(a cura di Giuseppe Laino)
Etimologia: l’epiteto del genere deriva dall’aggettivo latino primus, -a, -um = “primo” con allusione al fatto che queste piante sono le prime a fiorire all’inizio della primavera. All'inizio del Rinascimento con questo termine si indicava indifferentemente qualsiasi fiore che sbocciasse appena terminato l'inverno, come ad esempio le margheritine primaverili (Bellis perennis, Pratolina). Poi il significato si restrinse, nei trattati botanici, come nome dell'intero genere. Nella letteratura scientifica uno dei primi botanici a usare l’epiteto Primula per queste specie fu P. A. Matthioli (1500-1577), medico e botanico di Siena, famoso fra l'altro per avere condotto degli studi su Dioscoride e per aver scritto una delle prime opere botaniche moderne. Il nome fu confermato nel XVII secolo anche dal botanico francese Tournefort (1656-1708) al quale normalmente si attribuisce la fondazione di questo genere. L’epiteto specifico è l’aggettivo latino che sta per “comune, generale, ordinario” ecc. a significare la maggiore diffusione di questa specie rispetto alle congeneri. L'attuale binomio scientifico Primula vulgaris è stato definito dal botanico inglese William Hudson (1730-1793) nella sua opera Flora Anglica del 1762.
Sinonimi: Primula acaulis (L.) Hill. (1754), Primula acaulis (L.) Hill. subsp. rubra (Sm.) O. Schwarz (1949) (sinonimo Primula vulgaris subsp. rubra), Primula acaulis (L.) Hill. subsp. vulgaris (Hudson) O. Schwarz (1949) (sinonimo Primula vulgaris subsp. vulgaris), Primula acaulis (L.) Hill. var. rubra Sm. in Sibth. & Sm. (1816) (sinonimo Primula vulgaris subsp. rubra), Primula bicolor Rafin. (1810), Primula breviscapa Clairv. (1811), Primula calycina Mausksch in Kit., non Duby ex Gaudin, Primula grandiflora Lam. (1779), Primula hybrida Schrank (1789), Primula komarovii Lozinsk (1933) (sinonimo Primula vulgaris subsp. rubra), Primula sibthorpii Hoffmanns. & Link (1824) (sinonimo Primula vulgaris subsp. rubra), Primula silvestris Scop. (1771), Primula uniflora C. C. Gmelin (1805), Primula variabiliis Bast. (1812), Primula veris var. acaulis L. (1753) basionimo, Primula vernalis Salisb. (1796).
Nomi volgari: Fior di primavera, Occhio di Civetta, Primavera, Primula (italiano). Liguria: Braghe di cuccu (Voltageio); Cucchetti (Mele); Donne (Rossiglione); Giano (Quinto); Margherita sarvaega (Valle Polcevera); Oegia d'urpe, Oegia d'urso (S. Margherita); Pampanan, Pampippo, Pan cucco, Pan d'a Madonna (Porto Maurizio); Poete (Liguria); Sciua de primmavera (Valleggia); Trombette (S: Olcese); Trumbette (Valle d'Arroscia); Uegge d'aze (Chiavari); Uregge d'asu (Sarzana). Piemonte: Pan bianch (Mombaruzzo); Pangin (Mondovì); Pimpinello (Val S. Martino). Lombardia: Fiur de primaera, Primaera, Vioela zalda (Brescia). Veneto: Ochi de bò (Treviso); Trombete (Verona); Viola da gat (Belluno). Friuli: Pestelacch, Pestelacie, Pestelazz, Primevere, Rose di Madrach; Flor di primevere, Gialut (Carnia). Emilia-Romagna: Cucumi (Porretta); Premaveira (Reggio). Toscana: Fior di primavera, Occhio di civetta, Primavera, Primavera minore, Primolavere. Abruzzi: Occhio infernale. Basilicata: Barbacucco, Varvacucco (Potenza). Sicilia: Conterba siciliana.
Forma biologica e di crescita: emicriptofita rosulata.
Tipo corologico: europeo-caucasico. Specie presente in quasi tutte le zone montane e di pianura dell’Europa, inclusa la regione caucasica, dell’Asia Minore e del Nordafrica.
Fenologia: fiore: II-III (dove l’inverno è meno rigido l’antesi può avvenire già a dicembre), frutto: IV-VIII, diaspora: V-IX.
Sinonimi: Primula acaulis (L.) Hill. (1754), Primula acaulis (L.) Hill. subsp. rubra (Sm.) O. Schwarz (1949) (sinonimo Primula vulgaris subsp. rubra), Primula acaulis (L.) Hill. subsp. vulgaris (Hudson) O. Schwarz (1949) (sinonimo Primula vulgaris subsp. vulgaris), Primula acaulis (L.) Hill. var. rubra Sm. in Sibth. & Sm. (1816) (sinonimo Primula vulgaris subsp. rubra), Primula bicolor Rafin. (1810), Primula breviscapa Clairv. (1811), Primula calycina Mausksch in Kit., non Duby ex Gaudin, Primula grandiflora Lam. (1779), Primula hybrida Schrank (1789), Primula komarovii Lozinsk (1933) (sinonimo Primula vulgaris subsp. rubra), Primula sibthorpii Hoffmanns. & Link (1824) (sinonimo Primula vulgaris subsp. rubra), Primula silvestris Scop. (1771), Primula uniflora C. C. Gmelin (1805), Primula variabiliis Bast. (1812), Primula veris var. acaulis L. (1753) basionimo, Primula vernalis Salisb. (1796).
Nomi volgari: Fior di primavera, Occhio di Civetta, Primavera, Primula (italiano). Liguria: Braghe di cuccu (Voltageio); Cucchetti (Mele); Donne (Rossiglione); Giano (Quinto); Margherita sarvaega (Valle Polcevera); Oegia d'urpe, Oegia d'urso (S. Margherita); Pampanan, Pampippo, Pan cucco, Pan d'a Madonna (Porto Maurizio); Poete (Liguria); Sciua de primmavera (Valleggia); Trombette (S: Olcese); Trumbette (Valle d'Arroscia); Uegge d'aze (Chiavari); Uregge d'asu (Sarzana). Piemonte: Pan bianch (Mombaruzzo); Pangin (Mondovì); Pimpinello (Val S. Martino). Lombardia: Fiur de primaera, Primaera, Vioela zalda (Brescia). Veneto: Ochi de bò (Treviso); Trombete (Verona); Viola da gat (Belluno). Friuli: Pestelacch, Pestelacie, Pestelazz, Primevere, Rose di Madrach; Flor di primevere, Gialut (Carnia). Emilia-Romagna: Cucumi (Porretta); Premaveira (Reggio). Toscana: Fior di primavera, Occhio di civetta, Primavera, Primavera minore, Primolavere. Abruzzi: Occhio infernale. Basilicata: Barbacucco, Varvacucco (Potenza). Sicilia: Conterba siciliana.
Forma biologica e di crescita: emicriptofita rosulata.
Tipo corologico: europeo-caucasico. Specie presente in quasi tutte le zone montane e di pianura dell’Europa, inclusa la regione caucasica, dell’Asia Minore e del Nordafrica.
Fenologia: fiore: II-III (dove l’inverno è meno rigido l’antesi può avvenire già a dicembre), frutto: IV-VIII, diaspora: V-IX.
Limiti altitudinali: di norma dal piano a 1200 m di altitudine sui rilievi collinari, montani e subalpini, ma data la sua rusticità che le fa sopportare molto bene le gelate, può spingersi a quote più elevate (rilevamento a 2000 m sul Gran Sasso). Nel Meridione è specie prettamente montana.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese la specie è comune su tutto il territorio. Assente in Sardegna.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese la specie è comune su tutto il territorio. Assente in Sardegna.
Habitus: erbacea perenne, acaule, monocarpica, dotata di un rizoma obliquo lungo 3-4 cm e spesso 3-5 mm con radici secondarie piuttosto robuste e ispessite, e peduncoli fiorali alti 8-15 cm.
Foglie: le foglie, a inserimento spiralato, ovato spatolate od oblanceolate, sono progressivamente ristrette in un picciolo alato alla base e irregolarmente crenato dentate ai margini che sono revoluti specialmente da giovani; l’apice è arrotondato. La lamina fogliare, glabra, verde chiaro sulla pagina superiore e grigio verde, leggermente tomentosa su quella inferiore, è lunga 5-9 cm e larga 1-2 cm all’epoca della fioritura, ma si allunga ulteriormente, fino al doppio, in seguito. La superficie è rugosa reticolata con le nervature principali infossate nel parenchima.
Fiore: i fiori, raccolti in un'infiorescenza formata da (1-)2-20(-30) elementi, portati all'apice di un peduncolo radicale lanuginoso privo di foglie emergente direttamente dal centro della rosetta, sono disposti ad ombrella ognuno con un suo peduncolo lungo generalmente 4-7 mm ma a volte ridotto al minimo. Ermafroditi, attinomorfi, pentameri, sono lievemente profumati, larghi 3 cm e lunghi 2-3 cm. Il calice persistente, gamosepalo, tubuloso, lungo 10 mm e largo 3 mm, più o meno cilindrico, peloso, leggermente rigonfio nella zona centrale, con 5 spigoli acuti in corrispondenza dei sepali (lo spigolo è sorretto da un lungo nervo che termina all’apice del dente), è diviso in cinque sepali lanceolati e lesiniformi lunghi 5-7 mm saldati per la massima parte della sua lunghezza
La corolla è gamopetala, ipogina,svasata, con tubo lungo 13-20 mm inserito sul ricettacolo al di sotto dell’ovario, più lunga del calice, ha il lembo piano diviso in 5 lobi obcordati lunghi 1-1,5 cm e larghi 7-12 mm, generalmente giallo chiari che a stagione inoltrata acquistano sfumature verdi-azzurre, con una macchia giallo aranciata alla base, retusi alla sommità.
L’apparato riproduttivo è simile a quello di Primula farinosa L.: androceo con 5 stami a filamenti brevi, in alcuni casi inclusi (non sporgono dalla fauce), inseriti direttamente sulla corolla in posizione opposta ai lobi circa a metà del tubo corollino; in altri casi sono inseriti appena sotto la fauce e da questa sporgono. Gineceo con ovario supero, uniloculare, formato da 5 carpelli saldati, con numerosi ovuli. La placenta è centrale, ossia attraversa diametralmente il pericarpo. Lo stilo è lungo (longistilo) e si affaccia alle fauci se gli stami sono inclusi nel tubo corollino (e quindi sono in posizione bassa), altrimenti è più corto (brevistilo) e rimane chiuso nel tubo corollino con lo stimma capitato localizzato circa a metà della corolla (eterostilia).
Frutto: il frutto è una capsula ovoide lunga all’incirca quanto il tubo calicino, deiscente alla sommità per 5-10 denti.
Semi: numerosissimi, piccoli, vischiosi, che attraggono le formiche le quali ne curano la disseminazione.
Polline: granuli pollinici monadi, di piccole dimensioni (10-25 mµ), sferoidali; perimetro in vista equatoriale: circolare; colpati; esina: microreticulata, semitectata; footlayer: assente; intina: compatta; cellule n. 2. L’impollinazione è entomofila, tramite api e farfalle (anche notturne), che visitano entrambi i tipi di fiore, alla ricerca del nettare alla base del tubo corollino. La posizione degli stami su uno dei due tipi di fiore fa sì che il polline si attacchi all’apice dell’apparato boccale degli insetti, trovandosi così all’altezza giusta per essere trasferito allo stimma di un fiore dell’altro tipo.
Il dimorfismo dello stilo corto o lungo (brevistilo e longistilo nella stessa specie, chiamato eterostilia) fu studiato dal Darwin ed è considerato uno degli aspetti più interessanti di questa specie e di altre dello stesso genere. Questa proprietà impedisce l’autoimpollinazione mentre favorisce una fecondazione entomofila, più efficiente da un punto di vista genetico. In effetti si riscontra che l'impollinazione tra individui con lo stesso tipo di eterostilia è inefficace. In una stessa popolazione le due caratteristiche sono presenti ognuna esattamente con il 50% degli individui.
Foglie: le foglie, a inserimento spiralato, ovato spatolate od oblanceolate, sono progressivamente ristrette in un picciolo alato alla base e irregolarmente crenato dentate ai margini che sono revoluti specialmente da giovani; l’apice è arrotondato. La lamina fogliare, glabra, verde chiaro sulla pagina superiore e grigio verde, leggermente tomentosa su quella inferiore, è lunga 5-9 cm e larga 1-2 cm all’epoca della fioritura, ma si allunga ulteriormente, fino al doppio, in seguito. La superficie è rugosa reticolata con le nervature principali infossate nel parenchima.
Fiore: i fiori, raccolti in un'infiorescenza formata da (1-)2-20(-30) elementi, portati all'apice di un peduncolo radicale lanuginoso privo di foglie emergente direttamente dal centro della rosetta, sono disposti ad ombrella ognuno con un suo peduncolo lungo generalmente 4-7 mm ma a volte ridotto al minimo. Ermafroditi, attinomorfi, pentameri, sono lievemente profumati, larghi 3 cm e lunghi 2-3 cm. Il calice persistente, gamosepalo, tubuloso, lungo 10 mm e largo 3 mm, più o meno cilindrico, peloso, leggermente rigonfio nella zona centrale, con 5 spigoli acuti in corrispondenza dei sepali (lo spigolo è sorretto da un lungo nervo che termina all’apice del dente), è diviso in cinque sepali lanceolati e lesiniformi lunghi 5-7 mm saldati per la massima parte della sua lunghezza
La corolla è gamopetala, ipogina,svasata, con tubo lungo 13-20 mm inserito sul ricettacolo al di sotto dell’ovario, più lunga del calice, ha il lembo piano diviso in 5 lobi obcordati lunghi 1-1,5 cm e larghi 7-12 mm, generalmente giallo chiari che a stagione inoltrata acquistano sfumature verdi-azzurre, con una macchia giallo aranciata alla base, retusi alla sommità.
L’apparato riproduttivo è simile a quello di Primula farinosa L.: androceo con 5 stami a filamenti brevi, in alcuni casi inclusi (non sporgono dalla fauce), inseriti direttamente sulla corolla in posizione opposta ai lobi circa a metà del tubo corollino; in altri casi sono inseriti appena sotto la fauce e da questa sporgono. Gineceo con ovario supero, uniloculare, formato da 5 carpelli saldati, con numerosi ovuli. La placenta è centrale, ossia attraversa diametralmente il pericarpo. Lo stilo è lungo (longistilo) e si affaccia alle fauci se gli stami sono inclusi nel tubo corollino (e quindi sono in posizione bassa), altrimenti è più corto (brevistilo) e rimane chiuso nel tubo corollino con lo stimma capitato localizzato circa a metà della corolla (eterostilia).
Frutto: il frutto è una capsula ovoide lunga all’incirca quanto il tubo calicino, deiscente alla sommità per 5-10 denti.
Semi: numerosissimi, piccoli, vischiosi, che attraggono le formiche le quali ne curano la disseminazione.
Polline: granuli pollinici monadi, di piccole dimensioni (10-25 mµ), sferoidali; perimetro in vista equatoriale: circolare; colpati; esina: microreticulata, semitectata; footlayer: assente; intina: compatta; cellule n. 2. L’impollinazione è entomofila, tramite api e farfalle (anche notturne), che visitano entrambi i tipi di fiore, alla ricerca del nettare alla base del tubo corollino. La posizione degli stami su uno dei due tipi di fiore fa sì che il polline si attacchi all’apice dell’apparato boccale degli insetti, trovandosi così all’altezza giusta per essere trasferito allo stimma di un fiore dell’altro tipo.
Il dimorfismo dello stilo corto o lungo (brevistilo e longistilo nella stessa specie, chiamato eterostilia) fu studiato dal Darwin ed è considerato uno degli aspetti più interessanti di questa specie e di altre dello stesso genere. Questa proprietà impedisce l’autoimpollinazione mentre favorisce una fecondazione entomofila, più efficiente da un punto di vista genetico. In effetti si riscontra che l'impollinazione tra individui con lo stesso tipo di eterostilia è inefficace. In una stessa popolazione le due caratteristiche sono presenti ognuna esattamente con il 50% degli individui.
Numero cromosomico: 2n = 22.
Sottospecie e/o varietà: Primula vulgaris Huds. ssp sibthorpii (Hoffmanns.) Sm. & Forrest. (1928) (sinonimo Primula sibthorpii Hoffmanns): si trova nei Balcani e soprattutto in Asia; i fiori sono rosa o rossi.
Primula vulgaris L. ssp vulgaris, nella convivenza con Primula veris L. (Primula odorosa), dà origine a forme ibridogene fra le quali Primula x tommasinii G. et G., in cui la corolla si presenta quasi identica a quella di Primula. elatior (L.) L. (grande a lembo piano e colore giallo chiaro), l'unico carattere che può garantire una determinazione esatta è il calice, che nell'ibrido è piuttosto simile a quello di Primula veris (più stretto rispetto a quest'ultima, ma incompletamente aderente, con denti triangolari acuti).
Il restringimento della foglia alla base in un picciolo alato è meno evidente nella Primula vulgaris ssp intricata (G. et G.) Widmer, che vegeta in ambienti oltre i 600 m di quota e ampiamente diffusa dalle regioni settentrionali fino al Lazio.
Primula elatior (L.) L., specie a sé stante, è considerata un ibrido naturale tra Primula veris L. e Primula vulgaris L. Somiglia al primo dei supposti genitori ma ha fiori più grandi in una infiorescenza unilaterale, e foglie più grandi. Inoltre, il frutto è un poco più lungo dei sepali (10-15 mm).
Dall’incrocio tra Primula vulgaris L. e Primula veris L. è stato ottenuto l’ibrido Primula x polyantha Miller (1768) da cui sono scaturite innumerevoli forme orticole, a fiore semplice o doppio, in diversi colori, tra le quali: “Garryarde Victory”, alta 10 cm, con foglie verde rossiccio e fiori color vino; “Snow Cushion”, molto nana, a fiori bianchi; “Blue Queen”, alta 10 cm, in molte sfumature di azzurro; “Alpa Plena”, alta 10 cm, a fiori doppi, bianchi; “Bon Accord Gem”, alta 10 cm, a fiori doppi, rosa lilla; “Lilacina Plena”, alta 10 cm, a fiori doppi color lavanda; “Marie Crousse”, alta 10 cm, color malva, con petali orlati di bianco.
Sono fondamentalmente piante da esterni ma si adattano anche alla vita in appartamento. Producono degli straordinari fiori, in genere bicolori, portati da degli steli lunghi anche 30 cm, riuniti in ombrelle. Se coltivate all'aperto diventano piante perenni.
Primula vulgaris L. ssp vulgaris, nella convivenza con Primula veris L. (Primula odorosa), dà origine a forme ibridogene fra le quali Primula x tommasinii G. et G., in cui la corolla si presenta quasi identica a quella di Primula. elatior (L.) L. (grande a lembo piano e colore giallo chiaro), l'unico carattere che può garantire una determinazione esatta è il calice, che nell'ibrido è piuttosto simile a quello di Primula veris (più stretto rispetto a quest'ultima, ma incompletamente aderente, con denti triangolari acuti).
Il restringimento della foglia alla base in un picciolo alato è meno evidente nella Primula vulgaris ssp intricata (G. et G.) Widmer, che vegeta in ambienti oltre i 600 m di quota e ampiamente diffusa dalle regioni settentrionali fino al Lazio.
Primula elatior (L.) L., specie a sé stante, è considerata un ibrido naturale tra Primula veris L. e Primula vulgaris L. Somiglia al primo dei supposti genitori ma ha fiori più grandi in una infiorescenza unilaterale, e foglie più grandi. Inoltre, il frutto è un poco più lungo dei sepali (10-15 mm).
Dall’incrocio tra Primula vulgaris L. e Primula veris L. è stato ottenuto l’ibrido Primula x polyantha Miller (1768) da cui sono scaturite innumerevoli forme orticole, a fiore semplice o doppio, in diversi colori, tra le quali: “Garryarde Victory”, alta 10 cm, con foglie verde rossiccio e fiori color vino; “Snow Cushion”, molto nana, a fiori bianchi; “Blue Queen”, alta 10 cm, in molte sfumature di azzurro; “Alpa Plena”, alta 10 cm, a fiori doppi, bianchi; “Bon Accord Gem”, alta 10 cm, a fiori doppi, rosa lilla; “Lilacina Plena”, alta 10 cm, a fiori doppi color lavanda; “Marie Crousse”, alta 10 cm, color malva, con petali orlati di bianco.
Sono fondamentalmente piante da esterni ma si adattano anche alla vita in appartamento. Producono degli straordinari fiori, in genere bicolori, portati da degli steli lunghi anche 30 cm, riuniti in ombrelle. Se coltivate all'aperto diventano piante perenni.
Habitat ed ecologia: luoghi erbosi, margini boschivi, boschi soprattutto di latifoglie (faggete, quercete, carpineti), cesuglieti, prati magri ma sempre in zone a mezz'ombra, lungo corsi d’acqua, su substrato sia calcareo che siliceo, con pH neutro e medi valori nutrizionali del terreno mediamente umido.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Carpino-Fagetea.
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress tolleranti (S).
IUCN: N.A.
Farmacopea: la radice e il rizoma sono ricchi di saponine triterpeniche (es. primulina ) che conferiscono alla pianta proprietà espettoranti e mucolitiche. I fiori contengono derivati terpenici come primaverina e primulaverina (derivate dall’acido salicilico), con proprietà analgesiche, antinfiammatorie e antireumatiche. Contengono inoltre flavonoidi e carotene (provitamina A) che svolgono attività antiossidante nell’organismo.
La Primula ha una lunga storia per quanto riguarda il suo impiego nella medicina popolare, soprattutto in situazioni che coinvolgono spasmi, crampi e dolori reumatici. Pur contenendo più o meno i medesimi principi attivi di Primula veris L. (Primula odorosa), essa è, in genere, considerata meno efficace di questa. Contiene saponine, che hanno un effetto espettorante, e salicilati, che sono il principale ingrediente dell’Aspirina ed hanno effetti antinfiammatori e febbrifughi. Ha proprietà sedative e vulnerarie: le donne in gravidanza però devono astenersi dall’uso dei rimedi ricavati da questa specie, come anche le persone che hanno reazioni di sensibilizzazione all’Aspirina o coloro che stanno assumendo prodotti anticoagulanti.
Il rizoma, che emana un profumo simile all'anice, è impiegato nella cura di bronchiti, asma bronchiale, pertosse, reumatismi delle articolazioni, gotta, insonnia. Il decotto di foglie e fiori è utile per disinfettare le ferite e come emostatico.
Le radici e la pianta hanno proprietà anodine, antispastiche, astringenti, emetiche, sedative e vermifughe. Un infuso di radici è un buon rimedio per l’emicrania di origine nervosa. Un unguento ricavato dalla pianta intera è un buon trattamento per le ferite sulla pelle. Così come l’intera pianta, al momento della fioritura, ha buone proprietà sedative e, oggigiorno, la tintura madre viene utilizzata con un certo successo nei disturbi di origine psicosomatica e nell’insonnia.
Usi: in cucina le foglie di Primula si usano sole o assieme ad altri tipi di verdura, sia in insalata che lessate e condite o per fare delle minestre. Con i fiori si preparano marmellate, dolci e si può aromatizzare l’aceto di vino. Il rizoma serve per aromatizzare la birra.
Impatto ambientale e tutela: a dispetto del suo epiteto specifico, vulgaris (comune), questa pianta è in realtà meno diffusa che in passato – specie intorno alle città – soprattutto a causa dell’eccessiva raccolta. Alcune Regioni hanno approntato strumenti legislativi per la sua tutela: la Regione Abruzzo vi ha provveduto con legge regionale n. 45 dell’11-9-1979, «Provvedimenti per la protezione della flora in Abruzzo», dove all’art. 3 e tabella B dell'allegato A, sono indicate tutte le Primula sp.
Altrettanto ha fatto la Regione Molise con legge regionale del. 25-10-1982, n. 22 a titolo «Disciplina della raccolta dei funghi e dei tartufi», con la quale all'art. 3 vieta la raccolta anche parziale della pianta, ad eccezione del frutto, di tutte le Primula sp., ulteriormente rafforzata con la legge regionale 23-2-1999, n. 9, a titolo «Norme per la tutela della flora in via di estinzione e di quella autoctona (...)», dove con l'art. 5, comma 4, viene proibita la raccolta di Primula vulgaris.
Per parte sua la Regione Toscana, con legge regionale del 6-4-2000, n. 56, recante "Norme per la conservazione e la tutela degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche (...)", con 'allegato C1 limita la raccolta di tutte le Primula sp. a non più di 10 steli.
Curiosità: dato il periodo di fioritura della pianta, a inverno non ancora terminato e quando gli insetti pronubi in circolazione sono ancora pochi, molti fiori non vengono impollinati; ciò che ha fatto scrivere a Shakespeare, in Racconto d’inverno, «delle pallide primule che muoiono nubili».
In epoca medievale, un decotto fatto con le Primule veniva usato quale rimedio contro la gotta e i reumatismi, mentre un infuso di radici era prescritto contro le emicranie di origine nervosa. I fiori erano anche impiegati per preparare pozioni d’amore.
Santa Ildegarda (studiosa di medicina vissuta in Germania nell’XI secolo) consigliava la Primula come rimedio contro la malinconia.
Nel 1884 Lord Randolph Henry Spencer Churchill, adottò la primula come simbolo del Partito Conservatore inglese e questo simbolo è in uso ancora oggi.
Credenze popolari: i contadini dei tempi andati credevano che cespi di Primule cresciute vicino al pollaio, impedissero alle galline di fare le uova regolarmente. Altre credenze attribuivano alle Primule il potere di allontanare gli spiriti del male, di aiutare a scoprire tesori sepolti, e ritenendole infine come il fiore prediletto dalle ninfe e dai folletti del bosco. Nel mondo delle fate si dice che la Primula abbia il potere di rendere visibile l'invisibile. Infatti, si racconta che, per chi ci crede, mangiare le Primule sia un metodo sicuro per vedere le fate e, ancora, secondo una credenza, popolare fino all’Ottocento, la Primula ha celato un segreto: chi riesce a toccare con un mazzetto di Primule una roccia delle fate vedrà aprirsi davanti a lui la strada che lo condurrà al loro regno. Ma per riuscirvi deve prima indovinare il numero delle Primule da adoperare per questo rito magico: se lo sbagliasse rischierebbe di essere colpito da sventure.
Portata sul cuore, a contatto con la pelle, trasmetteva la forza del sole di mezzogiorno.
Bibliografia:
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VALVERDE T., SILVERTOWN J. Variation in the demography of a woodland understorey herb (Primula vulgaris) along the forest regeneration cycle: projection matrix analysis. Journal of Ecology, 86, 4, 545–562, 1998
www.dryades.eu
http://it.wikipedia.org/wiki/Primula_vulgaris
www.paldat.org
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress tolleranti (S).
IUCN: N.A.
Farmacopea: la radice e il rizoma sono ricchi di saponine triterpeniche (es. primulina ) che conferiscono alla pianta proprietà espettoranti e mucolitiche. I fiori contengono derivati terpenici come primaverina e primulaverina (derivate dall’acido salicilico), con proprietà analgesiche, antinfiammatorie e antireumatiche. Contengono inoltre flavonoidi e carotene (provitamina A) che svolgono attività antiossidante nell’organismo.
La Primula ha una lunga storia per quanto riguarda il suo impiego nella medicina popolare, soprattutto in situazioni che coinvolgono spasmi, crampi e dolori reumatici. Pur contenendo più o meno i medesimi principi attivi di Primula veris L. (Primula odorosa), essa è, in genere, considerata meno efficace di questa. Contiene saponine, che hanno un effetto espettorante, e salicilati, che sono il principale ingrediente dell’Aspirina ed hanno effetti antinfiammatori e febbrifughi. Ha proprietà sedative e vulnerarie: le donne in gravidanza però devono astenersi dall’uso dei rimedi ricavati da questa specie, come anche le persone che hanno reazioni di sensibilizzazione all’Aspirina o coloro che stanno assumendo prodotti anticoagulanti.
Il rizoma, che emana un profumo simile all'anice, è impiegato nella cura di bronchiti, asma bronchiale, pertosse, reumatismi delle articolazioni, gotta, insonnia. Il decotto di foglie e fiori è utile per disinfettare le ferite e come emostatico.
Le radici e la pianta hanno proprietà anodine, antispastiche, astringenti, emetiche, sedative e vermifughe. Un infuso di radici è un buon rimedio per l’emicrania di origine nervosa. Un unguento ricavato dalla pianta intera è un buon trattamento per le ferite sulla pelle. Così come l’intera pianta, al momento della fioritura, ha buone proprietà sedative e, oggigiorno, la tintura madre viene utilizzata con un certo successo nei disturbi di origine psicosomatica e nell’insonnia.
Usi: in cucina le foglie di Primula si usano sole o assieme ad altri tipi di verdura, sia in insalata che lessate e condite o per fare delle minestre. Con i fiori si preparano marmellate, dolci e si può aromatizzare l’aceto di vino. Il rizoma serve per aromatizzare la birra.
Impatto ambientale e tutela: a dispetto del suo epiteto specifico, vulgaris (comune), questa pianta è in realtà meno diffusa che in passato – specie intorno alle città – soprattutto a causa dell’eccessiva raccolta. Alcune Regioni hanno approntato strumenti legislativi per la sua tutela: la Regione Abruzzo vi ha provveduto con legge regionale n. 45 dell’11-9-1979, «Provvedimenti per la protezione della flora in Abruzzo», dove all’art. 3 e tabella B dell'allegato A, sono indicate tutte le Primula sp.
Altrettanto ha fatto la Regione Molise con legge regionale del. 25-10-1982, n. 22 a titolo «Disciplina della raccolta dei funghi e dei tartufi», con la quale all'art. 3 vieta la raccolta anche parziale della pianta, ad eccezione del frutto, di tutte le Primula sp., ulteriormente rafforzata con la legge regionale 23-2-1999, n. 9, a titolo «Norme per la tutela della flora in via di estinzione e di quella autoctona (...)», dove con l'art. 5, comma 4, viene proibita la raccolta di Primula vulgaris.
Per parte sua la Regione Toscana, con legge regionale del 6-4-2000, n. 56, recante "Norme per la conservazione e la tutela degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche (...)", con 'allegato C1 limita la raccolta di tutte le Primula sp. a non più di 10 steli.
Curiosità: dato il periodo di fioritura della pianta, a inverno non ancora terminato e quando gli insetti pronubi in circolazione sono ancora pochi, molti fiori non vengono impollinati; ciò che ha fatto scrivere a Shakespeare, in Racconto d’inverno, «delle pallide primule che muoiono nubili».
In epoca medievale, un decotto fatto con le Primule veniva usato quale rimedio contro la gotta e i reumatismi, mentre un infuso di radici era prescritto contro le emicranie di origine nervosa. I fiori erano anche impiegati per preparare pozioni d’amore.
Santa Ildegarda (studiosa di medicina vissuta in Germania nell’XI secolo) consigliava la Primula come rimedio contro la malinconia.
Nel 1884 Lord Randolph Henry Spencer Churchill, adottò la primula come simbolo del Partito Conservatore inglese e questo simbolo è in uso ancora oggi.
Credenze popolari: i contadini dei tempi andati credevano che cespi di Primule cresciute vicino al pollaio, impedissero alle galline di fare le uova regolarmente. Altre credenze attribuivano alle Primule il potere di allontanare gli spiriti del male, di aiutare a scoprire tesori sepolti, e ritenendole infine come il fiore prediletto dalle ninfe e dai folletti del bosco. Nel mondo delle fate si dice che la Primula abbia il potere di rendere visibile l'invisibile. Infatti, si racconta che, per chi ci crede, mangiare le Primule sia un metodo sicuro per vedere le fate e, ancora, secondo una credenza, popolare fino all’Ottocento, la Primula ha celato un segreto: chi riesce a toccare con un mazzetto di Primule una roccia delle fate vedrà aprirsi davanti a lui la strada che lo condurrà al loro regno. Ma per riuscirvi deve prima indovinare il numero delle Primule da adoperare per questo rito magico: se lo sbagliasse rischierebbe di essere colpito da sventure.
Portata sul cuore, a contatto con la pelle, trasmetteva la forza del sole di mezzogiorno.
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