Pistacia lentiscus L.

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Anacardiaceae - Pistacia lentiscus L.; Pignatti 1982: n. 2152; Pistacia lentiscus L.
Plant List: accettato
Famiglia, nome latino per esteso Pistacia lentiscus L.
(a cura di Giuseppe Laino)

Etimologia: il binomio di questa specie è stato creato da Linneo nel 1753, utilizzando per l’epiteto del genere il nome pistacia, -ae, f. = “pistacchio” (albero) [Palladio], con il quale i Romani indicavano la specie Pistacia vera L. e che sembra derivato, attraverso l’arabo fustaq, dal persiano pesteh (termine onomatopeico che richiama il suono prodotto dal guscio del frutto che maturando si apre all’improvviso emettendo un pis-tak) e poi ancora attraverso il greco pistáke, usato da Nicandro nel 200 a.C. e certamente da Dioscoride. Il nome specifico lentiscus, -i, f = “lentischio (albero) [Cicerone] è lo stesso nome latino con il quale i Romani indicavano questa specie.
Sinonimi: nessuno.
Nomi volgari: Lentisco, Pistacchio lentisco, Sondro, Stinco (italiano). Liguria: Ben, Prinesse, Scortegabeccu (Porto Maurizio); Carubba sarvaega, Fisteccu sarvaegu, Lentiscu, Murta (Genova); Galletti, Murtante, Murtascu (Chiavari); Murtin (Noli). Piemonte: Bosch da calliè (Torino). Lombardia: Lentis (Bergamo). Emilia-Romagna: Mortella salvatica. Toscana: Dentischio, Dentisco, Lentischio, Lentisco, Sonnolo; Mortella salvatica (Scandicci); Sondro (Volterra); Sontro (Pisa). Marche: Mortella. Abruzzi: Lentiso (L’Aquila); Schino, Scino, Stigi, Stingio (Teramo), Stincio (Campobasso). Campania: Restinco, Scorapo (Terra di Lavoro); Stincia (Avellino). Puglia: Lestinci (Lecce); Stigno, Stingio (Barletta). Basilicata: Lestingo, Macchia, Stinge (Potenza). Calabria: Lintiscu, Scinu, Stigno, Stincu; Agromato, Scinari, Stingo (Reggio); Agrosaja (Palmi); Scinidi (Bova). Sicilia: Listincu, Stincu. Sardegna: Chessa, Hessa (Olzai); Lestincanu, Lestincu, Listincu, Lostincu, Lustinchina, Moddizzi, Moddizzia, Stincu (Nuoro); Listinchine (Bosa).
Forma biologica e di crescita: nanofanerofita cespitosa.
Tipo corologico: steno-mediterraneo. Specie con areale limitato alle coste mediterranee (area dell'Olivo): diffusa dal Marocco alla Penisola iberica ad ovest attraverso il sud della Francia per spingersi verso est, attraverso l’Italia, la Penisola balcanica, in Grecia, Turchia e Israele. È anche presente nelle Isole Canarie.
Fenologia: fiore: III-V, frutto: XI-XII, diaspora: XII.
Limiti altitudinali: dal mare a 700 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese è diffuso sui litorali delle coste tirreniche centro meridionali, in Liguria e nelle isole. Sul versante adriatico occidentale non si spinge, verso nord, oltre Ancona. In quello orientale risale molto più a nord arrivando a tutta la costa dell'Istria.
Habitus: pianta legnosa, a portamento cespuglioso, raramente arboreo, alto in genere 3-4 m (in casi eccezionali, come in Sardegna, raggiunge dimensioni di un albero di 10 m, vedi oltre). La chioma è generalmente densa per la fitta ramificazione, glaucescente, di forma globosa. Tutta la pianta emana un forte e gradevole odore di resina. Il tronco è irregolare, a volte quasi strisciante, con corteccia grigio cinerina che, invecchiando, tende a desquamarsi.
Foglie: le foglie persistenti, con inserzione alterna su rametti lisci e brunastri, composte, sono paripennate, di norma con (4-)8-10(-12) foglioline; la foglia possiede un asse centrale (rachide) e un picciolo caratterizzati da un rilievo centrale e da espansioni laminari laterali nella parte superiore; le foglioline, ovali ellittiche, lunghe 3,5 cm e larghe 8 mm, sono coriacee, sessili, con la pagina superiore verde scura e lucente, mentre la pagina inferiore è più chiara e opaca; il margine è intero, l’apice ottuso spesso terminato da una piccola punta (mucrone); la nervatura è penninervia e bene evidente.
Fiore:
fiori dioici, bruno rossicci, brevemente pedicellati, raccolti in racemi spiciformi, densi, solitari od appaiati all’ascella di una foglia ed uguaglianti in lunghezza una fogliolina. Fiori maschili bratteati, con calice diviso in 5 lobi triangolari, corolla assente; stami 5, con filamenti più brevi delle antere, inseriti in fondo al calice su di un sottile disco anulare e saldati alla base; antere tetragone, biloculari, porporine. Fiori femminili bibratteati, con calice pentapartito e corolla assente, ovario libero, unicarpellare, uniloculare, uniovulato, stilo brevissimo, con 3 stimmi spatolati, papillosi e ricurvi in fuori.
Frutto:
l’infruttescenza è formata da piccole drupe poco carnose, ovoidi e subglobose, apiculate superiormente, di 5 mm di diametro, brevemente peduncolate, inizialmente di colore rossastro poi nere a maturazione.
Semi:
nocciolo ovoide, bruno chiaro, del diametro di circa 3 mm, leggermente ristretto alla sommità.
Polline: granuli pollinici circolari o ellittici in maggioranza con perimetro irregolare; dimensioni: 30,4 (27-33) mµ x 33,4 (30-35) mµ; aperture: granuli periporati (pantoporati) con pori di numero variabile (generalmente 5-7) distribuiti irregolarmente; pori più o meno ellittici con perimetro indistinto, membrana dei pori coperta con residui di esina; esina spessa circa 1 mµ, finemente reticolata; reticolo spesso invisibile a un ingrandimento di x400; intina spessa circa 1-1,5 mµ, sporgente ai pori, formante a volte chiazze di germinazione piatte al di sotto del pori; citoplasma granulare con leucoplasti. L’impollinazione è anemofila.
Numero cromosomico: 2n = 24 .
Sottospecie e/o varietà: nessuna.
Habitat ed ecologia: tipica essenza della regione mediterranea, si trova nei boschi delle regioni vicino al mare, raramente penetra all’interno e soltanto nei luoghi rocciosi più caldi. Si può consociare naturalmente con Olivo (Olea europaea L.), Carrubo (Ceratonia siliqua L.), Terebinto (Pistacia terebinthus L.), Corbezzolo (Arbutus unedo L.), Mirto (Myrtus communis L.) ecc. e tende a sostituire i lecceti (Quercus ilex L.) nelle fasce climatiche più calde e aride; più sporadica è la sua presenza nella macchia mediterranea e nella gariga. È una pianta eliofila, termofila e xerofila, resiste bene a condizioni prolungate di aridità, mentre teme il freddo e le gelate, per questo motivo vegeta solo lungo i litorali; non ha particolari esigenze pedologiche, pur preferendo i terreni sabbiosi. Grazie alla sua frugalità e ad una discreta resistenza agli incendi è piuttosto frequente anche nei pascoli a cespuglieti e nelle aree più degradate residue della macchia.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: la zona fitoclimatica di vegetazione è il Lauretum. È uno degli arbusti più diffusi e rappresentativi dell'Oleo-ceratonion..
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress tolleranti (S).
IUCN: N.A..
Farmacopea:
la droga (detta mastica, parola che deriva dal greco mastichein = “digrignare (i denti)” o massein = “masticare”) è costituita dal secreto che sgorga dall’incisione praticata sul tronco e sui rami e che si coagula in lacrime sferoidali, raramente agglutinate fra di loro, fragili, vetrose, a frattura concoide, diafane e di colore giallo vivo, ma superficialmente come polverose, di odore balsamico che ricorda quello della trementina (anche il sapore è balsamico, acre ed amaro), e che si rammolliscono in bocca quando masticate assumendo un aspetto gommoso e un colore bianco brillante opaco; fondono rapidamente quando esposte al fuoco. Contiene una essenza incolore, ricca di tannino, ed un principio amaro caratteristico (masticina), masticoresina ed acido masticico; si usa in pillole come espettorante ed è stato usato, perché sembra agisca anche come tonico ed astringente, nella cura delle diarree infantili.
È più nota però come masticatorio (gomma da masticare o chewing-gum) ed entra nella composizione di numerosi gengivari e mastici dentari; in odontotecnica è un componente di paste per le otturazioni e mastici per le dentiere, associata ad etere, essenza di garofani, canfora, sandracca, balsamo peruviano ecc. È utilizzata come ingrediente primario nella fabbricazione di prodotti cosmetici quali dentifrici, lozioni per capelli, per la pelle e per profumi.
La resina è detta mastice di Chio (vedi oltre) e in diverse lingue è indicata con il termine di mastice. Veniva usata in passato, pura, come gomma da masticare per la sua azione benefica sul cavo orale (rassodante delle gengive e purificante dell'alito).
In anni recenti, ricerche a livello universitario hanno dato prove scientifiche delle proprietà medicinali della
mastica. Uno studio del 1985 condotto dalle università di Tessalonica e di Meika ha evidenziato che essa è in grado di ridurre la placca batterica sui denti del 41,5%. Un altro studio del 1998 condotto dall’università di Atene ha dimostrato che l’olio essenziale del Lentisco possiede proprietà antibatteriche e antifungine. Un altro studio condotto nel 1998 dall’università di Nottingham pubblicato dal New England Journal of Medicine ha dimostrato che la mastica può guarire ulcere peptiche uccidendo l’Helicobacter pylori responsabile di ulcere peptiche, gastriti e duodeniti. Però alcuni studi in vivo hanno dimostrato che la mastica non ha effetto sull’Helicobater pylori quando è utilizzata per brevi periodi. Comunque uno studio ancora più recente ed estensivo ha dimostrato che essa ha ridotto le popolazioni di Helicobacter pylori con un uso prolungato dopo che è stata privata da un suo costituente, il polimer(poli-β-mircene), insolubile e gommoso. Una ulteriore analisi ha mostrato che la frazione di acido è stato l’estratto antibatterico più attivo mentre l’acido isomasticadienolico è risultato il componente puro più attivo.
Usi: il legno, chiaro con sfumature rossastre al centro, è pregiato ed è utilizzato per piccoli lavori di artigianato (intarsio); in passato è stato utilizzato per produrre carbone; è inoltre ottimo come legna da ardere e ancora oggi apprezzato per alimentare i forni a legna delle pizzerie in quanto la sua combustione permette di raggiungere in tempi rapidi alte temperature.
Al Lentisco vengono riconosciute proprietà pedogenetiche ed è ritenuta una specie miglioratrice del terreno. Il terriccio presente sotto i cespugli di questa specie è considerato un buon substrato per il giardinaggio. Per questi motivi il Lentisco è ritenuto importante, dal punto ecologico, per il recupero e l'evoluzione di aree degradate.
Ancora oggi come per il passato, con la resina sciolta nella trementina purissima, si prepara una vernice per impieghi artistici (pittura a olio e/o a tempera) sia per mescolare colori sia, soprattutto, per restauri neutri su dipinti antichi. Le sue caratteristiche ne consentono infatti l'asportazione senza danno alcuno.
Oggi il Lentisco è coltivato principalmente nelle isole meridionali greche di Chio, nel mare Egeo; la resina che se ne ottiene è nota anche con il nome di “mastice di Chio” (
mastiche in greco) o “Lacrime di Chio”. La produzione è controllata da cooperative dei villaggi medievali, collettivamente note con il nome di mastichochoria e il prodotto è protetto dall’Unione europea con la denominazione di origine protetta (DOP) e dalla indicazione geografica protetta (IGP) e ciò perché, nonostante il Lentisco sia originario della regione mediterranea, soltanto il Lentisco coltivato nelle isole di Chio “lacrima” sufficientemente quando la corteccia dei suoi rami principali viene incisa. Da ogni pianta si possono ottenere annualmente circa 5 kg di resina che viene raccolta durante i mesi estivi tra giugno e settembre. Dopo la raccolta viene lavata manualmente e distesa al sole ad asciugare. È considerata una spezia relativamente costosa usata principalmente come gomma da masticare (da almeno 2.400 anni).
Come spezia, la resina continua ad essere usata in Grecia per aromatizzare spiriti, vini (vini resinati) e liquori (come la bevanda locale di Chio Mastichato & mastica), gomme da masticare e numerosi prodotti di pasticceria. A volte è impiegata anche nella fabbricazione di formaggi. Essa è anche un ingrediente chiave nella dondurma (un gelato turco), come lo è per i budini turchi che con essa assumono una inusuale consistenza e una bianchezza brillante. In Libano ed in Egitto la resina è utilizzata per aromatizzare molte salse, vivande, dessert, mentre in Marocco con il fumo della resina si aromatizza l’acqua.
La resina del Lentisco è un ingrediente importante per celebrare il festival del pane in Grecia, per ottenere per esempio il pane dolce
tsoureki e la tradizionale vasilopita per festeggiare il Capodanno. Inoltre, è essenziale per ottenere il myron, l’olio santo utilizzato dalla chiesa ortodossa per la cresima.
Il Lentisco è adatto come componente di giardini mediterranei e giardini rocciosi. Data la sua buona resistenza alle potature drastiche si adatta anche alla costituzione di siepi geometriche dal momento che la ramificazione fitta, la vegetazione densa e le ridotte dimensioni delle foglioline si prestano a questo scopo.
Avversità: le avversità a cui il Lentisco è maggiormente soggetto sono: i parassiti animali che provocano infestazioni di cocciniglie sui rami e sulle foglie (Aonidiella aurantii, Aspidiotus hederae, Parlatoria sp); agenti di malattia (funghi, batteri ed entità infettive) quali: maculature fogliari ad eziologia fungina (Phyllosticta lentisci); marciumi radicali fungini da Armillaria mellea; necrosi rameali dovute al fungo Botryodiplodia pistaciae; maculature fogliari determinate dal fungo Septoria pistaciae.
Impatto ambientale: attualmente i rami sono usati massicciamente dai fioristi come verde ornamentale con la conseguenza che tale uso, soddisfatto con tagli indiscriminati senza alcun controllo da parte degli organi preposti, sta provocando seri danni ai boschi dell'Albania, della Tunisia e del sud Italia. Per cercare di ovviare alla distruzione dell'habitat si è iniziato a coltivarlo, in Italia, con i primi impianti nella zona di Latina.
Alberi monumentali: dal censimento eseguito dal Corpo forestale dello Stato nel 1982, due esemplari arborei di Lentisco di notevoli dimensioni sono stati rilevati in Sardegna, in provincia di Sassari, uno in comune di Luogosanto, località Lu Rimedio, alto 10 m con circonferenza di 1,6 m e l’altro nel comune di Luras, località Li Espe, alto 9 m con una circonferenza di 4,8 m.
Curiosità: sin dall'antichità, da Dioscoride a Ippocrate a Galeno, erano apprezzate le molteplici proprietà del Lentisco; Dioscoride, fisico e botanico greco, ne decanta le proprietà nel suo trattato De materia medica. Alcuni secoli dopo Markellos Empeirikos e Pavolos Eginitis illustrarono gli effetti della resina sull’apparato digerente. Il maggior quantitativo di resina proveniva dal Medio Oriente, dove era tenuta in grande considerazione. È l'antesignano dell'odierna gomma da masticare ben nota ai Romani. Nel Medioevo era altamente apprezzata nell’harem del sultano (masticare gomma era un suo privilegio) sia come rinfrescante dell’alito che per uso cosmetico. L’uso della resina si diffuse quando Chio divenne parte dell’Impero ottomano e da allora è rimasto popolare in Nordafrica e nel Vicino Oriente.
In passato i frutti venivano sottoposti a bollitura e a spremitura per estrarre un
olio impiegato come combustibile per l'illuminazione e come succedaneo dell'olio d'oliva per l'alimentazione, di sapore amaro. In Sardegna l'olio di Lentisco (oll'e stincu) è stato fino al XX secolo il grasso alimentare vegetale succedaneo dell'olio d'oliva e dell'olio di olivastro. L'olio d'oliva di una certa qualità era infatti destinato alle mense dei ricchi e per le occasioni particolari, mentre gran parte dell'olio prodotto, essendo di scarsa qualità, era utilizzato prevalentemente per alimentare le lampade. L'olio di Lentisco era forse apprezzato per le sue spiccate proprietà aromatiche, di gran lunga superiori a quelle dell'olio per illuminazione, ma in ogni modo si trattava di un alimento destinato alle mense dei poveri, a cui si faceva largo ricorso in periodi di carestia e in occasioni di scarso raccolto dagli olivi e dagli olivastri.
La tradizione dell'olio di Lentisco come grasso alimentare si è persa nella metà del XX secolo allorché nel secondo dopoguerra si è avuta una maggiore diffusione prima dell'
olio d'oliva e poi degli oli di semi. In seguito l'olio di Lentisco ha avuto utilizzazioni sporadiche come prodotto di nicchia o per scopi folcloristici. L'uso dei frantoi oleari per estrarre l'olio di Lentisco è sconsigliabile in quanto le proprietà organolettiche dell'olio d'oliva estratto in lavorazioni successive sono inquinate da quelle aromatiche del lentisco.
Le foglie, ricche di
tannini, venivano usate per la concia delle pelli.
Il Lentisco nell’antichità classica: il Lentisco era consacrato in Grecia a Dictymma, una ninfa di Artemide, che amava adornarsene: lo stesso facevano le vergini elleniche imitandola. Per questo motivo ha evocato i simboli della Purezza e della Verginità.
Plinio (Gaio Plinio Secondo, Naturalis historia, XXIV, 28) scriveva che «sia le drupe, sia la scorza e la linfa del Lentischio sono diuretiche e arrestano il flusso di ventre mentre il loro decotto cura le ulcere serpiginose. Le si impiastra anche sulle ulcere sierose e contro il fuoco sacro, e funzionano da collutorio per le gengive […] La linfa giova alle malattie dell’ano e per le affezioni nelle quali sia necessario riscaldare e prosciugare una zona del corpo. Per lo stomaco si usa il decotto della linfa, poiché fa ruttare ed è diuretico; dallo stesso si ottiene anche un impiastro con farina d’orzo contro il mal di capo. Il mastice del Lentisco è usato per rovesciare le palpebre e distendere la cute facciale, per fabbricare paste detergenti, contro l’emoptisia, la tosse cronica e tutte le affezioni su cui agisce anche l’ipocistide. Il Lentisco cura inoltre le escoriazioni sia in impiastro fatto con l’olio dei suoi frutti mescolato alla cera, sia con il decotto delle foglie in olio, sia con questi stessi scaldati nell’acqua». Oggi però sappiamo che l’uso del Lentisco per uso interno può provocare intossicazioni e fenomeni di intolleranza.
Le bacche del Lentisco venivano conservate in epoca romana per aromatizzare le carni. Nel libro di cucina di Apicio si legge che venivano usate in insalata insieme con altre erbe di prato o come mangime per gli uccelli.
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Distribuzione


■ autoctona ■ alloctona ■ incerta ■ scomparsa ■ assente

Caratteristiche

Relazioni con l'uomo
[ C ] C: specie di interesse alimentare e/o aromatico
[ O ] O: specie di interesse farmaceutico-officinale
Biologia riproduttiva

DI (dioica): specie con individui maschili ed individui femminili.

[ AP - BC ] AP (anemofilia): Il polline è disperso dalle correnti aeree e può avere un volo breve (piante erbacee) o lungo (alberi); BC (barocoria): I semi relativamente pesanti, da soli o dentro i frutti, cadono per gravità a maturità o dopo un periodo di postmaturazione.

Indici di Ellenberg

Salinità: 0

L: 10; T: 10; C: 5; U: 2; R: n.d.; N: 2;

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