Myosotis arvensis (L.) Hill subsp. arvensis

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Boraginaceae - Myosotis arvensis (L.) Hill subsp. arvensis; Pignatti 1982: n. 3040; Myosotis arvensis (L.) Hill
Plant List: accettato
Myosotis arvensis Lam.
(a cura di Giuseppe Laino)

Etimologia: l’epiteto del genere è di origine greca, utilizzato da Dioscoride, composto di due parole: mys = “topo” e us, otos = “orecchio” con il significato complessivo di “orecchio di topo”, per una somiglianza dei petali in realtà non molto appariscente con la forma dell’orecchio del roditore. L’epiteto specifico deriva dal latino arvum, -i, n. = “terreno arativo, campo” [Cicerone], con chiara allusione all’ambiente di crescita.
Sinonimi:
Myosotis intermedia Link.
Nomi volgari: Non-ti-scordar-di-mé minore, Miosotide (italiano). Piemonte: Boca d' fea, Orie d' giari. Lombardia: Erba selestina (Brescia). Toscana: Centonchio salvatico (Brozzi). Sicilia: Erva cucchiaredda, Oricchi di surci.
Forma biologica e di crescita: terofita/emicriptofita scaposa.
Tipo corologico:
europeo-caucasico.
Fenologia:
fiore: IV-VII(-X), frutto: V-VIII, diaspora: VI-IX.
Limiti altitudinali: dal piano a 1400 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese la specie è molto comune su tutto il territorio continentale e insulare.
Habitus: erbacea annua o, più raramente, biennale, completamente ispida e grigiastra per la presenza di brevi peli patenti e appressati. I fusti, eretti oppure ascendenti, molto ramificati sin dalla base, sono alti 10-30(-50) cm.
Foglie:
le foglie inferiori, raccolte in rosetta, quasi sessili, lunghe 2-6 cm, sono solitamente oblanceolate, o ovali, più o meno acute, quelle cauline, simili alle basali, sono sessili e progressivamente ridotte.
Fiore:
i fiori, peduncolati, di colore azzurro chiaro (raramente bianchi) con la fauce gialla, sono riuniti in lunghe cime scorpiodi prive di brattee, allungate a maturità. Il calice, tubulare campanulato, è lungo 2-3 mm, diviso fino al terzo, con peli espansi uncinati che coprono completamente il frutto. La corolla, larga circa 3 mm, è formata da un breve tubo non oltrepassante il calice e da un lembo leggermente concavo, diviso in 5 lobi ampiamente obovati o arrotondati.
Frutto:
il frutto è una nucula oblunga, triquetra, marrone o nera, lunga 1,5 mm, su peduncolo due volte più lungo del calice. Una pianta produce circa 700 semi.
Polline:
granuli pollinici monadi, molto piccoli (> 10 mµ), prolati; perimetro in vista equatoriale; circolare; tricolporati; esina: psilata-perforata, eutectata. L’impollinazione è entomofila.
Numero cromosomico: 2n = 52.
Sottospecie e/o varietà: nessuna.
Habitat ed ecologia: pascoli aridi, coltivi, luoghi incolti, strade di campagna; di solito in terreni limosi; un po’ calcofoba; indica un leggero inacidimento del terreno. Pianta frequente.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Stellarienea mediae.
Life-strategy (sensu Grime & Co.):
Stress tolleranti (S).
IUCN:
N.A..
Farmacopea:
non si conoscono impieghi farmaceutici di questa pianta.
Miti e leggende:
gli Antichi chiamavano il Miosotide “erba sacra” perché veniva usato nella preparazione di una pozione benefica per gli occhi. Per tale motivo Plinio il Vecchio ricorda che il Miosotide era considerato il simbolo della Salvezza da tutto ciò che poteva rattristare e addolorare.
Non essendo riuscita a pasticciare il fiore che, anche incrociandosi, ha mantenuto la sua forma e le sue caratteristiche essenziali di fiore semplice che sa di bosco, l’umanità si è data da fare nell’inventare attorno al Miosotide storie e leggende per lo più di tenore sentimentale. La più semplice ha per protagonisti il fiore e il buon Dio, il quale, nella tradizione tedesca, è sempre un vecchio molto dignitoso e malinconico. Narra la leggenda che quando il Padreterno, dopo molto faticare, ebbe finito di distribuire i nomi ad animali e fiori e pietre, ecco d’un tratto levarsi una vocina: «Non ti scordar di me, o Signore!». Dio allora risposte «Non-ti-scordar-di-me sarà dunque il tuo nome».
Un’altra storia commovente è quella che narra di un bambino e di una bambina che giocavano insieme in un bosco e si volevano molto bene. Un giorno il bambino, diventato adulto, decise di andare per il mondo e i due amici, separandosi, notarono un fiorellino azzurro; lo colsero, promettendosi che dove avessero incontrato il medesimo fiore, l’avrebbero colto, ciascuno in ricordo dell’altro. Dopo molti anni, quando erano ormai due vecchietti, si incontrarono sul limitare del bosco, senza riconoscersi, ma videro il fiorellino e, nel piegarsi per coglierlo, le loro mani si toccarono: lacrime, commozione ecc. Da allora il fiorellino si chiama Non-ti-scordar-di-me.
Secondo una leggenda medievale tedesca un giorno due innamorati stavano passeggiando sulle rive del Reno, dove crescevano tanti miosotidi azzurrini. Il fidanzato cominciò a raccoglierli per donarne un mazzetto alla ragazza, ma inavvertitamente scivolò lungo la proda e cadde in acqua. La corrente del fiume in piena lo spinse fra i gorghi, da cui affiorava a fatica. Quando il giovane capì che non sarebbe riuscito a salvarsi, in un ultimo disperato gesto d’amore gettò verso la riva il mazzolino di fiori gridando all’innamorata: «Vergisz mein nicht!» (Non ti scordar di me!). Sicché il fiore divenne il simbolo dell’Amore eterno che vince anche la morte: una volta lo si portava indosso per assicurarsi la fedeltà dell’amato o dell’amata. Grazie a quella leggenda il Miosotide divenne popolare in Germania come «Non-ti-scordar-di-me». La tradizione passò poi in Francia dove il fiore venne chiamato «Ne m’oubliez pas» e anche «Aimez-moi» (amatemi).
Nel 1802 Samuel Taylor Coleridge scrisse una poesia, «The Keepake» (Il ricordo) rievocando l’episodio leggendario:
                  […] quell’azzurro fiorellino dall’occhio luminoso lungo il ruscello
                  gemma gentile della speranza
                  dolce Non-ti-scordar-di-me.
La leggenda divenne famosa diffondendosi in Europa con alcune varianti. E in effetti si organizzavano feste nel periodo della sua fioritura. Durante la belle Epoque arrivavano sulle rive del Reno giovani da tutto il continente per assistere ai balli che le ragazze intrecciavano a piedi nudi e con il capo inghirlandato di non-ti-scordar-di-me sulle rive di due fiumiciattoli chiamati «Il bagno delle fate» e «La cascata delle querce».
Ispirandosi a questo simbolismo Edoardo VIII, che nel 1936 aveva rinunciato al trono d’Inghilterra assumendo il titolo di duca di Windsor per sposare nel 1937 Wallis Simpson, due volte divorziata, volle che nel giorno delle nozze decine di mazzi di non-ti-scordar-di-me decorassero la loro casa e che l’abito della sposa avesse quella particolare tonalità di celeste lievemente illuminato di rosa che mostrano i petali del fiore sacro all’amore.

Bibliografia:

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L. Scuderi, Val di Susa, 23-06-2013

Distribuzione


■ autoctona ■ alloctona ■ incerta ■ scomparsa ■ assente

Caratteristiche

Relazioni con l'uomo
[ C ] C: specie di interesse alimentare e/o aromatico
Biologia riproduttiva

ER (ermafrodita): specie con organi maschili e femminili riuniti nel medesimo fiore.

[ EP - ZC ] EP (entomofilia): Il polline è trasportato da insetti, che vengono indotti a visitare il fiore con svariate strategie di richiamo, con o senza ricompensa; ZC (zoocoria): Frutti e/o semi raccolti attivamente o passivamente dagli animali e poi dispersi.

Indici di Ellenberg

Salinità: 0

L: 6; T: 5; C: 5; U: 5; R: n.d.; N: 6;

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