei terreni circostanti.
Habitus: pianta perenne con la porzione basale e i rami inferiori lignificati; da questi ogni anno si producono i rami superiori erbacei; i fusti, alti da 30 cm a 1 m, sono semplici o ramificati nelle piante vecchie. La pianta è di un colore verde glauco e di odore caratteristico in tutte le sue parti.
Foglie: le foglie, alterne, sono bi- o tripennatosette, le inferiori hanno un lungo picciolo (2-4 cm), le superiori hanno il picciolo molto corto o sono sessili; le foglioline, oblunghe e spatolate, hanno spesso la base ristretta a cuneo, sono glabre e glauche, il colore è verde cenerino; osservate in trasparenza, le foglioline presentano dei punti traslucidi dovuti a ghiandole infossate nello spessore della foglia.
Fiore: fiori raccolti in un grande corimbo terminale, con ricettacolo allungato, munito di un grosso disco glanduloso che porta l’ovario; calice di 4-5 sepali liberi, acuti, lanceolati; corolla di altrettanti petali molto più lunghi del calice (7-10 mm), interi, foggiati a cucchiaio, gialli o verde giallastri, con margine appena dentato, si restringono alla base bruscamente in un’appendice sottile, la superficie è punteggiata da ghiandole di colore più scuro; androceo di 8-10 stami a filamenti liberi, lesiniformi, inseriti superiormente entro un foro che sta alla base delle antere ovate; gineceo con ovario supero, subgloboso, a 4-5 lobi ed altrettante logge multiovulate, sormontato da un breve stilo semplice, con stimma quasi indistinto. Alla base dello stile è presente un anello nettarifero.
Frutto: capsula subglobosa a 4-5 logge deiscenti a maturità verso l’alto lungo la sutura ventrale, con la superficie verrucosa e coperta di ghiandole resinose.
Semi: molti semi angolosi, grossolanamente reniformi, neri e rugosi.
Polline: granuli pollinici monadi, di medie dimensioni (26-50 mµ), sferoidali, con perimetro equatoriale circolare; tricolporati; esina: striato-perforata, eutectata, footlayer continuo; intina: compatta. L’impollinazione è entomofila.
Numero cromosomico: 2n = 72, 81.
Sottospecie e/o varietà: in coltivazione la varietà “Jackman’s Blue”, a portamento più accestito e più decorativo per il colore quasi azzurro delle foglie.
Habitat ed ecologia: luoghi erbosi, aridi, rupi, pendii pietrosi, soprattutto su substrato calcareo.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Scorzonero-Chrysopogonetalia.
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress tolleranti (S).
IUCN: N.A.
Farmacopea: tutte le parti della Ruta emanano un odore caratteristico forte e sgradevole; le foglie, che rappresentano la parte medicinale, vengono raccolte poco prima della fioritura e seccate rapidamente all’ombra. Contengono, nella misura dello 0,6-0,7%, un olio essenziale di colore giallo pallido e sapore amaro, mescolanza assai complessa di metilnonilchetone, acido metilnonilico, metileptilico ed i loro eteri combinati con acido acetico e valerianico, salicilato di metile, cineolo, metilnonilcarbinolo e metileptilcarbinolo; inoltre un glucoside cumarinico (rutina), sostanze resinose amare, tanniche, acido malico libero, gomme ecc. (Reutter). Il principio attivo è rappresentato dall’olio etereo, tossico, che provoca miosi, rigonfiamento della lingua, flusso salivare, gastroenterite, nefrite con ematuria, iperemia degli organi del bacino e particolarmente congestione della mucosa ed irritazione della muscolatura uterina. Quest’ultimo fenomeno ha determinato l’uso di questa pianta come emmenagogo (specialmente nella amenorrea per funzione catameniale incompleta), come antiemorragico ed antispasmodico intestinale, come sedativo dei fenomeni spastici in genere, ed infine, probabilmente a causa dei salicilici che contiene, come antireumatico; in dosi elevate la Ruta determina, in corso di gravidanza, l’aborto; per questo è stata usata illegalmente e, oltretutto, la dose abortiva è molto vicina a quella letale. Essa deve quindi essere tenuta presente anche da un punto di vista medico legale. Tutte le parti verdi della pianta, schiacciate e ridotte a cataplasma, possono servire come rubefacenti. Si prescrivono le foglie di Ruta in infuso e l’olio essenziale. L’azione farmacologica sopra descritta suggerisce molta prudenza nell’uso di questa droga; superando infatti le dosi terapeutiche, possono insorgere gravi inconvenienti ed anche un avvelenamento mortale, caratterizzato da malessere generale, stupore, vertigini, convulsioni, gastroenterite acuta. La Ruta non va assolutamente raccolta e impiegata per farne preparazioni salutari casalinghe.
La polpa e il succo della pianta possono risultare fortemente irritanti se applicati sulla pelle; la polpa si usava un tempo, a rischio di forti infiammazioni, per eliminare i porri.
Usi: per molto tempo si è creduto che la Ruta non potesse essere usata in cucina per il gusto troppo forte. Oggi invece si sa che pochissime foglioline fresche di Ruta possono aromatizzare e rendere piccanti insalate, formaggi, minestre di verdura, panini, stracotti, piatti di pesce, di uova, oli e aceti aromatici. La Ruta è inoltre usata in liquoreria per la preparazione di un particolare tipo di grappa.
L’unico impiego domestico sicuro ed efficace è quello di tenere qualche ramoscello di Ruta fresca negli ambienti infestati dai topi che non ne sopportano l’odore. Oggi è accertato che la presenza della piantina tiene lontano le vipere, sempre a causa dell’odore sgradevole.
Sinonimi: Ruta divaricata Ten., Ruta hortensis Mill.
Nomi volgari: Ruta (italiano). Liguria: Rua, Ria. Piemonte: Aruga amera, Ridda. Lombardia: Erba roda, Midigù. Veneto: Ruga, Ruda. Emilia-Romagna: Ricola, Ruda. Marche: Rugola. Abruzzzi: Ratapuzza. Campania: Aruta. Basilicata: Rita. Puglia: Rucula. Sicilia: Aruta fetusa. Sardegna: Arruda, Orruda.
Forma biologica e di crescita: camefita suffruticosa.
Tipo corologico: Europa sudorientale
Fenologia: fiore: V-VIII, frutto: VI-IX.
Limiti altitudinali: dal piano a 1000 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese è presente, un po’ su tutto il territorio, frequente dalla Liguria e dall’alto Adriatico a tutto il Sud e alle isole; abbondantemente e facilmente coltivata negli orti da dove, qualche volta, si diffonde inselvatichendosi nei terreni circostanti.
Habitus: pianta perenne con la porzione basale e i rami inferiori lignificati; da questi ogni anno si producono i rami superiori erbacei; i fusti, alti da 30 cm a 1 m, sono semplici o ramificati nelle piante vecchie. La pianta è di un colore verde glauco e di odore caratteristico in tutte le sue parti.
Foglie: le foglie, alterne, sono bi- o tripennatosette, le inferiori hanno un lungo picciolo (2-4 cm), le superiori hanno il picciolo molto corto o sono sessili; le foglioline, oblunghe e spatolate, hanno spesso la base ristretta a cuneo, sono glabre e glauche, il colore è verde cenerino; osservate in trasparenza, le foglioline presentano dei punti traslucidi dovuti a ghiandole infossate nello spessore della foglia.
Fiore: fiori raccolti in un grande corimbo terminale, con ricettacolo allungato, munito di un grosso disco glanduloso che porta l’ovario; calice di 4-5 sepali liberi, acuti, lanceolati; corolla di altrettanti petali molto più lunghi del calice (7-10 mm), interi, foggiati a cucchiaio, gialli o verde giallastri, con margine appena dentato, si restringono alla base bruscamente in un’appendice sottile, la superficie è punteggiata da ghiandole di colore più scuro; androceo di 8-10 stami a filamenti liberi, lesiniformi, inseriti superiormente entro un foro che sta alla base delle antere ovate; gineceo con ovario supero, subgloboso, a 4-5 lobi ed altrettante logge multiovulate, sormontato da un breve stilo semplice, con stimma quasi indistinto. Alla base dello stile è presente un anello nettarifero.
Frutto: capsula subglobosa a 4-5 logge deiscenti a maturità verso l’alto lungo la sutura ventrale, con la superficie verrucosa e coperta di ghiandole resinose.
Semi: molti semi angolosi, grossolanamente reniformi, neri e rugosi.
Polline: granuli pollinici monadi, di medie dimensioni (26-50 mµ), sferoidali, con perimetro equatoriale circolare; tricolporati; esina: striato-perforata, eutectata, footlayer continuo; intina: compatta. L’impollinazione è entomofila.
Numero cromosomico: 2n = 72, 81.
Sottospecie e/o varietà: in coltivazione la varietà “Jackman’s Blue”, a portamento più accestito e più decorativo per il colore quasi azzurro delle foglie.
Habitat ed ecologia: luoghi erbosi, aridi, rupi, pendii pietrosi, soprattutto su substrato calcareo.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Scorzonero-Chrysopogonetalia.
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress tolleranti (S).
IUCN: N.A.
Farmacopea: tutte le parti della Ruta emanano un odore caratteristico forte e sgradevole; le foglie, che rappresentano la parte medicinale, vengono raccolte poco prima della fioritura e seccate rapidamente all’ombra. Contengono, nella misura dello 0,6-0,7%, un olio essenziale di colore giallo pallido e sapore amaro, mescolanza assai complessa di metilnonilchetone, acido metilnonilico, metileptilico ed i loro eteri combinati con acido acetico e valerianico, salicilato di metile, cineolo, metilnonilcarbinolo e metileptilcarbinolo; inoltre un glucoside cumarinico (rutina), sostanze resinose amare, tanniche, acido malico libero, gomme ecc. (Reutter). Il principio attivo è rappresentato dall’olio etereo, tossico, che provoca miosi, rigonfiamento della lingua, flusso salivare, gastroenterite, nefrite con ematuria, iperemia degli organi del bacino e particolarmente congestione della mucosa ed irritazione della muscolatura uterina. Quest’ultimo fenomeno ha determinato l’uso di questa pianta come emmenagogo (specialmente nella amenorrea per funzione catameniale incompleta), come antiemorragico ed antispasmodico intestinale, come sedativo dei fenomeni spastici in genere, ed infine, probabilmente a causa dei salicilici che contiene, come antireumatico; in dosi elevate la Ruta determina, in corso di gravidanza, l’aborto; per questo è stata usata illegalmente e, oltretutto, la dose abortiva è molto vicina a quella letale. Essa deve quindi essere tenuta presente anche da un punto di vista medico legale. Tutte le parti verdi della pianta, schiacciate e ridotte a cataplasma, possono servire come rubefacenti. Si prescrivono le foglie di Ruta in infuso e l’olio essenziale. L’azione farmacologica sopra descritta suggerisce molta prudenza nell’uso di questa droga; superando infatti le dosi terapeutiche, possono insorgere gravi inconvenienti ed anche un avvelenamento mortale, caratterizzato da malessere generale, stupore, vertigini, convulsioni, gastroenterite acuta. La Ruta non va assolutamente raccolta e impiegata per farne preparazioni salutari casalinghe.
La polpa e il succo della pianta possono risultare fortemente irritanti se applicati sulla pelle; la polpa si usava un tempo, a rischio di forti infiammazioni, per eliminare i porri.
Usi: per molto tempo si è creduto che la Ruta non potesse essere usata in cucina per il gusto troppo forte. Oggi invece si sa che pochissime foglioline fresche di Ruta possono aromatizzare e rendere piccanti insalate, formaggi, minestre di verdura, panini, stracotti, piatti di pesce, di uova, oli e aceti aromatici. La Ruta è inoltre usata in liquoreria per la preparazione di un particolare tipo di grappa.
L’unico impiego domestico sicuro ed efficace è quello di tenere qualche ramoscello di Ruta fresca negli ambienti infestati dai topi che non ne sopportano l’odore. Oggi è accertato che la presenza della piantina tiene lontano le vipere, sempre a causa dell’odore sgradevole.
Curiosità: la medicina scientifica contemporanea ha confermato nel campo della fisiologia vegetale l’azione inibitrice della crescita delle radici, dei germogli e della germinazione dei semi posseduta da alcune sostanze estratte dalla Ruta: le furocumarine. In virtù di queste ultime la pianta è quindi in grado di bloccare la vita vegetale. Una chiara conferma a quanto aveva sostenuto Dioscoride più di duemila anni orsono.
In epoca preromana la Ruta veniva utilizzata come anticoncezionale naturale. La pratica della “prostituzione sacra”, molto diffusa in passato, trovava nella Ruta l’anticoncezionale vegetale principe. In Italia le “sacerdotesse” dei porti-santuari di Pyrgi (Santa Severa - Cerveteri) e di Centocamere (Locri) non restavano gravide poiché si riteneva che la corsa sfrenata degli spermatozoi risultasse vana. Nel Medioevo la Ruta è rimasta tristemente famosa per la pratica abortiva che spesso comportava anche la morte della gestante.
In epoca preromana la Ruta veniva utilizzata come anticoncezionale naturale. La pratica della “prostituzione sacra”, molto diffusa in passato, trovava nella Ruta l’anticoncezionale vegetale principe. In Italia le “sacerdotesse” dei porti-santuari di Pyrgi (Santa Severa - Cerveteri) e di Centocamere (Locri) non restavano gravide poiché si riteneva che la corsa sfrenata degli spermatozoi risultasse vana. Nel Medioevo la Ruta è rimasta tristemente famosa per la pratica abortiva che spesso comportava anche la morte della gestante.
Ippocrate e Teofrasto chiamavano la Ruta con il nome di Peganon e le attribuivano svariate proprietà farmacologiche: inibizione della germinazione dei semi e della crescita serpentina e sotteranea delle radici, azione contraccettiva, azione afrodisiaca nell’uomo, azione ossitocica ed abortiva nella donna, miglioramento dell’astenia visiva, azione vermifuga.
Plinio il Vecchio (Gaio Plinio Secondo, Naturalis historia, XX, 132-133) riferiva che era un medicamento contro i morsi dei serpenti «se si pensa che le donnole, quando si accingono a combattere con quei rettili, mangiano Ruta appunto per proteggersi. La Ruta agisce anche contro le punture di scorpione e di ragno, di ape, di calabrone e di vespa, contro la cantaride e la salamandra e il morso dei cani rabbiosi. Se ne beve il succo con il vino in dose di un acetabolo [recipiente per l’aceto ma anche misura di capacità pari a litri 0,068], e si applicano le foglie tritate, oppure masticate, in impacco di miele e sale, oppure bollite con aceto e pepe. Si dice che coloro che si sono cosparsi di succo e anche coloro che portano su di sé la ruta non vengono aggrediti da questi animali dannosi,e che i serpenti, se si brucia la Ruta, ne fuggano le esalazioni».
Nel Medioevo la Scuola Medica Salernitana affermava: «Giova la ruta agli occhi, fa la vista assai acuta, e scaccia la caligine. Nell’uom Venere affredda e nella donna assai l’accende, e fa l’ingegno astuto. E affinché non vi dian le pulci tedio ella, o donne, è ottimo rimedio».
Della sua fama di medicamento contro veleni e serpenti testimonia anche un emblema rinascimentale, riportato da Cesare Ripa (Iconologia, ampliata da Gioacchino Zaratino Castellini, Venezia, 1669, pp. 147-148), “Difesa contro i nemici malefici e venefici” dove una donnola porta in bocca un ramo di Ruta.
Plinio il Vecchio (Gaio Plinio Secondo, Naturalis historia, XX, 132-133) riferiva che era un medicamento contro i morsi dei serpenti «se si pensa che le donnole, quando si accingono a combattere con quei rettili, mangiano Ruta appunto per proteggersi. La Ruta agisce anche contro le punture di scorpione e di ragno, di ape, di calabrone e di vespa, contro la cantaride e la salamandra e il morso dei cani rabbiosi. Se ne beve il succo con il vino in dose di un acetabolo [recipiente per l’aceto ma anche misura di capacità pari a litri 0,068], e si applicano le foglie tritate, oppure masticate, in impacco di miele e sale, oppure bollite con aceto e pepe. Si dice che coloro che si sono cosparsi di succo e anche coloro che portano su di sé la ruta non vengono aggrediti da questi animali dannosi,e che i serpenti, se si brucia la Ruta, ne fuggano le esalazioni».
Nel Medioevo la Scuola Medica Salernitana affermava: «Giova la ruta agli occhi, fa la vista assai acuta, e scaccia la caligine. Nell’uom Venere affredda e nella donna assai l’accende, e fa l’ingegno astuto. E affinché non vi dian le pulci tedio ella, o donne, è ottimo rimedio».
Della sua fama di medicamento contro veleni e serpenti testimonia anche un emblema rinascimentale, riportato da Cesare Ripa (Iconologia, ampliata da Gioacchino Zaratino Castellini, Venezia, 1669, pp. 147-148), “Difesa contro i nemici malefici e venefici” dove una donnola porta in bocca un ramo di Ruta.
Credenze: la Ruta era un tempo ritenuta un talismano contro la paura; si metteva in tasca, appunto, quando si dovevano affrontare situazioni di paura. Negli Abruzzi la si considerava un amuleto contro le streghe: se ne cucivano le foglie, preferibilmente quelle su cui una farfalla aveva depositato le uova, in un borsellino da celare in seno. La si consigliava anche contro il malocchio, come credevano le popolane in Toscana.
Fra le erbe caccia diavoli usate a San Giovanni la Ruta ha una funzione importantissima, pari all’aglio e all’artemisia. Nel Rinascimento venne infatti chiamata “herba de fuga demonis”. Già Aristotele ne raccomandava l’uso contro gli spiriti e gli incantesimi. Nel Medioevo si ponevano corone di ruta sulle tombe per allontanare gli spiriti maligni, e fino al XVIII secolo veniva utilizzata nelle pratiche esorcistiche.
Molto popolare in passato nelle campagne, alla Ruta le donne attribuivano svariate virtù magiche. Credevano che facilitasse i parti e aumentasse la libido, tant’è vero che un detto sosteneva che “Ruta libidinem in viris extinguit, auget in foeminis” (la Ruta estingue la libido negli uomini, l’aumenta nelle donne, come aveva già spiegato la Scuola Salernitana). La si raccomandava anche contro l’epilessia e la vertigine: bastava appenderla al collo pronunciando una formula con la quale si rinunciava al diavolo e s’invocava Gesù, formula che denuncia un processo di cristianizzazione di usanze pagane. Era pure efficace contro il mutismo causato da qualche incantesimo. In Monferrato veniva chiamata spesso “erba alegra” ed era considerata un toccasana contro l’ipocondria. A Venezia la si reputava un portafortuna per gli abitanti di una casa in cui cresceva.
Bibliografia:
BONI U., PATRI G., Scoprire, riconoscere, usare le erbe, Edizione Mondolibri SpA, Milano, 2000.
HALBRITTER H., WEBER M., Ruta graveolens. In: BUCHNER R. & WEBER M. (2000 onwards). PalDat - a palynological database: Descriptions, illustrations, identification, and information retrieval.
LAUBER K., WAGNER G., Flora Helvetica (Flore illustrée de Suisse), 2ème édition, Editions Paul Haupt, 2001.
NEGRI G., Nuovo erbario figurato (Descrizione e proprietà delle piante medicinali e velenose della flora italiana), V edizione, Ulrico Hoepli, Milano1991.
www.paldat.org
Molto popolare in passato nelle campagne, alla Ruta le donne attribuivano svariate virtù magiche. Credevano che facilitasse i parti e aumentasse la libido, tant’è vero che un detto sosteneva che “Ruta libidinem in viris extinguit, auget in foeminis” (la Ruta estingue la libido negli uomini, l’aumenta nelle donne, come aveva già spiegato la Scuola Salernitana). La si raccomandava anche contro l’epilessia e la vertigine: bastava appenderla al collo pronunciando una formula con la quale si rinunciava al diavolo e s’invocava Gesù, formula che denuncia un processo di cristianizzazione di usanze pagane. Era pure efficace contro il mutismo causato da qualche incantesimo. In Monferrato veniva chiamata spesso “erba alegra” ed era considerata un toccasana contro l’ipocondria. A Venezia la si reputava un portafortuna per gli abitanti di una casa in cui cresceva.
Bibliografia:
BONI U., PATRI G., Scoprire, riconoscere, usare le erbe, Edizione Mondolibri SpA, Milano, 2000.
HALBRITTER H., WEBER M., Ruta graveolens. In: BUCHNER R. & WEBER M. (2000 onwards). PalDat - a palynological database: Descriptions, illustrations, identification, and information retrieval.
LAUBER K., WAGNER G., Flora Helvetica (Flore illustrée de Suisse), 2ème édition, Editions Paul Haupt, 2001.
NEGRI G., Nuovo erbario figurato (Descrizione e proprietà delle piante medicinali e velenose della flora italiana), V edizione, Ulrico Hoepli, Milano1991.
www.paldat.org