Lamium album L. subsp. album

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Lamiaceae - Lamium album L. subsp. album; Pignatti 1982: n. 3141; Lamium album L.
Plant List: accettato
Lamium album L.
(a cura di Giuseppe Laino)

Etimologia: l’epiteto del genere è alquanto inquietante; deriva dal greco col significato di “gola, bocca aperta” (con evidente riferimento all’aspetto della corolla se osservata di fronte). Fu imposto da Linneo ispirandosi proprio alle sue caratteristiche corolle che assomigliano ad aggressive bocche spalancate, sicché al nostro botanico evocarono le terrificanti creature mitologiche chiamate Lamie che per Orazio [et al.] erano le streghe che mangiavano i bambini (vedi oltre). L’epiteto specifico è aggettivo latino album = “bianco” (con allusione al colore della corolla per distinguerla da altre congeneri con colori differenti).
Sinonimi:
Lamium dumeticola Klokov.
Nomi volgari:
Falsa ortica bianca, Arcangelo, Lamio bianco, Ortica muta, Ortica morta bianca (italiano). Liguria: Urtiga gianca (Porto Maurizio). Piemonte: Urtia bianca, Urtia fola, Urtia morta, Urtia muta; Urtio morto (Val S. Martino). Lombardia: Cicia bossì bianch, Ortiga bianca (Brescia). Veneto: Cincioti, Ortiga falsa (Verona). Friuli: Urtije muarte. Toscana: Lamio bianco.
Forma biologica e di crescita:
emicriptofita scaposa.
Tipo corologico:
euroasiatico: zone temperate.
Fenologia:
fiore: V-VIII, frutto: VI-IX.
Limiti altitudinali: dal piano a 1200 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese cresce dalla Pianura Padana fino alla zona montana; abbondante al nord, più rara nell’Italia centromeridionale. Presente in tutte le regioni ad esclusione della Valle d’Aosta dove sembra scomparsa; presenza dubbia in Emilia-Romagna; assente nelle Marche, nelle Puglie e nelle isole.
Habitus: erbacea perenne, con stoloni sotterranei da cui si sviluppano fusti alti fino a 40 cm a sezione quadrata con le quattro facce incavate, semplici o talvolta ramificati alla base nelle piante più robuste.
Foglie:
le foglie sono opposte a due a due; le inferiori hanno un lungo picciolo, la lamina è ovale cuoriforme con la base incavata e l’apice acuto; le superiori hanno il picciolo corto, le ultime sono talvolta sessili, di forma allungata e lungamente acuminate. Il margine è irregolarmente seghettato col dente apicale più lungo degli altri, la superficie è di un verde brillante, ricoperta da una morbida peluria per peli glandulosi; nella pagina inferiore sono molto evidenti le nervature.
Fiore:
i fiori sono muniti di piccole bratteole cigliate, situati all’ascella di foglie non differenziate, raccolti in verticilli di 5-8 nella porzione superiore degli scapi. Calice lungo circa 1,5 cm, persistente, peloso od anche glabro, tubuloso campanulato, per lo più macchiato di nero alla base e con 5 denti lanceolati, lungamente subulati e patenti; corolla bilabiata lunga 2-2,5 cm, bianca, a tubo lungo come il calice, ricurvo, strozzato alla base, munito all’interno di un anello di peli obliquo, labbro superiore a forma di elmo o cappuccio, molto peloso, ottuso, dentato, doppiamente carenato sul dorso e labbro inferiore trilobo a lobi laterali arrotondati, piccoli, muniti di un dente, mentre il lobo mediano è ristretto alla base e bilobo, con lobi appendicolati. Androceo con 4 stami paralleli sotto il cappuccio, gli inferiori più lunghi, sempre diritti, con filamenti semplici ed antere nere appressate a coppie, biloculari, con logge divaricate in modo da formare una linea retta con la fessura di deiscenza, irsute; gineceo con ovario quadripartito, su un ginobasio quadrilobo, con lobi alternanti con le logge subtriangolari prismatiche e troncate all’apice e stilo semplice centrale con stimma bifido a lacinie pressoché uguali.
Frutto:
composto da quattro acheni triangolari, lunghi circa 7 mm, di colore bruno e con una appendice carnosa, posti al fondo del calice persistente.
Polline:
granuli pollinici monadi, di medie dimensioni (26-50 mµ), sferoidali, con perimetro equatoriale circolare; tricolpati; esina microreticolata-granulata, eutectata; footlayer discontinuo; intina: compatta; cellule n. 2. L’impollinazione è entomofila, affidata soprattutto ai bombi (Bombus terrestris), cui la pianta si affida possedendo nei fiori un certo numero di caratteristiche per accoglierli: il labbro inferiore della corolla, infatti, forma una piattaforma di atterraggio, sulla quale il bombo si posa, mentre il labbro superiore a cappuccio nasconde e protegge gli stami. La base degli stami, poi, è saldata al fondo della corolla e prolungata a formare una sorta di piastra che copre l’accesso al nettare: il bombo, che ricerca questa scorta di sostanze zuccherine, spinge la piastra provocando l’incurvarsi degli stami fino a sfregarvi l’addome che viene ricoperto di polline in seguito trasportato a un altro fiore. I fiori della pianta sono fonte di nutrimento per questi pronubi particolarmente in primavera, prima che fiorisca la maggior parte delle piante produttrici di nettare.
Numero cromosomico: 2n = 18.
Sottospecie e/o varietà: nessuna.
Habitat ed ecologia: strade, macerie, muri e scarpate ferroviarie, raramente nei campi; pianta nitrofila, molto frequente, cresce spesso in grandi gruppi.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento: Galio-Urticetea.
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress tolleranti (S).
IUCN: N.A.
Farmacopea:
la droga è costituita dai fiori, che si raccolgono nel pieno sviluppo, staccandoli direttamente dalla pianta in giornate asciutte, seccandoli all’ombra, poi alla fine brevemente al sole. Contengono un glucoside idrolizzabile per azione dell’invertina, una saponina acida (0,14%), secondo Kosch, probabilmente anche un alcaloide (lamiina), un olio essenziale (0,5%), sostanze tanniche e mucillagginose.
L’osservazione clinica dell’influenza esercitata dai loro preparati sulla circolazione uterina data da tempi remoti (sin dal Medioevo la pianta vanta un lungo impiego nella cura di problemi ginecologici ed ostetrici). Da alcuni Autori questa azione viene attribuita alla saponina e ciò li ha indotti a raccomandare l’uso dell’intera pianta, nelle parti vegetative della quale la saponina è contenuta anche più abbondantemente che non nei fiori. Madaus avrebbe messo in evidenza anche una tossina albuminoide molto attiva. Le attuali ricerche sulla composizione chimica della Falsa ortica bianca indicano anche la presenza di istamina e altre amine che devono indurre a cautela.
I fiori della Falsa ortica bianca sono stati prescritti quali regolatori dei disturbi uterini legati ad uno stato anemico (leucorrea, dismenorrea, amenorrea, annessiti, ecc.) ed anche negli altri disturbi collegati ad una cattiva circolazione del bacino ed interessanti, non solo nella donna, ma anche nell’anziano, l’apparato urinario e specialmente la vescica, la prostata e l’uretra. Si usavano l’infuso o la polvere o l’alcolaturo e anche la tintura con sciroppo. Queste affezioni non possono comunque essere trattate con metodi empirici, ma richiedono l’intervento immediato del medico con il suo bagaglio di conoscenze e di mezzi terapeutici.

Usi:
l'infuso della Falsa ortica bianca è indicato per normalizzare la secrezione sebacea, sia delle pelli grasse che contro il prurito, la forfora e l'untuosità del cuoio capelluto: agisce normalizzando la secrezione sebacea. La tisana fatta con i fiori è una bevanda dal sapore gradevole.
Benché questa pianta abbia avuto una certa utilizzazione alimentare (germogli teneri e foglie giovani talvolta aggiunti a insalate o minestre o anche in frittate), le attuali conoscenze sui principi attivi e sulle proprietà ne sconsigliano l’uso che non sia quello esterno o cosmetico.

La leggenda delle Lamie:
la leggenda cui si ispirò Linneo nel dare il nome a questo genere narra che la prima Lamia era una giovane originaria della Libia, figlia di Belo e di Libia. Zeus l’aveva amata, ma ogni volta che lei partoriva un bambino, Era, sdegnata per quell’ennesimo adulterio del marito, lo faceva morire. Lamia si nascose allora in una caverna solitaria diventando per disperazione un mostro dalla maschera da incubo, geloso delle madri più felici di lei, alle quali rapiva e divorava i figli. Era, per perseguitarla maggiormente, le impediva di chiudere gli occhi e di dormire. Zeus, impietosito, le accordò il privilegio di deporre gli occhi e di riprenderli quando voleva. Vi erano dunque dei momenti in cui Lamia dormiva, e allora non si doveva temerla perché non era in grado di vedere, mentre altre volte errava insonne, aspettando al varco i bambini per divorarli. Più tardi si unì alle Empuse, altri mostri mitologici, giacendo con i giovani e succhiando loro il sangue mentre erano immersi nel sonno.
Bibliografia:

AICHELE D., GOLTE-BECHTLE M.,
Che fiore è questo? Edizione Club degli Editori, Milano.
BIONDI E. et al., Manuale italiano di interpretazione degli habitat della Direttiva 92/43/CEE.
BONI U., PATRI G.,
Scoprire, riconoscere, usare le erbe, Edizione Mondolibri SpA, Milano, 2000.
BOMBOSI P., Lamium album. In: BUCHNER R. & WEBER M. (2000 onwards). PalDat - a palynological database: Descriptions, illustrations, identification, and information retrieval.
FERRARI C., Guida pratica ai fiori spontanei in Italia, Edizione italiana, VI ristampa febbraio 2001, Camuzzi Editoriale SpA Milano, licenziataria di The Reader’s Digest Association, Inc.
LAUBER K., WAGNER G., Flora Helvetica (Flore illustrée de Suisse), 2ème édition, Editions Paul Haupt, 2001.
NEGRI G., Nuovo erbario figurato (Descrizione e proprietà delle piante medicinali e velenose della flora italiana), V edizione, Ulrico Hoepli, Milano1991.
www.dryades.eu
http://vnr.unipg.it/habitat/index.jsp
www.paldat.org

M. La Rosa, Le Cascine, Firenze, 21-04-1980
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M. La Rosa, Alpe di Fanes, Marebbe, 02-08-2001
R. Guarino, San Bartolomeo, Salò, 12-05-1999
A. Serafini Sauli, Monte Sirino, 28-05-2003
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I. Merlo, Monte Dente, Voltri, 12-06-1984
G. Pellegrino, - http:\\floramarittime.it -, Vallone Enchiausa, Val Maira, Alpi Cozie, 27-07-1978
M. Pascale, Valle Vermenagna, Palanfrè, Vernante, 06-1996
G. Pallavicini, Valle Vermenagna, Vernante, 06-1996
I. Merlo, Valle Maira, 16-07-2006
A. Mascagni, Anterselva, Bolzano, 09-07-2007 (con Diptera, Brachycera)
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G. Laino, Peghera,Val Taleggio, Bergamo, 03-07-2005
G. Laino, Peghera,Val Taleggio, Bergamo, 03-07-2005
G. Laino, Peghera,Val Taleggio, Bergamo, 25-09-2005
G. Laino, Peghera,Val Taleggio, Bergamo, 25-09-2005
G. Laino, Peghera,Val Taleggio, Bergamo, 25-09-2005
G. Laino, Peghera,Val Taleggio, Bergamo, 28-05-2006
G. Laino, Peghera,Val Taleggio, Bergamo, 28-05-2006
G. Laino, Peghera,Val Taleggio, Bergamo, 28-05-2006
G. Laino, Peghera,Val Taleggio, Bergamo, 28-05-2006
G. Bonari, senza dati

Distribuzione


■ autoctona ■ alloctona ■ incerta ■ scomparsa ■ assente

Caratteristiche

Relazioni con l'uomo
[ C ] C: specie di interesse alimentare e/o aromatico
[ O ] O: specie di interesse farmaceutico-officinale
[ P ] P: specie velenose - tossiche - stupefacenti - psicotrope - irritanti - fotosensibilizzanti
Biologia riproduttiva

ER (ermafrodita): specie con organi maschili e femminili riuniti nel medesimo fiore.

[ EP - AC+ZC3 ] EP (entomofilia): Il polline è trasportato da insetti, che vengono indotti a visitare il fiore con svariate strategie di richiamo, con o senza ricompensa; AC (anemocoria): Semi dispersi dalle correnti aeree, sia perché incospicui, sia perché presentano peli, setole, pappi ecc; ZC3 (mirmecocoria): Frutti e/o semi trasportati dalle formiche come nutrimento e accidentalmente abbandonati, oppure scartati dopo essere stati privati di parti accessorie, senza comprometterne la germinabilità.

Indici di Ellenberg

Salinità: 0

L: 7; T: 7; C: 5; U: 4; R: 5; N: 4;

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