Artemisia vulgaris L.

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Asteraceae - Artemisia vulgaris L.; Pignatti 1982: n. 4016; Artemisia vulgaris L.
Plant List: accettato
Artemisia vulgaris L.
(a cura di Giuseppe Laino)

Etimologia: l’epiteto del genere deriverebbe, secondo Plinio, da Artemide Ilizia “per il fatto che cura in particolare le malattie delle donne” [Gaio Plinio Secondo, Naturalis historia, XXV, 73]. Secondo altri deriverebbe dall’aggettivo greco artemés = “sano, in buona salute” o da artemia = “buona salute”; secondo Dioscoride, invece, è forse riferito alla dea Artemide (Diana); oppure alla regina della Caria, Artemisia [Gell.], che avrebbe per prima scoperto e divulgato le virtù terapeutiche e, in particolare, ginecologiche di questa specie e di altre specie affini. L’epiteto specifico è aggettivo latino che sta per “comune, generale, ordinario” ecc. a significare la maggiore diffusione tra le congeneri.
Sinonimi:
nessuno.
Nomi volgari: Artemisia, Assenzio selvatico, Amarella, Canapaccio (italiano). Liguria: Artemina, Romanina (S. Margherita); Artemiria (Ormea); Erba da fratti (Savona). Piemonte: Artemisia, Artmisia, Erba bianca, Erba matin, Ourtmiglion, Ourtmija, Urtmia; Ersemiso (Perrero). Lombardia: Brianz (Valtellina); Erba legn (Brescia). Veneto: Ambrogano, Brustoloni (Verona); Bon maistro mato (Treviso); Sinsiolo (Venezia). Friuli: Altanisie. Emilia-Romagna: Absent, Artemisia (Romagna); Erba regina (Reggio). Toscana: Amarella, Amarula, Artemisia, Assenzio delle siepi, Assenzio salvatico, Erba lucina, Matricala; Canapaccia (Pisa); Erba bianca (Val di Chiana); Erba medicinale (Montespertoli). Abruzzi: Rettimisia (Larino). Puglia: Arcimesa (Lecce). Sicilia: Arcimisa majuri, Autamilia, Erva vranca.
Forma biologica e di crescita: emicriptofita scaposa, rizomatosa.
Tipo corologico: circumboreale. Originaria delle zone temperate di Europa, Asia e Nord Africa, ma naturalizzata anche in Nord America.
Fenologia: fiore: VII-X, frutto: VIII-X.
Limiti altitudinali: molto diffusa in pianura, non supera i 1000 m di altitudine.
Abbondanza relativa e distribuzione geografica in Italia: nel nostro Paese è molto comune nelle zone settentrionali; più rara nel resto del territorio
Habitus: pianta perenne, cespugliosa, leggermente amaro aromatica, con rizoma grosso e legnoso e fusto erbaceo, eretto (40-150 cm), rossiccio, angoloso, striato, ramificato alla sommità
Foglie: foglie di colore verde intenso e glabre sulla pagina superiore, bianco tomentose sulla pagina inferiore, a contorno in generale ovale, pennato- o bipennatopartito, con segmenti (2-4) decrescenti verso la base, oblungo lanceolati, mucronati, interi od incisi e, verso la parte superiore delle foglie, dove sono più grandi, confluenti; foglie inferiori (9-12 cm) picciolate; le foglie del fusto, mediane e superiori, sono sessili, progressivamente ridotte e quasi lineari, tutte auricolate alla base.
Fiore:
capolini subsessili, larghi circa 3 mm, raccolti in glomeruli su ramoscelli eretto patenti e formanti, nel loro assieme, una pannocchia piramidale fogliosa; ricettacolo glabro; periclinio emisferico, bianco tomentoso, con brattee diseguali, concave, munite di una linea verde dorsale, lanceolate acute nelle serie esterne, oblunghe, attenuate alla base, largamente scariose sui margini ed alla sommità in quelle interne. Fiori tutti tubulosi e gialli, lunghi 2 mm, i periferici femminili, uniseriati, con lembo corollino tridentato; i centrali ermafroditi, con corolla glabra, a cinque denti, tubo glanduloso ed antere prolungate superiormente in una appendice subulata.
Frutto:
acheni fusiformi, lunghi 1-2 mm, glabri, lisci e privi di pappo..
Polline:
granuli pollinici monadi, circolari; dimensioni: asse polare 20,5 (20-22) mµ, asse equatoriale 22,5 (20-24) mµ; aperture: tricolporati con colpi lunghi, acuti e pori distintamente circoscritti; esina: echinata, tectata (con columellae), con spinae rudimentali molto piccole. In sezione ottica, l’esina appare a forma di falce, mostrante nitidamente la columellae. L’intina spessa frequentemente protrude attraverso i pori. Il plasma è granulare. La pianta, come le altre congeneri, ha un’impollinazione anemofila, come documentato da alcuni evidenti caratteri delle infiorescenze: capolini piccoli con assenza di una corona di fiori ligulati, polline pulverulento e non oleoso, assenza di nettare..
Numero cromosomico:
2n = (16) 18 (36, 54).
Sottospecie e/o varietà: nessuna.
Habitat ed ecologia:
aree antropizzate, incolti, luoghi aridi, ambienti ruderali, muri, margini di strade, scarpate ferroviarie, nelle siepi, anche al margine dei boschi. Preferisce i terreni ricchi di sostanze azotate. Pianta nitrofila.
Syntaxon (syntaxa) di riferimento:
Artemisietea vulgaris
Life-strategy (sensu Grime & Co.): Ruderali (R).
IUCN: N.A.
Farmacopea:
si usano le parti aeree raccolte al tempo della fioritura, mondate dagli assi principali e seccate all’aria e al sole; il loro odore è leggermente aromatico, ed il sapure pure aromatico ed amaro. Contengono un principio amaro (artemisia), un olio essenziale giallo pallido di odore aromatico, ma poco gradevole, di sapore pure aromatico, caldo, miscela di absintolo, cineolo e terpeni diversi, sostanze tanniche e resinose. L’absintolo ontenuto (= tuione) nell’olio essenziale è velenoso edetermina, quando venga usato per lungo tempo, anche in dosi non eccessive, disturbi nervosi gravi; in dosi maggiori un avvelenamento acuto con alterazioni generali del ricambio, degenerazione grassa del fegato ed, in corso di gravidanza, facile aborto. In dosi terapeutiche funziona come amaro tonico, diuretico ed antispasmodico; la medicina popolare lo impiega nella dismenorrea ed amenorrea, per le sue proprietà emmenagoghe e per la sua azione elettiva sull’utero (Inverni). Leclerc preferisce a questo scopo l’estratto avendo ripetutamente riconosciuta l’inefficacia dell’infuso. La somministrazione di questo rimedio conferisce al sudore, attraverso il quale viene eliminato, un odore caratteristico sgradevole; esso viene del resto eliminato anche attraverso il latte, che rende amaro ed è quindi controindicato alle donne in corso d’allattamento. Anche il rizoma di questa pianta, nonché le parti aeree contengono, oltre a tracce di un olio etereo giallo e butirroso, sostanze resinose ed amare che vengono usate come febbrifughi.
Il Mattioli la considerava valida per “provocare i mestrui, il parto e le secondine”.
Icobaldo Rebaudengo nella sua
Farmacopea cerusica (1772) così scriveva a proposito dei cicli mestruali: ”prendansi delle foglie di Artemisia, Melissa, Matricaria e Sabina, si facciano bollire in acqua fino e che il volume si riduce di un quinto, si coli la decozione e l’ammalato ne beva tre-quattro bicchieri durante il giorno…”.
Lo Pseudo Apuleio in
De virtutibus herbarum sostiene che fu Diana a scoprire le prime artemisie, ma sarebbe stato Chirone a insegnarne le virtù terapeutiche. Nel trattato De viridibus herbarum, che risale al IX secolo, Macer Floridius la proclama “herbarum matrem” attribuendole la proprietà di accelerare le mestruazioni, di favorire i parti, di impedire le false gravidanze, di liberare dal mal della pietra e di contrastare l’azione di qualunque veleno. In effetti è indicata per curare le disfunzioni mestruali, ma anche l’epilessia e il ballo di San Vito, proprietà che già conoscevano gli antichi.
Miti e leggende: per lo Pseudo Apuleio ha la capacità di cacciare demoni e spiriti. Nell’antica Roma la si portava in forma di corona sul corpo o sul capo per difendersi dagli spiriti e dagli influssi maligni. E’ considerata una delle erbe di San Giovanni. Nelle campagne si diceva che in quella magica notte producesse sotto le radici un “carbone” efficace contro fulmini ce la peste in grado di proteggere chiunque lo avesse raccolto in quelle ore e conservato sotto casa o attaccato agli abiti. Dato che le sue foglie sono sempre volte a nord, simbolo del costante orientamento verso il divino, si diceva che la piantina fosse spiritualmente e materialmente propizia; e come si opponeva alle opere del Tentatore, così difendeva a livello materiale dal fulmine se se ne metteva un mazzetto dietro l’uscio. Ma favoriva anche l’incorruttibilità delle cose: lo testimonia l’antichissimo uso di mescolare all’inchiostro succo di artemisia affinché la carta fosse preservata dalle tarme.
Secondo una leggenda cristiana germogliò nel Paradiso terrestre, lungo il sentiero percorso dal serpente, per tentare di ostacolarlo nel suo cammino verso Eva che egli voleva indurre in peccato. “Tale origine” scrive Manlio Berberito ne
La festa romana di San Giovanni, Roma 1992, “comporta conseguenze altrettanto straordinarie. Innanzitutto questa pianta, nata su una strada così carica di destini, nel tentativo di precludere l’uomo dal peccato, origine della morte e di ogni altro male, non poteva non avere potenti riflessi su tutto ciò che riguarda strade, viaggi e cammino dell’uomo, in senso fisico e spirituale”. Per questo motivo un tempo si usava dipingere sulle portiere delle carrozze, specie quelle del servizio pubblico, un’artemisia come apotropaico contro gli incidenti e per un felice viaggio: uso passato poi alle automobili fino al 1930.
Aveva inoltre la virtù, se tenuta in mano, di permettere a un viaggiatore di non avvertire la stanchezza anche nelle condizioni più disagiate, come riferiva l’
Herbarium Apulei (edizione in facsimile, Milano 1979). E si riteneva che foglie di artemisia messe nelle scarpe al mattino, permettevano di percorrere molti chilometri durante la giornata e senza fatica.
E sarebbe anche dotata di virtù profetiche. A Bologna, secondo quanto riferisce Angelo De Gubernatis (
La mythologie des plantes), si mettevano delle foglie di artemisia sotto il cuscino del malato senza che egli se ne accorgesse. Se si fosse addormentato subito, la guarigione sarebbe arrivata in breve; in caso contrario sarebbe morto.
In Sicilia, alla vigilia dell’Ascensione le donne di Avola, una cittadina in provincia di Siracusa, costruivano delle croci con rametti della pianticella e le mettevano sotto i tetti delle case, persuase che durante la notte Gesù, risalendo in cielo, le avrebbe benedette. Le croci venivano poi collocate nelle stalle poiché avrebbero avuto la virtù di calmare gli animali indomabili.

Usi: l’artemisia viene tuttora impiegata come base amaricante aromatizzante di molti amari aperitivi e digestivi e bibite amare analcoliche, dove esercita contemporaneamente effettive proprietà eupeptiche e colagoghe. All’inizio del secolo scorso, in alcune contee inglesi, si preparava ancora, come surrogato del tè, un infuso con le sue foglie seccate. Oggi, in Francia, la pianta è utilizzata in cucina per la farcitura delle oche.
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Distribuzione


■ autoctona ■ alloctona ■ incerta ■ scomparsa ■ assente

Caratteristiche

Relazioni con l'uomo
[ C ] C: specie di interesse alimentare e/o aromatico
[ O ] O: specie di interesse farmaceutico-officinale
[ P ] P: specie velenose - tossiche - stupefacenti - psicotrope - irritanti - fotosensibilizzanti
[ A ] A: specie con polline allergenico.
Biologia riproduttiva

ER (ermafrodita): specie con organi maschili e femminili riuniti nel medesimo fiore.

[ AP - AC ] AP (anemofilia): Il polline è disperso dalle correnti aeree e può avere un volo breve (piante erbacee) o lungo (alberi); AC (anemocoria): Semi dispersi dalle correnti aeree, sia perché incospicui, sia perché presentano peli, setole, pappi ecc.

Indici di Ellenberg

Salinità: 0

L: 9; T: 7; C: 8; U: 4; R: n.d.; N: 5;

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