Physalis alkekengi L.
(a cura di Giuseppe Laino)
Etimologia: l’epiteto del genere è di origine greca, ma con qualche incertezza sull’etimo: per alcuni deriva dalla parola physallis = “bolla”; per altri da physaleos o fusalis = “pieno d’aria, gonfio” e, per analogia, “vescica” (con allusione al calice rigonfio del fiore che avvolge il frutto), conferito al genere da Linneo nel 1737. Prima di lui il francese Joseph Pitton de Tournefort (1656-1708), uno dei primi botanici sistematici, nella sua opera Istitutiones rei herbariae (1694), aveva creato il genere Alkekengi, usando il nome arabo, riportato da Mattioli, ma la sua denominazione non ebbe seguito. Lo stesso Linneo nel 1753 costruì il binomio scientifico definitivo in uso ancora oggi, conferendo il nome arabo alla specie e non più al genere.
Sinonimi: Physalis franchetii Mast.
Nomi volgari: Alchechengio, Chichinger, Coralli, Fisalide, Palloncini (italiano). Liguria: Arcichine, Chichinger, Sciaccu (Genova); Pomatta sarvaiga (Dolcedo). Piemonte: Chichingi, Erba canina, Erba chiocca, Erba cocca, Erba vesica, Fiacch, Paloncin, Puvron servaj; Alchechingì (Novara); Tossì (Priocca). Lombardia: Berrettin de Giudeo; Balonsì, Bolunsì, Chechingì, Pà de cucco (Brescia); Sonalì (Valle Camonica); Chechingero selvadego (Como); Erba tossica, Fiach (Pavia). Veneto: Chefani; Campanele, Fiasche da corai, Tossego, Vesighe (Verona); Vescighe rosse (Pirano). Friuli: Bufularie, Ciariese di zugiò, Puliolis, Sclops. Emilia-Romagna: Alchechengi, Chichinger, Pevrun salvadegh (Reggio); Palon d' maz, Palunzen (Romagna); Vessicaeria (Bologna). Toscana: Accatengi, Alcachengi, Alchechengi; Ciliegine (Val di Chiana); Erba canina (Scandicci); Vescicaria (Poggibonsi); Palloncini (Pisa). Marche: Palloncini. Abruzzi: Archechingela, Chechingela, Pallunitte, Pallunzine, Peparole de Sante Vincenze; Coralli (L’Aquila). Puglia: Alchecchessi (Lecce). Sicilia: Alcachenci, Alcachenzi, Alchegigi, Arcachengi veru, Arcachenzi (Modica).
Forma biologica e di crescita: emicriptofita scaposa.
Tipo corologico: distribuita nelle zone temperate dell’Europa centromeridionale e dell’Asia occidentale.
Fenologia: fiore: V-VII, frutto: VIII-IX.
Limiti altitudinali: dal piano fino a 1000 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese è presente dal Friuli in giù lungo la Penisola, fino al Matese, e in Sicilia fino alle Madonie. Comune nella Pianura Padana e nel piano submontano dell’Italia Settentrionale e Centrale con presenza dubbia in Valle d’Aosta, più rara al Sud e nelle isole.
Habitus: erbacea perenne con un rizoma robusto e lungamente strisciante che produce fusti eretti, angolosi, semplici o scarsamente ramificati alti 30-70 cm; pianta glabra o scarsamente pelosa.
Foglie: foglie provviste di un lungo picciolo, lunghe 5-10 cm, hanno la lamina ovato lanceolata, acuta od acuminata all’apice, intere o a volte parzialmente e irregolarmente sinuose e subdentate; la superficie varia da quasi completamente glabra a lievemente pubescente.
Fiore: i fiori, inseriti solitari all’ascella delle foglie, hanno un lungo peduncolo arcuato. Calice con 5 lacinie lanceolate, lungo 6-8 mm all’epoca della fioritura, verde inizialmente, nel frutto si accresce in forma di involucro rigonfio (lungo circa 4 cm, ma può arrivare anche a 10 cm) e diventa a maturità di un bel colore rosso vivo, ombelicato alla base, con piccoli denti conniventi alla sommità; corolla ipogina, larga 1,5-2 cm, bianca o bianco giallastra, campanulato rotata, a tubo molto breve e lembo pieghettato, sinuato, quinquelobo. Androceo di 5 stami inseriti sul fondo del tubo corollino, inclusi, con filamenti subulati brevissimi, antere gialle conniventi, erette, deiscenti per il lungo; gineceo con ovario biloculare a logge multiovulate, stilo semplice e stimma a bottone.
Frutto: bacca polposa, succulenta, biloculare, di colore rosso arancio, larga circa 1 cm, che rimane circondata dal calice persistente, rigonfio e vescicoloso, reticolato venoso.
Semi: numerosi, piccoli, reniformi.
Polline: granuli pollinici monadi, di dimensioni medie (26-50 mµ), sferoidali, con perimetro equatoriale circolare; tricolporato; esina: microechinata-perforata. L’impollinazione è entomofila.
Numero cromosomico: 2n = 24.
Sottospecie e/o varietà: Physalis franchetii Mast., ritenuto oggi un sinonimo di Physalis alkekengi L., era considerato da alcuni autori una specie a parte; il Bailey e il Parey lo consideravano invece una varietà dell’alkekengi. Da questo differirebbe soprattutto per la taglia. Fu portato in Inghilterra dal Giappone da James P. Veitch e fu descritto per la prima volta nel 1879 da Franchet, un botanico del Jardin des Plantes di Parigi, come una forma del Physalis alkekengi L. Questa varietà è la più diffusa nelle colture. Esiste anche una varietà “Nana”, adatta soprattutto per la coltivazione in vaso, alta 20 cm.
Habitat ed ecologia: boschi, luoghi umidi e ombrosi, siepi.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento:
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress tolleranti (S) + Commensali (CM.
IUCN: N.A..
Farmacopea: il calice, gli steli e le foglie contengono un glucoside amaro (fisalina), che aumenta la diuresi e l’eliminazione degli urati. Madaus vi avrebbe inoltre trovato tracce sensibili di una tossina albuminoide molto velenosa, e sono inoltre accertabili nei frutti tracce di un alcaloide, zuccheri, acido citrico, un olio grasso ed un principio colorante carotinoide (fisaliene). La decozione del frutto o l’estratto acquoso sono stati somministrati con successo (Leclerc, Kosch) in casi di ossaluria con tendenza alla formazione di calcoli renali e vescicali. E’ stato inoltre suggerito contro il reumatismo e la gotta e come febbrifugo, anche sotto forma di polvere ed infuso nel vino come diuretico e come febbrifugo. Per uso esterno la decozione delle foglie e degli steli serve anche come lozione e fomento sedativo.
Usi: il frutto è consumato fresco oppure trasformato in confetture, succhi, canditi; è usato in pasticceria e in gelateria per la decorazione di torte, ma anche per la confezione di una serie di dolci glassati, caramellati o al cioccolato. Tuttavia, per l’industria pasticcera e il commercio, si utilizzano altre specie, annuali, fortemente pelose. I frutti acerbi e le foglie, per il loro contenuto in solanina sono tossici.
L’Alchechengio è coltivato come pianta ornamentale per i vistosi calici rosso-arancio che circondano il frutto.
Curiosità: anche per l’Alchechengio è stata chiamata in campo la dottrina della signatura, interpretando l’ampio calice accrescente che circonda il frutto come indice della sua efficacia contro le malattie della vescica. Dioscoride ed Arnaldo da Villanova consigliavano i frutti di Alchechengio nella ritenzione d'urina, mentre nel XIX secolo venivano impiegati per il trattamento delle forme reumatiche, in particolare la gotta.
Molto affascinante è seguire in autunno il disfarsi dell’involucro; le prime a disfarsi sono le parti più sottili, così che spesso si arriva a vedere in trasparenza il frutto come racchiuso in uno scheletro di nervature.
Bibliografia:
BONI U., PATRI G., Scoprire, riconoscere, usare le erbe, Edizione Mondolibri SpA, Milano, 2000.
DELLA BEFFA M.T., Fiori di campo (Conoscere, riconoscere e osservare tutte le specie di fiori selvatici più noti), Istituto Geografico De Agostini SpA, Novara, 1999.
HALBRITTER H., Physalis alkekengi. In: BUCHNER R. & WEBER M. (2000 onwards). PalDat - a palynological database: Descriptions, illustrations, identification, and information retrieval.
LAUBER K., WAGNER G., Flora Helvetica (Flore illustrée de Suisse), 2ème édition, Editions Paul Haupt, 2001.
NEGRI G., Nuovo erbario figurato (Descrizione e proprietà delle piante medicinali e velenose della flora italiana), V edizione, Ulrico Hoepli, Milano1991.
PIZZETTI I., Enciclopedia dei Fiori e del Giardino, Garzanti Editore, I edizione, 1998.
www.dryades.eu
www.paldat.org
Sinonimi: Physalis franchetii Mast.
Nomi volgari: Alchechengio, Chichinger, Coralli, Fisalide, Palloncini (italiano). Liguria: Arcichine, Chichinger, Sciaccu (Genova); Pomatta sarvaiga (Dolcedo). Piemonte: Chichingi, Erba canina, Erba chiocca, Erba cocca, Erba vesica, Fiacch, Paloncin, Puvron servaj; Alchechingì (Novara); Tossì (Priocca). Lombardia: Berrettin de Giudeo; Balonsì, Bolunsì, Chechingì, Pà de cucco (Brescia); Sonalì (Valle Camonica); Chechingero selvadego (Como); Erba tossica, Fiach (Pavia). Veneto: Chefani; Campanele, Fiasche da corai, Tossego, Vesighe (Verona); Vescighe rosse (Pirano). Friuli: Bufularie, Ciariese di zugiò, Puliolis, Sclops. Emilia-Romagna: Alchechengi, Chichinger, Pevrun salvadegh (Reggio); Palon d' maz, Palunzen (Romagna); Vessicaeria (Bologna). Toscana: Accatengi, Alcachengi, Alchechengi; Ciliegine (Val di Chiana); Erba canina (Scandicci); Vescicaria (Poggibonsi); Palloncini (Pisa). Marche: Palloncini. Abruzzi: Archechingela, Chechingela, Pallunitte, Pallunzine, Peparole de Sante Vincenze; Coralli (L’Aquila). Puglia: Alchecchessi (Lecce). Sicilia: Alcachenci, Alcachenzi, Alchegigi, Arcachengi veru, Arcachenzi (Modica).
Forma biologica e di crescita: emicriptofita scaposa.
Tipo corologico: distribuita nelle zone temperate dell’Europa centromeridionale e dell’Asia occidentale.
Fenologia: fiore: V-VII, frutto: VIII-IX.
Limiti altitudinali: dal piano fino a 1000 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese è presente dal Friuli in giù lungo la Penisola, fino al Matese, e in Sicilia fino alle Madonie. Comune nella Pianura Padana e nel piano submontano dell’Italia Settentrionale e Centrale con presenza dubbia in Valle d’Aosta, più rara al Sud e nelle isole.
Habitus: erbacea perenne con un rizoma robusto e lungamente strisciante che produce fusti eretti, angolosi, semplici o scarsamente ramificati alti 30-70 cm; pianta glabra o scarsamente pelosa.
Foglie: foglie provviste di un lungo picciolo, lunghe 5-10 cm, hanno la lamina ovato lanceolata, acuta od acuminata all’apice, intere o a volte parzialmente e irregolarmente sinuose e subdentate; la superficie varia da quasi completamente glabra a lievemente pubescente.
Fiore: i fiori, inseriti solitari all’ascella delle foglie, hanno un lungo peduncolo arcuato. Calice con 5 lacinie lanceolate, lungo 6-8 mm all’epoca della fioritura, verde inizialmente, nel frutto si accresce in forma di involucro rigonfio (lungo circa 4 cm, ma può arrivare anche a 10 cm) e diventa a maturità di un bel colore rosso vivo, ombelicato alla base, con piccoli denti conniventi alla sommità; corolla ipogina, larga 1,5-2 cm, bianca o bianco giallastra, campanulato rotata, a tubo molto breve e lembo pieghettato, sinuato, quinquelobo. Androceo di 5 stami inseriti sul fondo del tubo corollino, inclusi, con filamenti subulati brevissimi, antere gialle conniventi, erette, deiscenti per il lungo; gineceo con ovario biloculare a logge multiovulate, stilo semplice e stimma a bottone.
Frutto: bacca polposa, succulenta, biloculare, di colore rosso arancio, larga circa 1 cm, che rimane circondata dal calice persistente, rigonfio e vescicoloso, reticolato venoso.
Semi: numerosi, piccoli, reniformi.
Polline: granuli pollinici monadi, di dimensioni medie (26-50 mµ), sferoidali, con perimetro equatoriale circolare; tricolporato; esina: microechinata-perforata. L’impollinazione è entomofila.
Numero cromosomico: 2n = 24.
Sottospecie e/o varietà: Physalis franchetii Mast., ritenuto oggi un sinonimo di Physalis alkekengi L., era considerato da alcuni autori una specie a parte; il Bailey e il Parey lo consideravano invece una varietà dell’alkekengi. Da questo differirebbe soprattutto per la taglia. Fu portato in Inghilterra dal Giappone da James P. Veitch e fu descritto per la prima volta nel 1879 da Franchet, un botanico del Jardin des Plantes di Parigi, come una forma del Physalis alkekengi L. Questa varietà è la più diffusa nelle colture. Esiste anche una varietà “Nana”, adatta soprattutto per la coltivazione in vaso, alta 20 cm.
Habitat ed ecologia: boschi, luoghi umidi e ombrosi, siepi.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento:
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Stress tolleranti (S) + Commensali (CM.
IUCN: N.A..
Farmacopea: il calice, gli steli e le foglie contengono un glucoside amaro (fisalina), che aumenta la diuresi e l’eliminazione degli urati. Madaus vi avrebbe inoltre trovato tracce sensibili di una tossina albuminoide molto velenosa, e sono inoltre accertabili nei frutti tracce di un alcaloide, zuccheri, acido citrico, un olio grasso ed un principio colorante carotinoide (fisaliene). La decozione del frutto o l’estratto acquoso sono stati somministrati con successo (Leclerc, Kosch) in casi di ossaluria con tendenza alla formazione di calcoli renali e vescicali. E’ stato inoltre suggerito contro il reumatismo e la gotta e come febbrifugo, anche sotto forma di polvere ed infuso nel vino come diuretico e come febbrifugo. Per uso esterno la decozione delle foglie e degli steli serve anche come lozione e fomento sedativo.
Usi: il frutto è consumato fresco oppure trasformato in confetture, succhi, canditi; è usato in pasticceria e in gelateria per la decorazione di torte, ma anche per la confezione di una serie di dolci glassati, caramellati o al cioccolato. Tuttavia, per l’industria pasticcera e il commercio, si utilizzano altre specie, annuali, fortemente pelose. I frutti acerbi e le foglie, per il loro contenuto in solanina sono tossici.
L’Alchechengio è coltivato come pianta ornamentale per i vistosi calici rosso-arancio che circondano il frutto.
Curiosità: anche per l’Alchechengio è stata chiamata in campo la dottrina della signatura, interpretando l’ampio calice accrescente che circonda il frutto come indice della sua efficacia contro le malattie della vescica. Dioscoride ed Arnaldo da Villanova consigliavano i frutti di Alchechengio nella ritenzione d'urina, mentre nel XIX secolo venivano impiegati per il trattamento delle forme reumatiche, in particolare la gotta.
Molto affascinante è seguire in autunno il disfarsi dell’involucro; le prime a disfarsi sono le parti più sottili, così che spesso si arriva a vedere in trasparenza il frutto come racchiuso in uno scheletro di nervature.
Bibliografia:
BONI U., PATRI G., Scoprire, riconoscere, usare le erbe, Edizione Mondolibri SpA, Milano, 2000.
DELLA BEFFA M.T., Fiori di campo (Conoscere, riconoscere e osservare tutte le specie di fiori selvatici più noti), Istituto Geografico De Agostini SpA, Novara, 1999.
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LAUBER K., WAGNER G., Flora Helvetica (Flore illustrée de Suisse), 2ème édition, Editions Paul Haupt, 2001.
NEGRI G., Nuovo erbario figurato (Descrizione e proprietà delle piante medicinali e velenose della flora italiana), V edizione, Ulrico Hoepli, Milano1991.
PIZZETTI I., Enciclopedia dei Fiori e del Giardino, Garzanti Editore, I edizione, 1998.
www.dryades.eu
www.paldat.org