Cornus mas L.
(a cura di Giuseppe Laino)
Etimologia: l’epiteto del genere conserva la sua origine latina; cornus indica il “corno di animali” ma anche il “bastoncino” cui si avvolgeva il libro dei Romani [Lygd.] fatto con il legno della pianta; l’epiteto specifico mas = “maschio, di genere maschile” [Cic., Ov.,] ma anche in senso figurato “virile, coraggioso” [Hor., Cic.] (quindi forte, robusto, con allusione alla durezza del legno in contrapposizione a quello più dolce e fragile del “Cornus foemina” di Plinio: Cornus sanguinea L., Sanguinello).
Sinonimi: Cornus erythrocarpa St.-Lag., Cornus nudiflora Dum., Cornus mascula L., Cornus vernalis Salis., Cornus praecox Stok.
Nomi volgari: Corniolo, Corniolo maschio, Corniolo rosso (italiano). Liguria: Cornae (Pontedecimo); Corniolu, Corniò (Genova); Corniosa, Cornà (Porto Maurizio); Cunà (Quinto); Curnaria (Bardineto); Curnà (Ponti di Nava); Merasso (Dolcedo). Piemonte: Cornaj, Cornajià, Cornalè, Cournalina; Cornar, Cornarin, Cournaja, Cournà (Torino); Cornaria (Novara); Cornioel, Cornol, Cornà (Cuneo); Voretta (Novara). Lombardia: Cornagh, Cournel; Cornai, Cornal (Brescia); Cornà (Como). Veneto: Corgnal, Corgnoler (Parenzo); Cornecc, Corner, Cornoler, Cornoner, Stopacul (Belluno); Cornal, Corno, Cornò (Verona); Cornolaro (Padova); Cornoler (Treviso); Cornolo (Vicenza). Friuli: Cuargnal, Cuargnolar; Corgnal (Carnia). Emilia-Romagna: Cornal (Piacenza); Cornara, Cornel, Curnel (Reggio); Crognolo, P' coren (Bologna). Toscana: Corgnolo, Cornajo, Corniello, Cornio, Corniolo, Corno, Crognolo, Grugnale, Sanguino maschio. Marche: Crognale. Lazio: Cornaro (Roma). Abruzzi: Crugnale; Prugnale (L’ Aquila). Campania: Corgnano, Cornialo, Crugnale (Terra di Lavoro); Crignale (Caserta); Curgnolo (Avellino). Puglia: Cornali (Lecce). Basilicata: Cornale. Calabria: Crugnaro (Reggio). Sicilia: Arvulu di corna, Arvulu prognoli, Curniolu.
Forma biologica e di crescita: fanerofita cespitosa caducifoglia..
Tipo corologico: Europa centromeridionale (dalla Spagna al Caucaso), con un’areale che si spinge ad est fino alle regioni asiatiche occidentali.
Fenologia: fiore: II-III, frutto: VIII-IX.
Limiti altitudinali: dal piano submontano fino a 1400 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese è pianta spontanea in quasi tutto il territorio, dalla regione mediterranea a quella montana; frequente al Nord e al Centro; più rara al Sud. Bellissime formazioni nella fascia collinare delle Prealpi, dalla provincia di Varese a quella di Trieste e lungo la dorsale appenninica. Alberi “monumentali” si incontrano qua e là in coltivazione.
Habitus: alberello che non supera i 6 m d’altezza (eccezionalmente 8 m), con chioma regolare, globosa ed espansa orizzontalmente. Il tronco è diritto o flessuoso, costoluto, allargato alla base, rivestito di una corteccia sottile e screpolata in placchette regolari di colore ocraceo o bruno ruggine. I rami giovani sono verdastri, leggermente pelosi e a sezione quadrangolare.
Foglie: caduche, opposte ai nodi dei rami, picciolate, lunghe fino a 10 cm, hanno lamina ovato ellittica con apice acuminato, margine intero e base arrotondata con quattro paia di nervature laterali arcuate ben visibili e infossate. La pagina superiore è verde scuro finemente pelosa, quella inferiore più chiara e con peli più fitti soprattutto all’ascella delle nervature.
Fiore: i fiori precedono la foliazione: ermafroditi, compaiono in febbraio-marzo in piccole ombrelle di 10-25 fiori, larghe 2-3 cm, semplici, sessili, sono inserite a coppia (opposte) lungo i rami nudi dell’anno precedente; hanno un piccolo calice composto di quattro denti giallo verdastro e quattro petali gialli lanceolato acuminati, lunghi 2-3 mm, stami alterni con i petali inseriti attorno ad un disco nettarifero epigino; ovario infero, loculare, con un solo ovulo per loggia; stilo con stimma bottonifero.
Frutto: drupa pendula (in numero di 1-3 per infiorescenza), lucida, ellissoidale, lunga quasi 2 cm, rosso corallo e astringente poco prima di cadere a terra, quindi porpora cupo e di gusto gradevole.
Semi: nocciolo duro di forma oblunga, disseminato dagli uccelli.
Polline: granuli pollinici monadi, di dimensioni medie (26-50 mµ), oblati, perimetro equatoriale: triangolare; tricolporati; esina: eutectata, con strato continuo; intina compatta; 2 cellule. L’impollinazione è entomofila: i fiori emanano un delicato profumo di miele per cui sono molto ricercati dalle api.
Numero cromosomico: 2n = 18 (27).
Sottospecie e/o varietà: del Corniolo esistono diverse varietà in coltivazione: “Aurea Elegantissima”, con foglie variegate di giallo, verde e rosa; “Nana”, bassa e compatta; “Variegata”, con foglie bianco crema e verde; “Xanthocarpa”, con decorativi frutti gialli; “Albocarpa”, a frutti bianchi; “Fructu Violaceo”, con frutti color porpora.
Habitat ed ecologia: specie eliofila o da mezz'ombra, relativamente termofila e xeroflla. Vegeta in piccoli gruppi nelle boscaglie della fascia collinare submediterranea, assieme a roverella (Quercus pubescens Willd.), castagno (Castanea sativa L.), ciavardello (Sorbus torminalis L.), sorbo montano (Sorbus aria (L.) Crantz), maggiociondolo (Laburnum anagyroides Medik.), orniello (Fraxinus ornus L.) e carpinella (Ostrya carpinifolia Scop.), su suoli variabili come tessitura ed umidità: da relativamente asciutti a molto freschi, con preferenza per suoli calcarei.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Erythronio-Carpinion betuli
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Competitive (C).
IUCN: N.A.
Farmacopea: al Corniolo non sono mai stati attribuiti grandi meriti terapeutici; tuttavia i principi attivi della pianta sono costituiti da mucillagini, tannini (corteccia), acido malico, zuccheri, mucillagini (frutti). La corteccia del Corniolo, ricca in tannini come è caratteristico di questa parte delle piante, ha proprietà astringenti, interne ed esterne, antidiarroiche e febbrifughe. Analoghe caratteristiche hanno anche i frutti le cui preparazioni sono più gradevoli da consumare.
Avversità: le avversità a cui il Corniolo è maggiormente soggetto sono i parassiti animali: cocciniglie infestanti i rametti e gli organi legnosi più vecchi (Eleucanum corni); danni radicali (più accentuati in piante allevate in piccoli spazi, ad esempio cassette o vasi) da parte di larve degli oziorrinchi (Otiorrhyncus sp); larve defogliatrici di diverse famiglie di lepidotteri. Agenti di malattia (funghi, batteri ed entità infettive): mal bianco dei germogli determinato dal fungo Phyllactinia guttata; marciume fungino al colletto da Phytophthora cactorum; maculature necrotiche e angolose fogliari date dal fungo Septoria cornicola; cancri fungini rameali da Botryosphaeria ribis e Cytospora sp; marciumi radicali fungini da Armillaria mellea e Phymatotrichum omnivorum; micropatie fogliari (macchie) determinate da Cercospora e Phyllosticta cornicola.
Usi: i frutti possono essere mangiati freschi ma soltanto quando, molto maturi e cioè rosso-scuri, scuotendo i rami cadono dall'albero: infatti soltanto in questo momento si mitiga il loro sapore lappante, se ne può bere il succo, si possono fare decotti e ancora conserve appetibili che conservano un gusto lievemente acidulo-astringente, molto adatto ad accompagnare piatti di carne secondo un’usanza d’Oltralpe. Quest’ultima forma (marmellata) è particolarmente gradita ai bambini ed è utile per risolvere le manifestazioni diarroiche.
I frutti sono anche adatti a conferire gusto alle grappe e per preparare una bevanda leggermente alcolica, da utilizzare come digestivo; in alcuni paesi europei (Austria, Germania e Russia) i frutti ad inizio maturazione vengono conservati in salamoia riccamente aromatizzati con dragoncello, finocchio e alloro (“olive di corniole”); torrefatti e aggiunti in miscela al caffè conferiscono allo stesso un profumo delicato e particolare (il tipico e rinomato caffè alla viennese).
Il legno, omogeneo, ad alburno bruno chiaro e durame rossastro, è durissimo e resistente; veniva utilizzato in passato per la costruzione di parti di macchine soggette a intenso logoramento, come raggi e denti di ruote, o per lavori di tornio. Oggi è ancora usato per la produzione di pipe.
Il seme dà olio da ardere o da saponeria, e tutta la pianta ha proprietà tintorie (giallo).
Curiosità: il Corniolo fu importato nei giardini inglesi nel 1551, e considerato in seguito un albero da frutto; nel XVII secolo era già una pianta ricercata, “both for rarity and delight” (sia per la rarità che per il piacere) e per le proprietà astringenti delle bacche. La voga delle bacche tuttavia tramontò presto, e all’inizio del XIX secolo il Corniolo passò dal frutteto al giardino.
Miti e leggende: la conoscenza del Corniolo risale a tempi antichissimi. Una leggenda, riferita da Plutarco (Vita di Romolo, 20), ci tocca da vicino e secondo la quale Romolo, volendo fissare i confini della futura città di Roma, lanciò il suo giavellotto, fatto con legno di Corniolo, dall’Aventino in direzione del Palatino lungo il declivio che scende verso il Circo Massimo per prendere possesso del colle; la punta penetrò così profondamente nel terreno che sebbene molti si provassero a estrarla, nessuno vi riuscì. Il suolo fertile le si serrò intorno facendone dei polloni; infine produsse un grosso ceppo di Corniolo che mise rami e foglie, a simboleggiare la futura e vasta diffusione dello stato romano. I Romani delle generazioni posteriori a Romolo lo custodirono e venerarono come una delle reliquie più sante della città, lo recintarono con un muro, e se qualcuno, visitando la pianta, giudicava che non fosse florida e verdeggiante, ne dava immediatamente l’annuncio ad alta voce a quanti incontrava; e costoro, quasi si dovesse spegnere un incendio, urlavano “Acqua, acqua!”; cosicché da ogni parte accorreva gente con secchi pieni. Sembra tuttavia che durante i lavori di riparazione alle gradinate, predisposti da Gaio Cesare, gli operai nello scavare attorno al Corniolo danneggiassero inavvertitamente le radici, e l’albero seccò.
Il legno di Corniolo era anche usato nell’atto di dichiarazione di guerra, e consisteva in un rito magico. Un feziale scagliava in territorio nemico un giavellotto dalla punta di ferro o di legno di Corniolo con la punta indurita dal fuoco.
Ovidio sosteneva che il Corniolo, con i suoi frutti, era uno degli alberi, insieme con la quercia, a fornire il cibo agli uomini nell’età di Saturno; e Omero narra che Circe ne dava i frutti (le corniole) in pasto ai suoi porci, uomini che avevano perduto le sembianze umane.
Gli antichi favoleggiarono perfino che il suo legno fosse servito a costruire il cavallo di Troia. L’albero era presumibilmente sacro ad Apollo. Sul monte Ida, che domina la pianura di Troia, un bosco di questi alberi era consacrato ad Apollo Kárneios. Fu proprio lì che i Greci abbatterono parecchi alberi per costruire il cavallo, provocando l’indignazione del dio; al fine di espiare il sacrilegio gli Elleni istituirono le Kárneia, feste che si svolgevano per nove giorni del mese cui diedero il nome (Kárneios) che cadeva nel calendario dorico fra gli attuali agosto e settembre.
Bibliografia:
BIONDI E. et al., Manuale italiano di interpretazione degli habitat della Direttiva 92/43/CEE.
ENRICO BANFI, FRANCESCA CONSOLINO, Alberi (Conoscere e risconoscere tutte le specie più diffuse di alberi spontanei e ornamentali), Istituto Geografico De Agostini SpA, Novara, 2001.
CATTABIANI A., Florario (Miti, leggende e simboli di fiori e piante), Oscar Saggi Mondadori, I edizione, 1998.
DEMIR F., KALYONCU I. H. Some nutritional, pomological and physical properties of cornelian cherry (Cornus mas L.). Journal of Food Engineering, 60, 3, 335-341, 2003
FERRARI M., MEDICI D., Alberi e arbusti in Italia (Manuale di riconoscimento), Edagricole, Bologna 2001.
HALBRITTER H., SCHNEIDER H., WEBER M., Cornus mas. In: BUCHNER R. & WEBER M. (2000 onwards). PalDat - a palynological database: Descriptions, illustrations, identification, and information retrieval.
LANZARA P., PIZZETTI M., Alberi, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1977.
LAUBER K., WAGNER G., Flora Helvetica (Flore illustrée de Suisse), 2ème édition, Editions Paul Haupt, 2001.
PIZZETTI I., Enciclopedia dei Fiori e del Giardino, Garzanti Editore, I edizione, 1998.
TICLI B., Enciclopedia degli alberi d’Italia e d’Europa, De Vecchi Editore, Milano 2007.
Sinonimi: Cornus erythrocarpa St.-Lag., Cornus nudiflora Dum., Cornus mascula L., Cornus vernalis Salis., Cornus praecox Stok.
Nomi volgari: Corniolo, Corniolo maschio, Corniolo rosso (italiano). Liguria: Cornae (Pontedecimo); Corniolu, Corniò (Genova); Corniosa, Cornà (Porto Maurizio); Cunà (Quinto); Curnaria (Bardineto); Curnà (Ponti di Nava); Merasso (Dolcedo). Piemonte: Cornaj, Cornajià, Cornalè, Cournalina; Cornar, Cornarin, Cournaja, Cournà (Torino); Cornaria (Novara); Cornioel, Cornol, Cornà (Cuneo); Voretta (Novara). Lombardia: Cornagh, Cournel; Cornai, Cornal (Brescia); Cornà (Como). Veneto: Corgnal, Corgnoler (Parenzo); Cornecc, Corner, Cornoler, Cornoner, Stopacul (Belluno); Cornal, Corno, Cornò (Verona); Cornolaro (Padova); Cornoler (Treviso); Cornolo (Vicenza). Friuli: Cuargnal, Cuargnolar; Corgnal (Carnia). Emilia-Romagna: Cornal (Piacenza); Cornara, Cornel, Curnel (Reggio); Crognolo, P' coren (Bologna). Toscana: Corgnolo, Cornajo, Corniello, Cornio, Corniolo, Corno, Crognolo, Grugnale, Sanguino maschio. Marche: Crognale. Lazio: Cornaro (Roma). Abruzzi: Crugnale; Prugnale (L’ Aquila). Campania: Corgnano, Cornialo, Crugnale (Terra di Lavoro); Crignale (Caserta); Curgnolo (Avellino). Puglia: Cornali (Lecce). Basilicata: Cornale. Calabria: Crugnaro (Reggio). Sicilia: Arvulu di corna, Arvulu prognoli, Curniolu.
Forma biologica e di crescita: fanerofita cespitosa caducifoglia..
Tipo corologico: Europa centromeridionale (dalla Spagna al Caucaso), con un’areale che si spinge ad est fino alle regioni asiatiche occidentali.
Fenologia: fiore: II-III, frutto: VIII-IX.
Limiti altitudinali: dal piano submontano fino a 1400 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese è pianta spontanea in quasi tutto il territorio, dalla regione mediterranea a quella montana; frequente al Nord e al Centro; più rara al Sud. Bellissime formazioni nella fascia collinare delle Prealpi, dalla provincia di Varese a quella di Trieste e lungo la dorsale appenninica. Alberi “monumentali” si incontrano qua e là in coltivazione.
Habitus: alberello che non supera i 6 m d’altezza (eccezionalmente 8 m), con chioma regolare, globosa ed espansa orizzontalmente. Il tronco è diritto o flessuoso, costoluto, allargato alla base, rivestito di una corteccia sottile e screpolata in placchette regolari di colore ocraceo o bruno ruggine. I rami giovani sono verdastri, leggermente pelosi e a sezione quadrangolare.
Foglie: caduche, opposte ai nodi dei rami, picciolate, lunghe fino a 10 cm, hanno lamina ovato ellittica con apice acuminato, margine intero e base arrotondata con quattro paia di nervature laterali arcuate ben visibili e infossate. La pagina superiore è verde scuro finemente pelosa, quella inferiore più chiara e con peli più fitti soprattutto all’ascella delle nervature.
Fiore: i fiori precedono la foliazione: ermafroditi, compaiono in febbraio-marzo in piccole ombrelle di 10-25 fiori, larghe 2-3 cm, semplici, sessili, sono inserite a coppia (opposte) lungo i rami nudi dell’anno precedente; hanno un piccolo calice composto di quattro denti giallo verdastro e quattro petali gialli lanceolato acuminati, lunghi 2-3 mm, stami alterni con i petali inseriti attorno ad un disco nettarifero epigino; ovario infero, loculare, con un solo ovulo per loggia; stilo con stimma bottonifero.
Frutto: drupa pendula (in numero di 1-3 per infiorescenza), lucida, ellissoidale, lunga quasi 2 cm, rosso corallo e astringente poco prima di cadere a terra, quindi porpora cupo e di gusto gradevole.
Semi: nocciolo duro di forma oblunga, disseminato dagli uccelli.
Polline: granuli pollinici monadi, di dimensioni medie (26-50 mµ), oblati, perimetro equatoriale: triangolare; tricolporati; esina: eutectata, con strato continuo; intina compatta; 2 cellule. L’impollinazione è entomofila: i fiori emanano un delicato profumo di miele per cui sono molto ricercati dalle api.
Numero cromosomico: 2n = 18 (27).
Sottospecie e/o varietà: del Corniolo esistono diverse varietà in coltivazione: “Aurea Elegantissima”, con foglie variegate di giallo, verde e rosa; “Nana”, bassa e compatta; “Variegata”, con foglie bianco crema e verde; “Xanthocarpa”, con decorativi frutti gialli; “Albocarpa”, a frutti bianchi; “Fructu Violaceo”, con frutti color porpora.
Habitat ed ecologia: specie eliofila o da mezz'ombra, relativamente termofila e xeroflla. Vegeta in piccoli gruppi nelle boscaglie della fascia collinare submediterranea, assieme a roverella (Quercus pubescens Willd.), castagno (Castanea sativa L.), ciavardello (Sorbus torminalis L.), sorbo montano (Sorbus aria (L.) Crantz), maggiociondolo (Laburnum anagyroides Medik.), orniello (Fraxinus ornus L.) e carpinella (Ostrya carpinifolia Scop.), su suoli variabili come tessitura ed umidità: da relativamente asciutti a molto freschi, con preferenza per suoli calcarei.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Erythronio-Carpinion betuli
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Competitive (C).
IUCN: N.A.
Farmacopea: al Corniolo non sono mai stati attribuiti grandi meriti terapeutici; tuttavia i principi attivi della pianta sono costituiti da mucillagini, tannini (corteccia), acido malico, zuccheri, mucillagini (frutti). La corteccia del Corniolo, ricca in tannini come è caratteristico di questa parte delle piante, ha proprietà astringenti, interne ed esterne, antidiarroiche e febbrifughe. Analoghe caratteristiche hanno anche i frutti le cui preparazioni sono più gradevoli da consumare.
Avversità: le avversità a cui il Corniolo è maggiormente soggetto sono i parassiti animali: cocciniglie infestanti i rametti e gli organi legnosi più vecchi (Eleucanum corni); danni radicali (più accentuati in piante allevate in piccoli spazi, ad esempio cassette o vasi) da parte di larve degli oziorrinchi (Otiorrhyncus sp); larve defogliatrici di diverse famiglie di lepidotteri. Agenti di malattia (funghi, batteri ed entità infettive): mal bianco dei germogli determinato dal fungo Phyllactinia guttata; marciume fungino al colletto da Phytophthora cactorum; maculature necrotiche e angolose fogliari date dal fungo Septoria cornicola; cancri fungini rameali da Botryosphaeria ribis e Cytospora sp; marciumi radicali fungini da Armillaria mellea e Phymatotrichum omnivorum; micropatie fogliari (macchie) determinate da Cercospora e Phyllosticta cornicola.
Usi: i frutti possono essere mangiati freschi ma soltanto quando, molto maturi e cioè rosso-scuri, scuotendo i rami cadono dall'albero: infatti soltanto in questo momento si mitiga il loro sapore lappante, se ne può bere il succo, si possono fare decotti e ancora conserve appetibili che conservano un gusto lievemente acidulo-astringente, molto adatto ad accompagnare piatti di carne secondo un’usanza d’Oltralpe. Quest’ultima forma (marmellata) è particolarmente gradita ai bambini ed è utile per risolvere le manifestazioni diarroiche.
I frutti sono anche adatti a conferire gusto alle grappe e per preparare una bevanda leggermente alcolica, da utilizzare come digestivo; in alcuni paesi europei (Austria, Germania e Russia) i frutti ad inizio maturazione vengono conservati in salamoia riccamente aromatizzati con dragoncello, finocchio e alloro (“olive di corniole”); torrefatti e aggiunti in miscela al caffè conferiscono allo stesso un profumo delicato e particolare (il tipico e rinomato caffè alla viennese).
Il legno, omogeneo, ad alburno bruno chiaro e durame rossastro, è durissimo e resistente; veniva utilizzato in passato per la costruzione di parti di macchine soggette a intenso logoramento, come raggi e denti di ruote, o per lavori di tornio. Oggi è ancora usato per la produzione di pipe.
Il seme dà olio da ardere o da saponeria, e tutta la pianta ha proprietà tintorie (giallo).
Curiosità: il Corniolo fu importato nei giardini inglesi nel 1551, e considerato in seguito un albero da frutto; nel XVII secolo era già una pianta ricercata, “both for rarity and delight” (sia per la rarità che per il piacere) e per le proprietà astringenti delle bacche. La voga delle bacche tuttavia tramontò presto, e all’inizio del XIX secolo il Corniolo passò dal frutteto al giardino.
Miti e leggende: la conoscenza del Corniolo risale a tempi antichissimi. Una leggenda, riferita da Plutarco (Vita di Romolo, 20), ci tocca da vicino e secondo la quale Romolo, volendo fissare i confini della futura città di Roma, lanciò il suo giavellotto, fatto con legno di Corniolo, dall’Aventino in direzione del Palatino lungo il declivio che scende verso il Circo Massimo per prendere possesso del colle; la punta penetrò così profondamente nel terreno che sebbene molti si provassero a estrarla, nessuno vi riuscì. Il suolo fertile le si serrò intorno facendone dei polloni; infine produsse un grosso ceppo di Corniolo che mise rami e foglie, a simboleggiare la futura e vasta diffusione dello stato romano. I Romani delle generazioni posteriori a Romolo lo custodirono e venerarono come una delle reliquie più sante della città, lo recintarono con un muro, e se qualcuno, visitando la pianta, giudicava che non fosse florida e verdeggiante, ne dava immediatamente l’annuncio ad alta voce a quanti incontrava; e costoro, quasi si dovesse spegnere un incendio, urlavano “Acqua, acqua!”; cosicché da ogni parte accorreva gente con secchi pieni. Sembra tuttavia che durante i lavori di riparazione alle gradinate, predisposti da Gaio Cesare, gli operai nello scavare attorno al Corniolo danneggiassero inavvertitamente le radici, e l’albero seccò.
Il legno di Corniolo era anche usato nell’atto di dichiarazione di guerra, e consisteva in un rito magico. Un feziale scagliava in territorio nemico un giavellotto dalla punta di ferro o di legno di Corniolo con la punta indurita dal fuoco.
Ovidio sosteneva che il Corniolo, con i suoi frutti, era uno degli alberi, insieme con la quercia, a fornire il cibo agli uomini nell’età di Saturno; e Omero narra che Circe ne dava i frutti (le corniole) in pasto ai suoi porci, uomini che avevano perduto le sembianze umane.
Gli antichi favoleggiarono perfino che il suo legno fosse servito a costruire il cavallo di Troia. L’albero era presumibilmente sacro ad Apollo. Sul monte Ida, che domina la pianura di Troia, un bosco di questi alberi era consacrato ad Apollo Kárneios. Fu proprio lì che i Greci abbatterono parecchi alberi per costruire il cavallo, provocando l’indignazione del dio; al fine di espiare il sacrilegio gli Elleni istituirono le Kárneia, feste che si svolgevano per nove giorni del mese cui diedero il nome (Kárneios) che cadeva nel calendario dorico fra gli attuali agosto e settembre.
Bibliografia:
BIONDI E. et al., Manuale italiano di interpretazione degli habitat della Direttiva 92/43/CEE.
ENRICO BANFI, FRANCESCA CONSOLINO, Alberi (Conoscere e risconoscere tutte le specie più diffuse di alberi spontanei e ornamentali), Istituto Geografico De Agostini SpA, Novara, 2001.
CATTABIANI A., Florario (Miti, leggende e simboli di fiori e piante), Oscar Saggi Mondadori, I edizione, 1998.
DEMIR F., KALYONCU I. H. Some nutritional, pomological and physical properties of cornelian cherry (Cornus mas L.). Journal of Food Engineering, 60, 3, 335-341, 2003
FERRARI M., MEDICI D., Alberi e arbusti in Italia (Manuale di riconoscimento), Edagricole, Bologna 2001.
HALBRITTER H., SCHNEIDER H., WEBER M., Cornus mas. In: BUCHNER R. & WEBER M. (2000 onwards). PalDat - a palynological database: Descriptions, illustrations, identification, and information retrieval.
LANZARA P., PIZZETTI M., Alberi, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1977.
LAUBER K., WAGNER G., Flora Helvetica (Flore illustrée de Suisse), 2ème édition, Editions Paul Haupt, 2001.
PIZZETTI I., Enciclopedia dei Fiori e del Giardino, Garzanti Editore, I edizione, 1998.
TICLI B., Enciclopedia degli alberi d’Italia e d’Europa, De Vecchi Editore, Milano 2007.
www.dryades.eu
http://vnr.unipg.it/habitat/index.jsp
www.paldat.org
http://vnr.unipg.it/habitat/index.jsp
www.paldat.org